Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-01-2013) 11-02-2013, n. 6543

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Svolgimento del processo

1. Con sentenza resa il 25 giugno 2010 il G.U.P. del Tribunale di Cagliari all’esito del giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato dichiarava tra l’altro: – I.L.G. colpevole dei reati di partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati di acquisto, trasporto, detenzione ed importazione in Italia di ingenti quantitativi di stupefacente del tipo cocaina, eroina, pastiglie di extasy, hashish, importati dall’Olanda e dalla Spagna, col ruolo di promotore, finanziatore ed organizzatore (capo I), nonchè dei reati di cui ai capi 5^, 6^, 8^, 9^, 10^ in esso assorbito quello sub 10 bis, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, relativi a singole condotte di acquisto, detenzione, cessione di stupefacenti e, unificati detti reati nel vincolo della continuazione, esclusa la circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, lo condannava alla pena di anni sedici di reclusione, lo dichiarava interdetto in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena principale, quindi gli applicava la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni tre;

– T.S. colpevole dei reati contestati ai capi 2, 4, 8, 9 e 10, unificati gli stessi nel vincolo della continuazione, esclusa la circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 e, concessegli le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni sette di reclusione, lo dichiarava interdetto in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena principale, quindi gli applicava la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni tre;

– P.A. colpevole dei reati di cui ai capi 6^ e 10^, unificati nel vincolo della continuazione, e, esclusa la circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 e concesse le circostanze attenuanti generiche, stimate equivalenti alla recidiva, lo condannava alla pena di anni sei, mesi otto di reclusione ed Euro 80.000,00 di multa, lo dichiarava interdetto in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena principale, mentre lo assolveva dai reati 2^, 10^ bis, 11^ per non aver commesso il fatto;

– L.F.S. colpevole dei reati di cui ai capi 14^, 15^, 16^, 17^, 18^, unificati nel vincolo della continuazione, e, esclusa la circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni quattro, mesi otto di reclusione ed Euro 70.000,00 di multa, lo dichiarava interdetto in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena principale, mentre lo assolveva dai reati capi 2^, 12^, 13^ e 14^ per non aver commesso il fatto;

– A.R. colpevole dei reati di cui ai capi 12^ e 13^, unificati nel vincolo della continuazione, e, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 50.000,00 di multa, lo dichiarava interdetto per cinque anni dai pubblici uffici, mentre lo assolveva dal reato capo 2^ per non aver commesso il fatto;

– I.I.F. colpevole dei reati di cui ai capi 2^, 12^, 14^, 16^, unificati nel vincolo della continuazione, e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni sei di reclusione, lo dichiarava interdetto in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena principale;

– L.P.G. colpevole dei reati di cui ai capi 16^ e 15^, unificati nel vincolo della continuazione, e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 50.000,00 di multa e lo dichiarava interdetto per cinque anni dai pubblici uffici, mentre lo assolveva dal reato capo II per non aver commesso il fatto.

2. La Corte di Appello di Cagliari con sentenza resa il 17 giugno 2011 per quanto qui rileva, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che confermava nel resto, riduceva la pena inflitta a I.I.F. ad anni cinque, mesi cinque e giorni dieci di reclusione e quella inflitta a T.S. ad anni sei di reclusione.

3. Le sentenze di merito sulla scorta degli esiti delle operazioni di intercettazione, di perquisizione e sequestro, cui erano seguiti l’arresto in flagranza dei coimputati L.P.G., C.S., I.L. e At.Ca., nonchè delle ammissioni di responsabilità degli imputati T., C., A., I. e P., accertava l’avvenuta costituzione tra il T. e I.L., con l’adesione del C. e dell’ At., di un’associazione finalizzata a commettere un serie indeterminata di acquisti, trasporto, importazione in Italia e cessione di stupefacenti di vario tipo, attiva tra la provincia di Sassari e l’Olanda mediante corrieri addetti al trasporto della sostanza ed al ritiro del denaro versato per il pagamento del suo prezzo, nonchè la collaterale attività dell’ I. in accordo con i fratelli L.F.E., L.F. P.G. e L.F.S. per l’acquisizione dalla Spagna di altri quantitativi di stupefacente, destinato al mercato sassarese, consegnata mediante corrieri.

4. Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione I. G.L., T.S., A.R., P.A., I.I.F., La.Fe.Sa. e L. P.G..

4.1 I.G.L. a mezzo del proprio difensore col primo motivo si duole di mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione e violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza di un’associazione per delinquere, costituita col T., il C. e l’ At., ed al ruolo di promotore dallo stesso rivestito all’interno di tale compagine ed al tempo stesso di semplice partecipe ad altra organizzazione criminosa costituita dai fratelli L.F..

