Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-08-2012, n. 13938

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Svolgimento del processo
1.- Con la sentenza impugnata il Tribunale di Catania ha qualificato come opposizione all’esecuzione quella proposta da U.M., in proprio e quale erede di G.R., debitrice esecutata nella procedura esecutiva immobiliare intrapresa dalla XXX spa nei confronti di quest’ultimo, nella quale erano intervenuti l’XXX di Torino, il XXX e la XXX; definendo il giudizio di merito, nel quale si erano costituiti XXX spa, quale cessionaria della XXX (succeduta già alla XXX spa), e il XXX, quale cessionario dell’XXX di Torino, ed era intervenuta ex art. 105 cod. proc. civ. A. F. (acquirente del bene oggetto del pignoramento), il Tribunale di Catania ha accolto l’opposizione ed ha dichiarato la nullità dell’atto di pignoramento notificato il 2-7 giugno 1989 e trascritto il 29 luglio 1989, con condanna degli opposti al pagamento delle spese di lite.
2.- Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, XXX S.p.a., nella duplice qualità di mandataria di XXXS.p.a., succeduta a XXX spa, e di mandataria di XXX S.r.l., succeduta al XXX. Non si difendono le intimate U. e A..
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Motivi della decisione
1.- Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1415, 1416 e 1417 cod. civ., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il Tribunale di Catania ritenuto che una sentenza, passata in giudicato, di accoglimento della domanda – proposta dal creditore di un simulato alienante – di simulazione di un contratto di compravendita, non potrebbe essere invocata da terzi – anch’essi creditori del simulato alienante – rimasti estranei al predetto giudizio di simulazione.
Per comprendere la portata della censura e le ragioni della decisione, vanno richiamati i fatti di causa, in sè non contestati, e così riepilogati nella sentenza impugnata: "- alla data di trascrizione del pignoramento – 29 luglio 1989 – notificato ad istanza della XXX nei confronti di G.R. il bene pignorato in suo danno sito in (OMISSIS) non apparteneva all’esecutato, in quanto egli aveva trasferito la proprietà, unitamente al coniuge comproprietario U.M., a M.V., con atto di vendita trascritto il 6 febbraio 1988;
– … con atto di vendita trascritto in data 24 giugno 1989 il bene de quo veniva venduto dai coniugi M.V. e G. C. a A.F.;
– … ad istanza della Banca Popolare di Catania veniva trascritto in data 9 novembre 1988 l’atto di citazione avente ad oggetto la declaratoria di simulazione dell’atto di vendita stipulato dai coniugi G. in favore di M.V.,- il cui giudizio veniva definito con sentenza del Tribunale di Catania depositata l’11 giugno 1990 che ha affermato la nullità per simulazione dell’atto di vendita sopra citato – pronunzia confermata dalla Corte d’appello di Catania con sentenza depositata in data 18 gennaio 1993, che ha rigettato l’appello proposto da G.R., U.M., M.V. e G.C.".
1.1.- Date tali vicende, sostiene la ricorrente che, essendo passata in giudicato la sentenza della Corte d’Appello di Catania del 18 gennaio 1993, con la quale è stata dichiarata la simulazione assoluta dell’atto di compravendita trascritto il 6 febbraio 1988, col quale i coniugi U. – G. hanno venduto a M. V. il bene successivamente pignorato ad istanza della XXX spa, detto giudicato dovrebbe fare stato anche nei confronti di quest’ultima, e quindi degli istituti di credito suoi successori (ed oggi, Intesa San Paolo S.p.a., della quale XXX S.p.a.
è mandataria). La ricorrente perviene a tale conclusione argomentando a contrario dai precedenti di questa Corte (specificamente Cass. n. 986/79 e n. 4371/95) che hanno affermato che il giudicato sulla simulazione assoluta formatosi a seguito di giudizio intentato dal terzo nei confronti delle parti contraenti non spiega effetti nei rapporti interni tra queste ultime (o loro aventi causa) a causa del diverso regime probatorio della simulazione connesso alla diversa situazione di diritto sostanziale della parte o del terzo: sostiene XXX S.p.a. che si potrebbe invece avvalere del giudicato formatosi a vantaggio di uno dei creditori del simulato alienante, altro creditore di quest’ultimo, in ragione del fatto che tutti i creditori del simulato alienante godono del regime probatorio privilegiato di cui all’art. 1417 cod. civ..
1.2.- Il motivo è infondato.
Esso non tiene conto del disposto dell’art. 2909 cod. civ. per il quale l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, quindi soltanto tra questi soggetti, in quanto conseguenza della partecipazione al giudizio concluso con la sentenza del cui giudicato si tratta.
