Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-08-2012, n. 13942

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Svolgimento del processo
1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 14 febbraio 2006, la Corte d’Appello di Messina ha rigettato l’appello proposto da C.P. nei confronti di C.F., C. V. e C.M., costituiti, nonchè nei confronti di D. E. s.r.l. e B.P., rimasti contumaci, avverso la sentenza del Tribunale di Barcellona P.G. n. 93 del 26.2/4.3.2002.
Il Tribunale era stato adito con atto di citazione notificato il 14 e 21 dicembre 1990 col quale C.P., premesso che con atto di divisione a stralcio del 5 agosto 1989 aveva proceduto con i fratelli e gli altri convenuti (acquirenti pro indiviso) alla divisione dei beni facenti parte dell’eredità dei genitori, con il distacco e l’assegnazione di quota all’istante, aveva chiesto che, previo accertamento della lesione oltre il quarto, gli fosse assegnato il supplemento in natura o in denaro.
Nel giudizio di primo grado si erano costituiti i germani C. ed avevano contestato la domanda, deducendo, in particolare, che si era trattato di una transazione, non rescindibile ai sensi dell’art. 764 c.c., comma 2.
1.2.- Il Tribunale dichiarava inammissibile la domanda, qualificando l’atto impugnato come transazione divisoria, e compensava le spese di causa.
2.- Proposto appello da parte di C.P., la Corte d’Appello di Messina ha, come detto, rigettato il gravame, compensando anche le spese del grado di appello.
3.- Avverso la sentenza della Corte d’Appello, C.P. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo.
Resistono con controricorso gli intimati C.V., C.M., C.G. e C.A..
Non si difendono gli altri intimati.
Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata.
Motivi della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116, 1362, 1363 e 763 c.c. e art. 764 c.c., comma 2, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo prospettato, con riferimento rispettivamente all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, per non avere la Corte d’Appello considerato che, al momento dell’attribuzione, erano rimasti indivisi soltanto due dei beni caduti nell’eredità del padre e che i germani C. avevano "regolato ogni loro controversia con 1’attribuzione a C.P. della propria quota, dichiarata di pari valore alle altre della massa divisionale"; per avere, al contrario, ritenuto che la proporzionalità tra le quote fosse stata dichiarata soltanto a fini fiscali, per avere male interpretato l’espressione letterale "…corrispondendo la quota di fatto a quella di diritto non ha luogo alcun conguaglio", per avere, infine, fatto ricorso a circostanza non vera, affermando che non fossero da imputare alla massa ereditaria i beni già venduti a terzi da C.P. a terzi.
Il motivo non è meritevole di accoglimento, con riguardo ad entrambi i profili di censura.
2.- La Corte d’Appello ha interpretato l’atto, autenticato nelle firme dal notaio dottor Alioto, in data 5 agosto 1989 intitolato "divisione a stralcio" come contenente una transazione divisoria, valutando una serie di circostanze, già evidenziate dal primo giudice, e confermate dalla Corte, elencate alle lettere da a) ad f) delle pagine 6-7 della sentenza. Si tratta di circostanze relative sia al tenore letterale dell’atto (dichiarazione della corrispondenza della quota di fatto a quella di diritto "ai soli fini fiscali" e mancanza in atto di disposizioni volte a calcolare la proporzionalità delle quote spettanti a ciascuno dei condividenti) sia al comportamento dei contraenti precedente (esistenza di controversia sullo scioglimento della comunione), contemporaneo (mancata imputazione alla massa dei beni alienati a terzi da parte di C.P.) e successivo (stipulazione di un vero e proprio atto di divisione tra i condividenti rimasti in comunione, a distanza di un anno dallo stralcio di quota in favore di C.P.).
All’esito di tale attività interpretativa la Corte ha concluso nel senso dell’avvenuta stipulazione di una transazione perchè i condividenti, allo scopo di evitare l’insorgere di una lite, si sarebbero accordati sull’attribuzione dei beni assegnati al C. senza procedere al calcolo di tale porzione nella misura corrispondente alla quota del condividente.
3.- Orbene, va fatta applicazione del principio oramai consolidato in materia di interpretazione del contratto, per il quale la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica esige una specifica indicazione dei canoni in concreto inosservati e del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione, mentre la denunzia del vizio di motivazione implica la puntualizzazione dell’obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento svolto dal giudice del merito;
nessuna delle due censure può, invece, risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione. D’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto 1’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr., tra le altre, Cass. n. 10131/06).