4.1.1 In particolare, non era stata logicamente motivata la ragione per la quale la propria adesione alla proposta del T. non valesse a qualificare la condotta come mera partecipazione e non quale promozione, nè era stato preso in alcuna considerazione: a) il fatto che il coimputato T. fosse già inserito in una propria organizzazione operante in Olanda quando, al fine di non restare inattivo, pena la rovina, quindi per sopperire a momentanee difficoltà operative, gli aveva proposto di riprendere i traffici di droga, b) la possibilità di acquisizione dello stupefacente a credito da propri stabili fornitori e mediante persone in grado di fungere da collettori del denaro da investire; c) l’invio successivo ed a sorpresa di altra merce priva di effetti psicotropi, non gradita e non smerciabile; d) il valore insignificante delle successive adesioni del C. e dell’ At., mentre un ruolo strategico e dirigenziale l’aveva ricoperto il T. ed egli non aveva costituito una rete di spacciatori attiva nel territorio sassarese, ma si era limitato a raccogliere da più consumatori il denaro necessario a perfezionare l’acquisto a prezzi migliori perchè all’ingrosso; e) la sconfessione della tesi originaria dell’esistenza di un’associazione unica, comprensiva del settore olandese, dei traffici calabresi dei fratelli L.F., di quelli spagnoli e della rete distributiva sassarese, essendo emersi piuttosto organismi autonomi, privi di elementi comuni, rispetto ai quali egli non aveva funto da tramite.

4.1.2 Col secondo motivo deduce mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione e violazione di legge in ordine alla disposta confisca ex L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies della propria autovettura Renault Megane, rispetto alla cui statuizione la Corte di Appello non aveva offerto un’autonoma motivazione, ma era stata riprodotta quella della sentenza di primo grado in assenza di qualsiasi disamina delle argomentazioni e dei documenti prodotti dalla difesa, attestanti l’avvenuto pagamento del prezzo di acquisto dell’autovettura mediante un assegno tratto dalla madre sul di lei conto corrente.

4.2 L.P.G. deduce personalmente la violazione della norma di cui all’art. 125 c.p.p. per insufficienza ed illogicità della motivazione in ordine al giudizio di responsabilità, formulato nonostante gli elementi addotti con i motivi di appello avessero certamente consigliato e suggerito di pervenire ad una pronuncia assolutoria.

4.3 T.S. con i motivi sottoscritti personalmente deduce violazione di legge e difetto di motivazione quanto al diniego della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7 in riferimento ai singoli reati-fine, giustificato in ragione della mancata sottrazione di risorse rilevanti al traffico di stupefacenti, requisito non preteso dalla norma di legge, che richiede piuttosto l’essersi adoperato per evitare che l’attività criminosa sia portata ad ulteriori conseguenze; contesta altresì il giudizio di bilanciamento in termini di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche ed elementi non costituenti circostanze, quali i precedenti penali e giudiziari e la condotta e la vita anteatta.

4.4. P.A. a mezzo del suo difensore si duole di: a) insufficiente motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per il delitto di cui al capo 10^), rispetto al quale non era convincente la lettura, proposta dalla sentenza impugnata, della conversazione intercettata tra egli stesso e l’ I., dalla quale si era ricavata la prova dell’avvenuto acquisto della partita di droga, eroina e cocaina per due chilogrammi, dal momento che il T. aveva confermato la consegna all’ I., egli aveva affermato di avere sempre acquistato da quest’ultimo quantità modeste di sostanza ed il pagamento di denaro effettuato poteva riguardare realmente un quantitativo minimo; b) erronea applicazione della norma di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2 ed omessa motivazione sul punto in assenza di un sequestro della sostanza, della certezza del dato ponderale e del numero di dosi ricavabili.

4.5 A.R. mediante il suo difensore rappresenta: a) violazione di legge in riferimento all’art. 133 c.p. per non avere la Corte di Appello irrogato la pena minima edittale ed applicato le circostanze attenuanti generiche nella massima estensione possibile nonostante la ricorrenza di plurimi elementi di positiva valenza, quali: la giovane età, la rescissione dei legami con i concorrenti;

il quantitativo di droga trattata rimasto ignoto; le dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie rese; lo stato d’incensuratezza; b) illogicità della motivazione che aveva illustrato le ragioni della determinazione della pena in misura superiore al minimo per il carattere transazionale del traffico di droga senza però considerare che egli aveva offerto il proprio apporto alla commissione del reato ascrittogli e non alle condotte commesse dai concorrenti, mentre la Corte di Appello aveva motivato sul riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p., che pur non era stata richiesta con i motivi di appello.

4.6 I.I.F. per il tramite del proprio difensore lamenta con unico motivo inosservanza od erronea applicazione della legge penale e mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per la partecipazione all’associazione contestata al capo 2^), affermata per il solo fatto che egli, identificato nel soggetto chiamato "(OMISSIS)" senza fondati argomenti, aveva presenziato alle consegne di stupefacente ai corrieri in tre circostanze, nonostante il coimputato A., in posizione analoga, fosse stato prosciolto da analogo addebito;

inoltre, non era stato considerato che la sua attività si era limitata a soli due mesi per scomparire dalla scena dopo l’arresto del L.P., che egli aveva rivestito un ruolo fungibile, indicativo di un coinvolgimento estemporaneo e si era dimostrato inesperto, tanto da essersi fatto spiegare dall’ A. i rischi affrontabili nel caso si fosse occupato di fungere da corriere della droga. Sarebbe quindi stato necessario approfondire l’aspetto soggettivo della condotta, la cui analisi avrebbe dimostrato come egli si fosse limitato a concorrere nei reati senza avere preso consapevolmente parte ad alcuna associazione criminosa.