Ne segue che l’accertamento contenuto nella sentenza che ha dichiarato la simulazione assoluta nei rapporti tra un creditore del simulato alienante e lo stesso simulato alienante (nonchè nei confronti del simulato, acquirente, parte necessaria in quel giudizio: cfr. Cass. n. 10151/04) non può essere invocato da altro creditore della medesima parte, se non sia intervenuto in quel giudizio: questi infatti non rientra nel novero degli "aventi causa" da una delle parti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2909 cod. civ..
Correttamente pertanto il giudice a quo rileva, nella sentenza impugnata, che non può certo essere affermato il principio secondo il quale un negozio giuridico del quale sia stata accertata la simulazione sia tamquam non esset: è vero, al contrario, che il contratto simulato produce effetti nei confronti dei terzi (cioè di tutti coloro che non siano stati parti dell’accordo simulatorio), compresi i creditori delle parti (arg. ex art. 1414 c.c., comma 1).
Come dimostra la disciplina che regola i conflitti tra parti e terzi, nonchè tra terzi fra di loro, l’"apparenza" (e quindi, nel caso di simulazione assoluta, il negozio simulato) ben può regolare i rapporti con i terzi, a meno che questi ultimi non si ritengano da essa danneggiati e perciò preferiscano invocare la "realtà" (e quindi, nel caso di simulazione assoluta, la mancanza del negozio);
in particolare, quanto ai creditori del simulato alienante anteriori alla simulazione, la loro tutela, pur non essendo prevalente rispetto a quella degli acquirenti di buona fede dal dominus apparente (cfr.
art. 1415 c.c., comma 1) ed a quella dei creditori privilegiati dello stesso titolare apparente (cfr. art. 1416 c.c., comma 2), è comunque prevalente rispetto a quella delle parti, ma nel presupposto che agiscano con l’azione di simulazione ed ottengano una sentenza che accerti l’"apparenza" del negozio simulato. A tale scopo, l’art. 1417 cod. civ. consente ai creditori la prova di questa anche per testi e per presunzioni. Quindi, l’ordinamento da loro la facoltà di rimuovere il negozio simulato, ma ciò soltanto a condizione che esperiscano la relativa azione; la sentenza deve essere pronunciata nei loro confronti, non potendosi avvalere il singolo creditore del simulato alienante del giudicato inter alios, anche se relativo ad altro creditore del medesimo simulato alienante.
1.3.- I precedenti giurisprudenziali richiamati dalla ricorrente (Cass. n. 986/79 e n. 4371/95) non solo provano troppo, ma non possono che corroborare detta conclusione. In tanto la questione dell’operatività nei rapporti tra le parti del giudicato formatosi sulla simulazione a seguito di azione esercitata da un terzo o da un creditore del simulato alienante si pone, e si è posta, in quanto i soggetti contraenti sono stati parti processuali del giudizio intentato da quest’ultimo. Essendo questa la situazione processuale presupposta, la Corte di legittimità ha dovuto affrontare (in detti precedenti, ma anche in Cass. n. 13963/05, nonchè in diverse altre pronunce meno recenti) la riferibilità ad essa della regola, sopra richiamata, dell’art. 2909 cod. civ. – che, ove applicabile, avrebbe comportato l’efficacia del giudicato anche nei confronti delle parti, dei loro eredi ed aventi causa – e l’ha esclusa per due ordini di ragioni:
perchè "il giudicato presuppone l’identità dell’oggetto e dei soggetti, ma anche lo stesso rapporto tra questi ultimi, quali portatori di contrastanti pretese. In particolare, nel caso di simulazione di un negozio giuridico, se l’accertamento della simulazione è richiesto da un terzo interessato ad eliminarne gli effetti, la pronunzia non può pregiudicare i rapporti tra i contraenti, i quali non avevano un contrasto di interessi tra loro, ma anzi una convergenza di interessi per sostenere la validità e l’efficacia del negozio impugnato" (così già Cass. n. 1454/52, richiamata da Cass. n. 13963/05);
perchè quel giudicato potrebbe essere stato conseguito avvalendosi di prove non ammesse, invece, nei rapporti tra le parti, stante la disciplina della prova della simulazione dettata dall’art. 1471 cod. civ. (così in tutti i precedenti sopra richiamati).
E’ del tutto consequenziale che ai terzi rispetto al contratto di simulazione rimasti estranei al giudizio all’esito del quale il giudicato (positivo o negativo) sull’esistenza della simulazione si è formato, si applica invece direttamente l’art. 2909 cod. civ. e quindi la parte del contratto ben potrà opporre loro la simulazione, senza che venga in rilievo il precedente giudicato (cfr. Cass. n. 13963/05, nella cui motivazione l’affermazione è riferita all’avente causa a titolo particolare del simulato acquirente): tra detti terzi va annoverato il creditore del simulato alienante, rispetto al quale il negozio simulato è efficace, fatto salvo il disposto dell’art. 1415 c.c., comma 2, secondo quanto detto al precedente punto 1.2.
