Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 31-01-2013) 12-02-2013, n. 6821

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha confermato il decreto emesso dal Tribunale di Agrigento il 25.11.2009 – 10.2.2010, con il quale è stata ordinata, ai sensi della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, la confisca, in pregiudizio di F. G., dei seguenti beni:
1) intero capitale sociale e complesso dei beni aziendali della società A. A. S.r.l. con sede legale in (OMISSIS);
2) intero capitale sociale e complesso dei beni aziendali della ditta individuale M.G. con sede legale in (OMISSIS).
2. Avverso la pronunzia ricorre S.G., a mezzo dei propri difensori di fiducia avv.ti I. V. e avv. C. S., sollevando i seguenti motivi di gravame: violazione e falsa applicazione di legge nonchè vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all’art. 125 c.p.p. e L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, per l’assoluta mancanza di motivazione in ordine sia alla riconducibilità dei beni confiscati nella sfera di disponibilità del prevenuto, sia in relazione alla sussistenza di elementi indiziari idonei ad escludere l’appartenenza dei beni confiscati al formale titolare, sia alla provenienza illecita dei beni confiscati.
3. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per essere stato sottoscritto dai difensori del terzo interessato al procedimento di prevenzione non muniti di procura speciale così come previsto dall’art. 100 c.p.p.. Difatti la giurisprudenza di questa Corte ha al riguardo chiarito che nel procedimento di prevenzione il difensore del terzo interessato, non munito di procura speciale, non è legittimato a ricorrere in cassazione avverso il decreto che dispone la misura di prevenzione della confisca. E ciò sulla base dell’affermazione, condivisa dal Collegio, che per i soggetti portatori di un interesse meramente civilistico, come è il caso del ricorrente, vale la regola prevista dall’art. 100 c.p.p. secondo cui "stanno in giudizio con il ministero di un difensore munito di procura speciale" analogamente a quanto previsto per il processo civile dall’art. 83 c.p.c. (sez. 6 n. 13798 del 20/1/2011, Rv.
249873; sez. 2 n. 27037 del 27/3/2012, Rv. 253404; sez. 1 n. 10398 del 29/2/2012, Rv. 252925). Difatti solo all’indagato o all’imputato è consentito di stare in giudizio personalmente, avendo solo l’obbligo di munirsi di un difensore che, oltre ad assisterlo, lo rappresenta ex lege ed in forza di tale rappresentanza è titolare di un diritto d’impugnazione in favore dell’assistito senza alcuna necessità di un’apposita procura speciale, prevista soltanto per quei singoli atti riservati espressamente dalla legge all’iniziativa personale dell’imputato.
5. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2013

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