4.7 L.F.S. a mezzo del difensore deduce:

a) violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per non essere presente nel testo della sentenza impugnata, depositata in cancelleria, la pag. 88, il che rendeva carenti i passaggi necessari e le argomentazioni indispensabili per rendere comprensibile l’iter decisionale;

b) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al concorso nei reati di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti di cui ai capi 14^), 15^), 16^), per l’assenza di qualsiasi elemento di prova e per la patita confusione con le posizioni dei due fratelli, non avendo avuto contatti con i coimputati nelle date indicate nelle imputazioni, ma soltanto dal 26/2/2009 con la prima visita a (OMISSIS); il suo coinvolgimento nei due reati di cui ai capi 17^ e 18^ si era esaurito al più nella condotta di favoreggiamento, mentre la Corte di Appello era incorsa in travisamento della prova per avergli attribuito la conoscenza dell’attività criminosa e delle dinamiche del traffico che in realtà non esiste, come non esisteva alcun accordo preventivo con i pretesi sodali;

c) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena che non aveva tenuto conto delle circostanze rappresentate con l’atto di appello, liquidate con rilievi contraddittori ed illogici che la rendevano meramente apparente.

5. Con memoria depositata il 22 gennaio 2013 la difesa del La.

F. propone di non avere più interesse all’accoglimento del primo motivo proposto, avendo avuto accesso ad una copia della sentenza impugnata, conforme all’originale, comprensiva anche della pag. 88.

Motivi della decisione

I ricorsi proposti dal P., dal L.P. e dall’ A. sono inammissibili, quelli degli altri imputati infondati.

1. La posizione di P.A. con riferimento al delitto di cui al capo 10) è stata trattata, analizzando paratamente le fonti di prova, rappresentate dalla conversazione ambientale intercettata il 22/12/2008 con I.L. – di cui non si discutono nè l’utilizzabilità, nè la corretta individuazione dei dialoganti e del tenore del discorso captato -, nel corso delle quali i due avevano discusso dell’imminente arrivo di un carico di droga dall’estero, parte della quale era stata destinata sin dall’inizio al P., anche perchè trattavasi di merce non commerciata dall’ I.; la natura ed il peso della sostanza sono stati individuati dai giudici di merito in due chilogrammi di eroina alla stregua delle ammissioni rese dal fornitore T.S., il quale ha in modo specifico indicato come il carico avesse compreso due chilogrammi di eroina e seicento grammi di cocaina, della considerazione per cui l’acquisto di un quantitativo minimo non avrebbe giustificato una spedizione internazionale, nè il versamento del compenso di migliaia di euro al corriere e non avrebbe consentito al T. di ricavare una somma sufficiente a finanziare in futuro il traffico di cocaina, notoriamente più costosa dell’eroina.

1.1 Inoltre, la Corte di Appello in un’analisi coordinata degli elementi fattuali del tutto logica ha posto in relazione le risultanze della conversazione del 22/12/2008 con il fatto che nel periodo successivo al recapito all’ I. della droga fornita dal T. il P. avesse operato diverse rimesse di denaro in favore del primo, argomento trattato nel corso di varie conversazioni intercettate il 25/1/2009, cui è stato attribuito il significato univoco di corresponsione del prezzo di acquisto dell’eroina, compatibile con il quantitativo indicato nell’imputazione.

1.2 Pertanto, la conclusione raggiunta dalla Corte di Appello, del concorso del P. nell’operazione di acquisto e trasporto dall’estero dei due chilogrammi di eroina, commissionata all’ I. prima che costui avesse concluso l’accordo col T., è del tutto logica, plausibile ed aderente a precise emergenze probatorie, analiticamente esposte nella motivazione, senza sia possibile ravvisare i vizi denunciati col ricorso, che del resto richiama soltanto le interessate affermazioni dello stesso ricorrente circa le quantità modeste di sostanza, solitamente acquistate dall’ I., e la compatibilità tra il pagamento di denaro effettuato ed un quantitativo minimo di eroina ricevuto senza però avere illustrato le ragioni per poter rintracciare tale relazione di esclusiva e necessaria corrispondenza.

2. Col secondo motivo la difesa del P. si duole della ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2 con riferimento al delitto di cui al capo 10^): la richiesta ha però già trovato accoglimento da parte del G.U.P. che nella sua sentenza ne ha escluso la ricorrenza, sicchè il motivo risulta inammissibile per manifesta infondatezza.

3. L.P.G. formula un unico motivo per dolersi del giudizio di reità confermato dalla Corte territoriale, sebbene i motivi d’appello avrebbero dovuto indurla alla sua assoluzione;

sostiene, inoltre, che comunque la motivazione della sentenza impugnata si sarebbe esaurita in mere formule di stile: ebbene, la doglianza è espressa in termini talmente generici ed apodittici da non consentire di apprezzare i profili di erroneità denunciati e di formare un qualsiasi convincimento sulla fondatezza dell’impugnazione. Ne discende l’inammissibilità del gravame.

4. I.I.F. censura il giudizio di responsabilità espresso in ordine al delitto associativo di cui al capo 2^), sostenendo che il coinvolgimento in tre episodi di cessione di stupefacente nel ruolo di mero accompagnatore del corriere, incaricato del recapito della droga a I.L., non sarebbe sufficiente per configurare la propria partecipazione all’associazione criminosa del coimputato; contesta poi la certezza dell’identificazione nella propria persona del soggetto che nei dialoghi intercettati era chiamato "(OMISSIS)", nonchè il significato indiziante della propria presenza, non dimostrata con sicurezza, in (OMISSIS), ove avrebbe potuto essersi limitato a fungere in prima persona da corriere della droga.