1.4.- Giova aggiungere che, esclusa come sopra l’efficacia diretta del giudicato, nemmeno è dato discutere di efficacia riflessa di questo, quale affermazione oggettiva di verità, poichè essa presuppone che i terzi rimasti estranei al giudizio non siano titolari di un diritto autonomo rispetto a quello oggetto del giudicato, per tale intendendosi una situazione giuridica la cui fattispecie costitutiva non risulti composta anche dall’esistenza (o inesistenza) del rapporto dedotto nel primo giudizio (cfr. già Cass. n. 10654/91, nonchè, tra le altre, Cass. n. 7938/02, n. 5320/03, n. 7523/07, n. 18725/07): di certo è autonomo, rispetto al contratto simulato di compravendita, il diritto vantato dal creditore di una delle parti di tale contratto. Il primo motivo di ricorso va perciò rigettato.
2.- Col secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 617 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere il Tribunale di Catania qualificato l’opposizione come opposizione agli atti esecutivi, malgrado – secondo la ricorrente – fosse stato contestato da parte dell’esecutato il "modo dell’espropriazione". La conseguenza sarebbe che l’opposizione avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile, in quanto tardiva.
2.1.- Il motivo è infondato.
L’opposizione agli atti esecutivi è il rimedio avverso i vizi che attengono alla regolarità formale degli atti del processo esecutivo o degli atti a questo propedeutici, sicchè, come correttamente rilevato anche dal giudice a quo, essa ha ad oggetto il quomodo dell’esecuzione e non l’ari della medesima, che forma invece oggetto dell’opposizione all’esecuzione (cfr., tra le tante, Cass. n. 16262/05, n. 8112/06, n. 10296/09); in sintesi, l’opposizione agli atti esecutivi mira a provocare il controllo giudiziale sulla regolarità e sulla validità del procedimento, quando si assuma che l’atto del processo esecutivo della cui opposizione si tratta non risulta conforme allo schema legale ovvero risulta adottato dal giudice dell’esecuzione in mancanza dei presupposti di legge, anche quanto all’esercizio del potere discrezionale eventualmente spettantegli.
Nel caso di specie, l’opposizione è stata proposta per contestare il diritto del creditore procedente di agire esecutivamente sul bene pignorato, non per contestare la regolarità formale del pignoramento nè degli atti esecutivi a questo seguiti: è da escludere che si tratti di opposizione sussumibile nel paradigma legale dell’art. 617 cod. proc. civ.. Piuttosto, avendo la parte esecutata dedotto di aver trasferito il bene con atto trascritto in data precedente la trascrizione del pignoramento ed essendo stato questo anche l’assunto dell’intervenuta A., acquirente finale del bene, alla stregua delle vicende traslative di cui sopra, sarebbe stata rilevante la diversa questione della legittimazione ad agire di U. M., quale erede di G.R. (debitore esecutato), onde opporre al creditore procedente la titolarità in capo a soggetti terzi del diritto di proprietà del bene pignorato, già al momento della trascrizione dell’atto di pignoramento: la questione è stata espressamente risolta in senso affermativo dal Tribunale di Catania; tuttavia, la sentenza non è stata impugnata quanto a siffatta statuizione, sulla quale pertanto non è dato tornare in sede di legittimità. Giova aggiungere che, comunque, la U. ha agito anche nella qualità di comproprietaria del bene pignorato, che avrebbe avuto titolo ad opporsi all’esecuzione ex art. 619 cod. proc. civ., così come A.F., intervenuta nel processo, quale proprietaria attuale del bene in forza di atto trascritto comunque prima della trascrizione del pignoramento.
2.2.- Nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. viene richiamato il precedente costituito dalla sentenza n. 9679/97, nella cui motivazione questa Corte ebbe modo di affermare che si configurava come opposizione agli atti esecutivi la questione sollevata dal debitore, che aveva sostenuto che se il creditore assoggetta ad esecuzione un immobile, dopo aver agito per far dichiarare simulato il suo trasferimento dal proprio debitore ad un terzo, il pignoramento va compiuto in confronto del debitore e non del terzo. La fattispecie non è assimilabile al caso in esame: in questo si ha che la XXX spa ha agito nei confronti del proprio debitore G.R., al quale ha notificato il pignoramento e contro il quale ha effettuato la relativa trascrizione, ma ha vincolato un bene che non apparteneva più al debitore esecutato in forza di un atto di compravendita, in sè, opponibile al creditore procedente, ai sensi dell’art. 2914 cod. civ., in quanto trascritto prima della trascrizione del pignoramento;
se fosse applicabile il precedente citato, il modo di procedere dell’istituto di credito pignorante sarebbe stato regolare e legittimo proprio in ragione di detto precedente (quindi, non opponibile ex art. 617 cod. proc. civ.): tuttavia, esso è privo di utilità, poichè la XXX non ha agito per ottenere la declaratoria di simulazione assoluta dell’atto di compravendita posto in essere dal G. e, come si è detto trattando del primo motivo, non si può avvalere del giudicato formatosi a favore dell’unico creditore del simulato alienante che quella azione ha intrapreso.
