T.A.R. Puglia Bari Sez. II, Sent., 25-01-2011, n. 150

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
A) Con atto notificato e depositato rispettivamente il 28 luglio e 22 agosto del 2008 i ricorrenti hanno svolto le azioni di accertamento e condanna e risarcitoria di cui in epigrafe.
Col ricorso ora all’esame è stata riassunta la causa proposta dagli odierni ricorrenti dinanzi al G.O. Sez. Lavoro di Bari, e ciò a seguito di declinatoria di giurisdizione da parte dello stesso G.O. con sentenza n. 6379/07.
In sintesi si chiede la condanna della Regione in quanto subentrata all’XXX al pagamento delle retribuzione maturate e non percepite, delle somme relative alla mancata contribuzione previdenziale ed assicurativa per la quota parte a carico dell’azienda, al pagamento di differenze retributive, e dei danni subiti in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro.
Il pagamento delle somme viene chiesto in conseguenza dell’accertata esistenza di un rapporto di lavoro di fatto con l’Ente cui poi è subentrata la Regione, rapporto riscontrato dal G.A. amministrativo in alcune sue sentenze (Tar Puglia n. 860/97 e CdS 4276/03, vedi anche Tar Puglia n. 857/89) e questo per riscontrata violazione del divieto di intermediazione di manodopera ex lege 1369/60, circostanza che se non aveva comportato il formale riconoscimento del rapporto di pubblico impiego, aveva comportato in esse sentenze il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato "di fatto" alle dipendenze della p.a, cui consegue -si deduce. in applicazione dell’art. 2126 c.c. la fondatezza della richiesta delle differenze retributive e della regolarizzazione della posizione previdenziale.
Si è costituita in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato in difesa dell’intimata Regione che si è opposta nel merito all’avverso gravame per cui in via preliminare ed in rito ha eccepito l’estinzione del relativo giudizio perché tardivamente riassunto. Con memoria parte ricorrente ha contestato le avverse eccezioni e deduzioni.
B) Va prioritariamente esaminata la eccezione di estinzione del giudizio sollevata resistente Avvocatura dello Stato, eccezione che è fondata.
Come anticipato, la controversia inizialmente era stata incardinata presso il Giudice del Lavoro che aveva declinato la propria giurisdizione e ciò a favore di quella del G.A., senza però fissare alcun termine per la riassunzione. La relativa sentenza n. 6379/07 venne notificata dalla Regione a parte ricorrente in data 24.9.07 e il ricorso (in riassunzione) che ora ne occupa è stato notificato 28.7.2008, quando cioè era ed abbondantemente decorso il termine semestrale per la riassunzione. Esso termine, ed è questo il punto di causa, è (rectius era) da intendersi appunto in sei mesi e questo "ratione temporis" dovendosi fare applicazione dell’art. 50 c.p.c., al tempo vigente in tema di translatio iudicii (poi c’è stata, come è noto, la novella del 2009 cioè la legge n. 69 che all’art. 59, e vedi ora art. 11 c.p.a., ha fissato per la riassunzione il termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia declinatoria della giurisdizione).
Parte resistente contesta l’applicazione del termine semestrale e deduce nella memoria depositata il 23 nov 2010 alcune considerazioni a riguardo e che fanno leva sul fatto che giudice a quo (Giudice del Lavoro) non abbia fissato alcun termine per la riassunzione; aggiunge che il principio da applicarsi è quello non della estinzione ma della conservazione degli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda proposta innanzi al giudice privo di giurisdizione; continua poi che l’art. 50 c.p.c. riguarderebbe solo il caso del difetto di competenza.
Esse considerazioni a parere del Collegio vanno disattese. Infatti e sotto il primo profilo riferito dalla parte, va evidenziato che la norma all’esame indica il termine semestrale proprio nel’ipotesi in cui il giudice a quo (Giudice del lavoro)non abbia fissato il termine per la riassunzione dinanzi al G.A.. Il fatto che poi debba prevalere il principio della conservazione degli effetti prodotti dalla domanda dinanzi al giudice sfornito di giurisdizione cede a fronte della constatazione che la disposizione in commento pone speciali termini con comminatoria di decadenza (vedi 2^ comma: estinzione del processo); infine la constatazione che l’articolo 50 c.p.c. riguardi (così letteralmente) il caso di difetto di competenza non esclude l’applicabilità di essa disposizione, se non altro per analogia, alla vicina ipotesi di difetto di giurisdizione. L’art. 50 reca, invero, in rubrica l’oggetto "riassunzione della causa" e la riassunzione è istituto processuale ontologicamente unico nel senso che non si presenta, anche logicamente, differenziato a seconda della causa che vi ha dato adito, vale a dire incompetenza del giudice adito in prime cure ovvero suo conclamato difetto di giurisdizione; non si ravvisano, quindi, ragioni per escludere, come opinato, una sua applicazione in via analogica.
In conclusione ritiene il Collegio che il giudizio conseguente al ricorso in epigrafe vada dichiarato estinto per mancata riassunzione nei termini di legge.
Si ravvisano ragioni per la compensazione delle relative spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara estinto il relativo giudizio per mancata riassunzione nei termini di legge. Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere, Estensore
Giacinta Serlenga, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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