4.1 Va rilevato che la sentenza impugnata, preso atto della piena ammissione di responsabilità resa dall’imputato nel corso del giudizio d’appello in ordine ai tre reati-fine di cui ai capi 12^), 14^), 16^), ha ritenuto di non dover affrontare il tema della sua responsabilità anche per il delitto associativo, ritenendo sufficiente a tale scopo l’accertamento del suo coinvolgimento nei reati fine. Al riguardo vanno comunque tenute conto le puntuali osservazioni della sentenza di primo grado, che, per effetto della sua conferma ad opera del giudice dell’impugnazione con doppia statuizione conforme, si integra reciprocamente con la pronuncia d’appello; è stato rilevato che, per avere svolto il corriere il compito di ricevere dal mittente, trasportare e consegnare al destinatario lo stupefacente, la sua attività implica necessariamente la consapevolezza dell’esistenza di un accordo a monte tra fornitore ed acquirente, sicchè la reiterazione nel tempo delle stesse mansioni e la manifestata disponibilità indiscriminata a svolgere un ruolo assegnato da altri soggetti e l’affidamento da parte degli altri sodali sul compimento di quella specifica attività, costituiscono circostanza sintomatica dell’inserimento stabile del corriere in un’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti. Si è quindi applicato alla posizione dell’ I.I. tale rilievo, valido in linea teorica, ma anche in riferimento al caso concreto, in ragione della sua partecipazione a tre diverse spedizioni col ruolo di accompagnatore e supervisore dei diversi corrieri di volta in volta prescelti, chiamato a svolgere delicate funzioni di controllo e di tutela della sicurezza del carico in condizioni di minore esposizione a rischio rispetto ai corrieri; se ne è ricavata la prova dell’assunzione di una posizione diversa e sovraordinata rispetto a costoro, frutto dei rapporti fiduciari intrattenuti con i fornitori al vertice dell’organizzazione, ossia con i La.Fe..

4.1 Inoltre, la sentenza di primo grado evidenzia come l’ I.I. fosse conosciuto anche dall’ I., che aveva chiesto sue notizie all’ Ac. nella conversazione intercettata del 17/1/2009, ottenendo in risposta che lo stesso si era trovato a (OMISSIS), luogo di partenza della droga, perchè, secondo l’ Ac., "tornando da là, io carico". Del resto, in coerenza con le superiori risultanze e con il ruolo di supervisore delle consegne, oggetto di ammissione da parte dello stesso ricorrente, anche l’ A. ha riferito che la proposta per trasportare il primo carico di stupefacente gli era stata fatta da I.I.F., che quindi in quel frangente aveva svolto anche le mansioni di reclutatore del corriere nel contesto della sua collaborazione con i fratelli L.F., i quali per il viaggio successivo avevano, invece, contattato direttamente l’ A..

4.2 Quanto all’identificazione dell’ I.I. nel personaggio chiamato "(OMISSIS)", che a distanza aveva seguito mediante comunicazioni telefoniche le consegne ed i pagamenti, soggetto di cui avevano parlato con l’ I. i due corrieri Ac. e L.P. in occasione dei loro distinti recapiti di droga, oltre ad esservi corrispondenza tra l’abbreviazione ed il nome proprio F., è stata valorizzata la prova documentale che il L.P. era giunto a (OMISSIS) con l’ I.I. a bordo del volo da (OMISSIS) e con lo stesso aveva fatto rientro il giorno seguente. Inoltre, nel successivo viaggio del (OMISSIS) il ricorrente aveva nuovamente accompagnato, utilizzando lo stesso volo aereo, il L.P. sino ad (OMISSIS), ove questi era stato sorpreso in possesso della droga e tratto in arresto in flagranza di reato, mentre l’ I.I. era stato rilasciato per non pregiudicare il seguito delle indagini.

Da quel momento, percepito direttamente il pericolo corso, egli si era defilato. Pertanto, sulla base di tali presupposti di fatto il (OMISSIS) che aveva monitorato a distanza le operazioni del corriere, era stato ragionevolmente identificato nel ricorrente.

4.3 Non hanno dunque pregio le obiezioni mosse con il ricorso circa il suo limitato e breve apporto all’attività criminosa dei correi, che è stato correttamente e logicamente valutato come indicativo di stabile partecipazione all’attività ed ai programmi delittuosi dell’organizzazione costituita e diretta dai L.F., per conto dei quali, pur nell’arco di soli due mesi, egli aveva svolto una molteplicità di incarichi di responsabilità quale reclutatore, accompagnatore e controllore dei corrieri, si era recato in Spagna nella località ove era stato procacciato lo stupefacente ed ove risiedeva stabilmente il coimputato L.F.P.G., aveva accompagnato L.F.E. in Sardegna, partendo da (OMISSIS) in Spagna in occasione della prima spedizione di droga all’ I., aveva tenuto contatti anche con lo stesso acquirente I. in Sardegna, con un attivismo connotato da un livello di responsabilità superiore rispetto a quello dei semplici corrieri ed aveva apportato un concreto rilevante contributo alla realizzazione degli scopi ed all’operato dell’associazione. Inoltre, soltanto l’arresto del L. P. ha indotto il ricorrente a cessare le attività criminose nel timore di conseguenze pregiudizievoli personali e quindi non contraddice la sua adesione al programma criminoso dell’organizzazione dei L.F., che si è proiettata anche al di là della partecipazione alle singole operazioni integranti i reati- fine ed è univocamente significativa della sua responsabilità anche per il delitto di cui al capo 2).