Quindi, nella presente controversia non si discute affatto del modo di procedere in executivis, nè questo è stato in sè contestato dalla parte esecutata: quest’ultima non ha sostenuto, nè avrebbe potuto sostenere, di essere stata sottoposta ad esecuzione con l’osservanza di formalità diverse da quelle che il creditore procedente avrebbe dovuto seguire, ma ha sostenuto che, pur essendo il G. debitore dell’istituto di credito pignorante, il bene non era più compreso nel suo patrimonio.
E’ vero che la ricorrente, per corroborare il proprio assunto per il quale, nel caso di specie, sarebbe stato in contestazione il quomodo dell’esecuzione, si avvale dell’affermazione del Tribunale secondo cui, ove fosse stato possibile in ragione del tempo dell’iscrizione ipotecaria contro il G., l’istituto di credito avrebbe potuto agire nei confronti del terzo proprietario ai sensi degli artt. 602 e seg. cod. proc. civ., tuttavia trattasi di affermazione che non giova alle ragioni del creditore procedente. Come si dirà trattando del terzo motivo del ricorso, l’argomentare del Tribunale è, sul punto, del tutto ipotetico e ad abundantiam. Comunque, non avendo agito la XXX spa nei confronti del terzo proprietario ai sensi degli artt. 602 e seg. cod. proc. civ., ma soltanto nei confronti del proprio debitore, nemmeno è dato discutere dell’eventuale mancato rispetto delle forme di cui a tali ultimi articoli. Il secondo motivo di ricorso va perciò rigettato.
3.- Col terzo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 492 e segg. cod. proc. civ. e degli artt. 602 e segg. cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè, secondo la ricorrente, il Tribunale di Catania avrebbe ritenuto che, pendente il giudizio di simulazione, l’atto di pignoramento della XXX spa dovesse essere rivolto nei confronti del simulato acquirente ex art. 602 c.p.c. e non del simulato alienante.
Il motivo non trova affatto riscontro nella sentenza impugnata, la quale, sul punto, si esprime nei seguenti termini: "Così stando le cose la banca procedente (ove concretamente possibile posto che anche l’iscrizione ipotecaria in danno di G.R. risulterebbe trascritta anch’essa successivamente all’avvenuto trasferimento del bene) avrebbe dovuto azionare la procedura contro il terzo proprietario disciplinata dagli artt. 602 e segg. c.p.c.". E’ palese il riferimento del Tribunale all’eventualità espressa infatti in termini del tutto ipotetici – che la Banca fosse titolare di un diritto di ipoteca azionabile e perciò si fosse trovata al riparo dagli atti di dismissione del bene: il Tribunale ipotizza che, se questa ipoteca fosse stata iscritta prima dell’atto di compravendita, avrebbe consentito al creditore ipotecario di avvalersi del diritto di sequela nei confronti del terzo acquirente del bene ipotecato; è a tale eventualità che il Tribunale fa chiaramente riferimento, non alla pendenza dell’azione di simulazione, come sostiene invece la ricorrente. Tanto è vero che il Tribunale passa ad occuparsi della pendenza dell’azione di simulazione e degli effetti del relativo giudicato nelle pagine successive della sentenza, che contengono, come detto trattando del primo motivo, la ratio decidendi dell’accoglimento dell’opposizione, malgrado il giudicato sulla simulazione.
Ne segue che l’argomento relativo all’eventuale esistenza di un’iscrizione ipotecaria è del tutto ininfluente ai fini del giudizio espresso dal Tribunale, che se ne è avvalso soltanto allo scopo di rafforzare l’affermazione per cui il debitore G. R. non avrebbe più potuto essere escusso, come tale, con riferimento al bene colpito invece dal pignoramento, perchè uscito dal suo patrimonio; con la conseguenza che – e qui sta l’argomento utilizzato nella sentenza soltanto per corroborare il precedente – se il creditore avesse invece voluto validamente vincolare proprio tale bene, ciò avrebbe potuto fare soltanto avvalendosi della garanzia ipotecaria (se ed in quanto effettivamente operante nel caso di specie).
Il motivo di ricorso, che non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, è inammissibile.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, poichè le intimate non si sono difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2012

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