3.1.- Nel caso di specie, la Corte di merito ha fornito una interpretazione più che plausibile dell’atto intitolato "divisione a stralcio" stipulato, in data 5 agosto 1989, tra i condividenti, con la partecipazione degli acquirenti dei beni e della quota dell’odierno ricorrente.
Quanto all’interpretazione letterale, esplicitata ai punti contrassegnati con le lett. e) ed f) delle pagine 6 e 7 della motivazione, sopra riportati, il ricorso si limita a prospettare un diverso apprezzamento del relativo significato, che è precluso in sede di legittimità; su entrambi i punti, la motivazione data dalla Corte territoriale è congrua, logica e corrispondente al dato letterale.
Nè, con riferimento alla lettura sistematica del documento contrattuale, risulta violato il canone interpretativo dell’art. 1363 cod. civ., poichè il collegamento delle clausole contrattuali considerate dalla Corte territoriale porta logicamente a concludere, così come ha concluso la Corte, che le parti abbiano inteso accordarsi sull’attribuzione di determinati beni a C.P. (ed alla società sua avente causa, D. E. s.r.l.) senza preoccuparsi del calcolo del relativo valore e, quindi, della proporzionalità tra questo ed il valore della quota spettante al medesimo condividente.
3.2.- Infine, 1’interpretazione letterale e sistematica di cui sopra, ha trovato riscontro nel comportamento delle parti contraenti, pure valutato dal giudice di merito, onde confermare quella comune intenzione dei contraenti che ha ritenuto di desumere dal senso letterale.
L’unica contestazione mossa al riguardo dal ricorrente riguarda l’affermazione della Corte territoriale secondo cui sarebbe stata rilevante la mancata imputazione alla massa dei beni già da lui alienati a terzi (circostanza considerata sotto la lettera e della pagina 6 della sentenza). Secondo il ricorrente si tratterebbe di "circostanza non vera": siffatta affermazione è priva di qualsiasi riscontro. Invece, il ragionamento del giudice di merito che su di essa si fonda è assolutamente lineare: essendo non contestato il trasferimento, prima della divisione a stralcio, da parte di C.P. dei beni avuti in donazione dal padre alla D. s.r.l. per la nuda proprietà ed a B.P. per l’usufrutto, di questi beni non si tenne conto in sede di "divisione a stralcio"; assume il giudice di merito che, invece, avrebbero dovuto essere considerati ove si fosse ritenuto di calcolare la quota di diritto del C.: da ciò la Corte d’Appello ha implicitamente tratto la conclusione che questo calcolo rimase estraneo agli accordi contrattuali. Trattasi di conclusione del tutto coerente con la premessa, tale che, non essendo stata validamente confutata la premessa stessa, rende incensurabile la motivazione anche con riguardo a tale ulteriore argomento, di cui la Corte d’Appello si è avvalsa per interpretare il contratto come transazione divisoria piuttosto che come divisione transattiva.
4.- L’esistenza di contrasti sulle modalità di scioglimento della comunione e la determinazione dei condividenti di "stralciare" la quota dell’odierno ricorrente, senza tenere conto del valore dei beni attribuiti, quindi della cd. quota di fatto, in relazione alla massa da dividere, quindi della cd. quota di diritto, così come considerate dalla Corte d’Appello, rendono conforme al disposto dell’art. 764 c.c., comma 2, la conclusione raggiunta circa l’esistenza di una transazione divisoria e, quindi, circa l’inammissibilità dell’azione di rescissione. La Corte ha, in conclusione, ritenuto che l’atto avesse lo scopo di attribuire determinati beni al condividente la cui partecipazione alla comunione veniva ad essere sciolta, senza tenere conto della quota relativa.
In proposito, va ribadito il principio per il quale il discrimen tra divisione transattiva, rescindibile (art. 764 c.c., comma 1), e transazione divisoria, non rescindibile (art. 764 c.c., comma 2), nè annullabile per errore (art. 1969 cod. civ.), è costituito non dalla natura transattiva di una controversia divisionale, ricorrente in entrambi i negozi, bensì dall’esistenza (nella prima) o meno (nella seconda) di proporzionalità tra le attribuzioni patrimoniali e le quote di ciascuno dei partecipanti alla comunione (così, oltre a Cass. n. 7219/97, anche Cass. n. 20256/09).
5.- Il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore dei resìstenti, in solido tra loro, nella somma complessiva di Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2012

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