4.3 Si ricorda che per pacifico arresto interpretativo, espresso da questa Corte, la partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di droga è desumibile dalla pluralità dei fatti di concorso nei reati-fine, che assumono il valore di un importante elemento indiziario da cui ricavare, per "facta concludenza", la sussistenza del gruppo associativo ed il ruolo di partecipe in esso rivestito dal singolo (sulla possibilità di inferire l’esistenza del reato associativo dall’esame delle singole condotte o reati-fine Cass. sez. 5, n. 1631 del 11/11/1999, Bonavota, rv. 216263; sez. 6, n. 1525 del 08/04/1997, Pappalardo, rv. 209105; sez. 6 n. 32878 del 10/7/2009, Senese, rv. 245197; sez. 6 n. 44102 del 21/10/2008, Cannizzo, rv. 242397; sez. 4, n. 45128 dell’11/11/2008, Buccheri, rv.

241927).

A questi principi si sono attenuti anche i giudici di merito, sicchè non è dato ravvisare alcun vizio logico o giuridico nel ragionamento sotteso al giudizio di colpevolezza, con il conseguente rigetto del ricorso.

5. An.Ra. si duole del trattamento sanzionatorio sotto distinti profili, denunciando violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla determinazione della pena base per il delitto ritenuto più grave tra quelli unificati per continuazione, che immotivatamente sarebbe stata individuata in misura superiore al minimo assoluto, nonostante il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

5.1 Osserva questa Corte che l’assunto difensivo si scontra non l’inesistenza di un obbligo giuridico, vincolante nella scelta della misura della sanzione che, spaziando tra i limiti edittali, venga ritenuta congrua ed adeguata per i fatti di reato accertati e la persona del suo autore; il Giudice dispone di poteri discrezionali nella conduzione di tale operazione del cui uso deve offrire adeguata giustificazione con la sua sentenza.

Nel caso in esame la Corte di Appello ha assolto a tale onere perchè ha giustificato le ragioni della condivisione delle scelte già operate dal primo Giudice, indicandole nella gravità oggettiva dei fatti, nella reiterazione delle condotte a breve distanza l’una dall’altra, nella spregiudicatezza dell’imputato nel ricorrere a tale espediente per finalità di mero lucro, in luogo della dedizione ad onesto, ma meno remunerato lavoro, elementi sufficienti per stabilire quale pena base quella di anni sette di reclusione ed Euro 60.000,00 di multa, di poco superiore al minimo edittale assoluto e ben lontana dal massimo possibile; per contro i positivi elementi di valutazione indicati nel ricorso sono stati già presi in considerazione col riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che i giudici di merito hanno ritenuto senza con ciò essere incorsi in alcun vizio di carenza o illogicità della motivazione.

5.2 Nè del resto la pretesa della difesa che la concessione delle attenuanti generiche debba necessariamente condurre alla riduzione della pena al di sotto del minimo edittale ha fondamento giuridico, non esistendo norma che imponga tale operazione.

Il ricorso va dunque respinto perchè inammissibile per manifesta infondatezza.

6. T.S. si duole a sua volta del trattamento sanzionatorio in ragione del mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7 in relazione ai singoli reati fine: censura il criterio di valutazione dei presupposti per l’applicazione della circostanza, sostenendo di avere offerto un contributo conoscitivo e richiamando la formulazione testuale della norma. La Corte di Appello ha respinto la richiesta già avanzata con i motivi d’appello sulla base del rilievo circa la differenza strutturale tra l’attenuante invocata e quella analoga prevista per il delitto associativo e l’insufficienza di un apporto collaborativo per il suo riconoscimento, ritenendo necessario che l’interessato si adoperi "per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori", condizione ritenuta non ricorrente nel caso del T. per avere egli reso dichiarazioni in ordine a fatti di reato già consumati, per i quali non era ipotizzabile la possibilità di impedire conseguenze future, e per non avere contribuito alla sottrazione di risorse rilevanti per la commissione di altri delitti.

6.1 In linea di principio va ricordato che il riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 7, richiede l’apporto di un contributo conoscitivo diverso dalla mera collaborazione informativa, che deve conseguire uno dei risultati concreti previsti dalla citata norma, ossia interrompere l’attività delittuosa in atto e contrastare i mezzi di realizzazione delle attività criminali. Secondo quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione (ex multis: Cass., sez. 6, n. 37100 del 19/7/2012, Biasi ed altri, rv. 253381; sez. 3 n. 37372 del 18/4/2012, Toselli, rv.

253571) il primo esito può conseguirsi anche mediante una concreta ed immediata informazione che consenta l’arresto di altri complici che potrebbero portare ad ulteriori conseguenze l’attività delittuosa, implica una "operosità immediata", prima che si esauriscano le conseguenze del reato e ha finalità essenzialmente di repressione della specifica attività delittuosa.

6.1.1 Il secondo, invece, può anche intervenire a distanza di tempo e ha più accentuate finalità di prevenzione generale, mirando ad impedire non più la realizzazione di conseguenze ulteriori di attività delittuose già commesse bensì la futura perpetrazione di delitti mediante sottrazioni di rilevanti risorse. In ogni caso, occorre una collaborazione qualificata della proficuità, occorrendo un aiuto del soggetto concreto ed efficace.

6.2 Orbene nella specie, i giudici di merito con doppia conforme ed integrata motivazione hanno ragionevolmente spiegato la non ricorrenza di tali requisiti, tenuto sostanzialmente conto delle dichiarazioni riguardanti traffici che erano già emersi dalle indagini condotte mediante intercettazioni, pedinamenti, accertamenti documentali e dai sequestri di sostanza stupefacente avvenuti all’atto dell’arresto del C., cui era seguito il fermo dell’ I. e dell’ At. e quindi dell’autosufficienza delle emergenze investigative, acquisite prima della collaborazione del T., per ricostruire la responsabilità degli imputati in ordine ai reati contestati (pagg. 16, 21, 25, 27 della sentenza impugnata);

in altri termini il contributo conoscitivo offerto aveva soltanto esplicitato e chiarito attività criminose già individuate dagli investigatori e già esauritesi senza avere fatto luce su nuove intraprese in corso o future, nè aver condotto all’individuazione di complici sino ad allora ignoti – i correi erano stati già tratti in arresto prima che egli rendesse le informazioni auto ed eteroaccusatorie – o di depositi di droga o altri strumenti materiali utilizzabili in iniziative similari.

Si è dunque trattato di una valutazione di merito che, per come formulata, attraverso un raffronto, condotto in concreto, tra condotta collaborativa e esiti conseguiti, risulta immune da vizi logici o giuridici, apprezzabili in sede di legittimità, con la conseguente infondatezza della relativa doglianza.

6.3 Non ha pregio nemmeno la censura riguardante il diniego delle circostanze attenuanti generiche: in primo luogo alcuna operazione di bilanciamento è stata condotta dai giudici di merito tra dette circostanze ed altri elementi di valutazione, essendo stata piuttosto considerata ostativa al loro riconoscimento una serie specifica di aspetti soggettivi ed oggettivi delle vicende coinvolgenti il T., quali la sua negativa personalità, il gravissimo precedente per fatti analoghi, la capacità a delinquere desunta dalla ripresa dell’attività di trafficante dopo l’evasione da un permesso premio con esplicita ed insistita sollecitazione rivolta all’ I. al ripristino degli affari illeciti e coinvolgimento di altri soggetti quali intermediari e corrieri, aspetti in grado di annullare la valenza positiva della sua collaborazione. Pertanto, non è dato riscontrare alcun vizio di motivazione nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, che dimostra un uso ragionato ed adeguatamente giustificato dei poteri discrezionali spettanti al giudice di merito e supera dunque il vaglio conducibile nel giudizio di legittimità. Il ricorso va dunque respinto perchè privo di fondamento.

7. I.L.G. deduce col primo motivo che, mentre l’imputazione originaria contemplava l’esistenza di un’unica associazione a delinquere finalizzata a commettere più operazioni di acquisto, trasporto, detenzione e cessione di droga, fornita da canali diversi in Olanda ed in Spagna, facenti capo rispettivamente al T. il primo, ai fratelli L.F. il secondo, la sentenza del G.U.P. aveva già riconosciuto l’esistenza di due gruppi criminosi autonomi, aventi in comune la figura dell’ I., al quale aveva assegnato il ruolo di promotore e fondatore del gruppo costituito con il T., il C. e l’ At., di semplice partecipe all’organismo dei fratelli L.F., ragione per la quale aveva proceduto a verificare partitamente le caratteristiche tipiche dell’associazione. La Corte di Appello soltanto all’apparenza avrebbe confermato tale impostazione, in quanto aveva rilevato che stranamente non era stato contestato al T. la qualità di promotore, che pur aveva ricoperto, per essere stato già inserito in una compagine organizzata ed attiva all’estero, aver disposto di propri canali di rifornimento, di corrieri, di esattori di denaro e di aperture di credito, essere già dedito al traffico di droga prima ancora di aver contattato l’ I., grazie al quale aveva inteso piazzare della merce rimastagli invenduta e quindi aprire un nuovo mercato. Tali circostanze avrebbero dovuto condurre a configurare la propria condotta quale semplice adesione ad associazione già esistente, anche se di essa non si erano acquisiti elementi precisi di conoscenza, così come dal punto di vista logico, se il T. non ne era un promotore, tanto meno lo poteva essere lo stesso ricorrente, a vantaggio del quale sin dalla sentenza di primo grado era stata esclusa la costituzione di una rete di spaccio nel sassarese ed era stato smentito anche il ruolo di finanziatore, posto che egli era solito raccogliere con una colletta il denaro da più soggetti interessati all’acquisto, coalizzatisi per ottenere un prezzo migliore, così che, una volta pervenuto il carico, lo stesso era stato automaticamente ripartito tra gli acquirenti, che avevano conferito il denaro. Infine, i due gruppi criminosi con i quali egli aveva cooperato non erano risultati avere rapporti tra di loro, nè avere condiviso alcunchè, mentre una volta esclusa l’esistenza di canali di spaccio nel sassarese facenti capo all’ I., era anche fallita la tesi accusatola che voleva sussistente un’associazione autonoma rispetto a quelle straniere, tanto che quella dei L.F. aveva continuato a fornire droga in Sardegna anche dopo l’arresto dell’ I..

7.1 Ebbene, la sentenza impugnata ha analizzato le censure sopra riassunte e ha rilevato come nessun difensore avesse negato l’esistenza di due gruppi criminosi distinti, operanti nel settore del traffico internazionale di droga, aventi in comune la figura del ricorrente. Quanto ai rapporti tra l’ I. ed il T. ha evidenziato che sin dai primi contatti, desumibili dalle intercettazioni e dalle ammissioni del coimputato turco, l’intesa era finalizzata a costituire una collaborazione stabile e duratura nel tempo, con forniture periodiche a cadenze ravvicinate, da destinare ai clienti dell’ I., accordo che si era tradotto in pratica con la spedizione di quattro carichi distinti nell’arco di circa sei mesi.

Ha quindi confermato l’assunzione di un ruolo apicale da parte del ricorrente, nonostante l’iniziativa per la ripresa dei traffici di droga fosse stata presa dal T., in ragione del suo attivismo nell’organizzazione delle spedizioni, dimostrato nel coordinare l’attività dell’ At., inviato in Olanda per incontrare personalmente il coimputato turco dopo l’arresto del C., nel predisporre il sistema di pagamenti mediante l’ At. e nel reperire la necessaria provvista, nell’adottare le cautele dell’uso di schede telefoniche e di apparecchi non noti alle forze dell’ordine e dell’indispensabilità del suo intervento, senza il quale il T. nulla avrebbe potuto realizzare. Ha dunque concluso per l’assunzione del ruolo di promotore, finanziatore ed organizzatore, situato ad un livello gerarchico e decisionale superiore a quello dei coimputati At. e C..

7.2 La censura proposta col primo motivo è quindi infondata, dal momento che la Corte di Appello ha valorizzato l’attività effettivamente svolta di natura dirigenziale, di coordinamento, di impulso con riferimento alle mansioni assegnate agli altri correi, deputati ad eseguire le istruzioni impartite dall’ I. e dal T., senza che tale conclusione possa ricevere ragionevole smentita dalla circostanza che quest’ultimo fosse già attivo nel narcotraffico in Olanda o altrove, nell’assenza di sicuri indici dimostrativi del suo inserimento in un’organizzazione autonoma e preesistente, dal momento che egli avrebbe potuto anche acquistare la droga e cederla di volta in volta a clienti diversi e che, grazie all’accordo raggiunto con l’ I., aveva potuto estendere il commercio illecito ad un nuovo mercato, in precedenza inaccessibile ed alimentarlo con una pluralità di forniture, destinate a perpetuarsi, interrotte soltanto dall’azione di contrasto delle forze dell’ordine. Parimenti irrilevante, ad avviso di questa Corte, è la mancata attribuzione al T. della qualità di promotore, che, pur censurabile, non è in sè sufficiente per negare che il ricorrente abbia effettivamente svolto tale ruolo, mentre alcun profilo di illogicità è ravvisabile nell’avvenuta differenziazione del livello di partecipazione da parte del ricorrente alle due associazioni, alle quali aveva aderito, quella costituita col T. e quella già esistente gestita dai L.F., dal momento che tale distinzione dei due gruppi e del suo ruolo è stata puntualmente ed efficacemente argomentata sulla scorta di risultanze fattuali, ben esposte ed analizzate.

7.4 Anche con riferimento alla disposta confisca dell’autovettura Megane Renault non è ravvisabile il vizio di motivazione denunciato:

la Corte di Appello ha preso in esame le contestazioni difensive e la documentazione prodotta a corredo, ma ha ritenuto che quanto con essa dimostrato, ossia l’emissione di un assegno, tratto sul conto corrente della madre dell’ I., non fosse sufficiente a provare l’appartenenza e la disponibilità esclusiva in capo a costei del veicolo. Al contrario, l’attività di captazione ambientale, svoltasi costantemente all’interno del suo abitacolo, nonchè quanto dichiarato dallo stesso ricorrente circa la conduzione personale delle trattative di acquisto, il pagamento del prezzo, la verifica condotta da un proprio meccanico di fiducia sulle condizioni della vettura, l’utilizzo esclusivo da parte dello stesso ed il comportamento tenuto come se si trattasse di un bene proprio, hanno indotto i giudici di merito a ritenere che l’intestazione alla madre fosse stata soltanto fittizia, ma che tutta l’operazione di acquisto fosse riconducibile esclusivamente al ricorrente.

Inoltre, è stato rilevato come con riferimento al profilo della sproporzione tra i redditi dichiarati e le attività svolte dall’imputato, in realtà inesistenti, ed il valore di acquisto del bene non fossero state offerte indicazioni capaci di superare le argomentazioni addotte dal primo Giudice.

Non trova quindi rispondenza la doglianza di mera riproposizione della motivazione della sentenza di primo grado e di omessa disamina degli elementi favorevoli addotti dalla difesa, che, al contrario, sono stati considerati e disattesi in una valutazione organica di tutto il materiale probatorio, che resiste alle censure formulate con il ricorso, rivelatosi infondato sotto tutti i profili.

8. L.F.S., dopo avere affermato di non avere più interesse al primo motivo di ricorso, col secondo contesta la fondatezza del giudizio di responsabilità, espresso in ordine ai delitti di cui ai capi 14^, 15^, 16^, 17^, 18^ per l’assenza di qualunque prova a suo carico di una consapevole collaborazione prestata ai fratelli nei loro affari illeciti.

8.1 Fonda le proprie censure sul rilievo della mancata coincidenza temporale tra le date dei commessi reati indicate nelle imputazioni e le visite effettuate presso l’ I. nel territorio sassarese, della mancata conoscenza degli importi delle somme di denaro consegnategli dal coimputato e riscosse per conto dei fratelli, cui le aveva puntualmente rimesse senza essere stato consapevole delle vere causali di tali pagamenti, sicchè al più potrebbe configurarsi il suo coinvolgimento a titolo di favoreggiamento reale, avendo egli agito nell’esclusivo interesse di altri e non per proprio personale vantaggio. Sostiene poi che la Corte di Appello sarebbe incorsa nel vizio di travisamento delle prove per avere riferito a L.F.P. G. l’avvertimento impartito al ricorrente di fare attenzione alla polizia, frase che, al contrario, era stata pronunciata da I. L. in occasione della consegna di Euro 22.000 e per avere attribuito ad esso ricorrente la frase relativa alla scelta di corrieri provenienti dalla Spagna come migliore delle opzioni organizzative, suggerimento anche in questo caso fornito dall’ I. nella conversazione ambientale del 13/3/2009 progr. 6922; per contro, lo stesso G.U.P. nella sentenza di primo grado aveva escluso una propria partecipazione all’organizzazione allestita e diretta dai fratelli, cosa di cui la Corte di Appello non aveva tenuto conto, sostenendo, sulla base delle stesse prove, che egli era stato a conoscenza delle dinamiche riguardanti il traffico di droga, tanto da avere discusso con l’ I. dell’affidabilità dei corrieri inviati dalla Spagna e che le giustificazioni fornite circa il terzo viaggio a Sassari erano affette da assoluta inverosimiglianza.

8.2 Osserva questa Corte che la sentenza impugnata alle pagg. 94 e ss. ha affrontato le argomentazioni difensive, disattendendole con un percorso esplicativo efficace ed esauriente, privo di incoerenze intrinseche o incongruità rispetto al materiale probatorio, puntualmente richiamato.

I giudici d’appello hanno sostenuto che, in relazione agli elementi di prova riportati più analiticamente nella sentenza di primo grado alle pagg. 53-56 e 58-60, costituiti principalmente dalle intercettazioni di conversazioni tra presenti, intercorse con l’ I., era emersa la dimostrazione della sua partecipazione consapevole ai traffici di droga, gestiti dai fratelli. In particolare, a suo carico sono stati evidenziati:

a) la non plausibilità dell’invio a Sassari di una persona soltanto per la riscossione di crediti che, se di origine lecita, avrebbero consentito l’adempimento mediante mezzi di pagamento usuali attraverso i canali bancari o postali, certamente meno onerosi;

b) le cautele adottate, riferite dal ricorrente come consistite nell’elusione di un pedinamento e nella circospezione nei movimenti per eludere controlli di polizia, accorgimenti incompatibili con trattative commerciali relative a transazioni lecite;

c) la preoccupazione manifestata dal L.F. all’ I. di poter essere oggetto di pedinamento da parte delle forze dell’ordine e l’osservazione del coimputato circa la necessità di sottrarsi ai controlli;

d) il riferimento ad un avvocato, fatto dal L.F. sia nel dialogo del 26/2/2009, che in quello del 13/3/2009, intercorsi con l’ I., – in quest’ultimo con l’accenno ad una conversazione avuta con il legale -, riguardava l’assistenza difensiva al corriere L. P., arrestato con un carico di droga inviato dai L.F. all’ I.;

e) la correttezza di tale interpretazione era confermata dal fatto che il L.F. aveva riferito di avere appreso che il soggetto arrestato era "calmo e non dice niente", ossia era fedele al patto di omertà da complici, mentre la diversa spiegazione fornita nel corso del separato procedimento, definito col rito abbreviato, circa l’incarico affidato ad un legale per recuperare il credito vantato nei riguardi dell’ I., doveva ritenersi assurda, in quanto l’accenno era stato operato a persona che "non dice niente" e non che "non fa niente", espressione che avrebbe potuto significare la mancata assunzione di iniziative di recupero, in realtà non praticabili a fronte di un credito derivante da cessione di droga;

f) il denaro ricevuto dall’ I. in quella circostanza doveva servire per organizzare la nuova operazione in sostituzione di quella interrotta dall’intervento delle forze dell’ordine;

g) le circostanze ammesse dal L.F. nel corso del suo interrogatorio del 22/7/2009, laddove aveva affermato di avere riferito al fratello P.G. nell’atto di consegnarli il denaro riscosso dall’ I. che il L.P. aveva mantenuto il silenzio, al che il fratello aveva replicato sulla necessità di fare attenzione alla polizia;

h) la conoscenza manifestata dal ricorrente delle dinamiche del traffico di droga dalla Spagna per avere discusso con l’ I. dei rischi di "caduta" affrontati dai corrieri, argomento non interpretabile come riferito a chi attuava il trasporto di prodotti ortofrutticoli, non esposto a particolari pericoli, argomento che comunque non poteva accomunare l’ I., che non si era occupato di quel settore merceologico;

i) l’assurdità della spiegazione offerta nel corso del separato giudizio abbreviato, secondo la quale il viaggio del (OMISSIS) era stato effettuato per acquistare una copia del quotidiano " (OMISSIS)" del (OMISSIS), dal quale poter ricavare notizie sul recente arresto dell’ I., per l’impossibilità di avere la certezza della pubblicazione quel giorno rispetto ad un arresto, avvenuto una settimana prima, circostanze in realtà confermative della causale dei suoi viaggi in Sardegna, legati ai traffici di droga dei fratelli.

8.2.1 Ebbene, ciò premesso, ritiene questa Corte che non sussistano i vizi denunciati con riferimento all’esclusione della pretesa buona fede dell’imputato; i giudici di merito con conformi osservazioni hanno debitamente tenuto conto delle risultanze probatorie, le hanno interpretate in modo logico e plausibile, confrontandole con le spiegazioni offerte dall’imputato, in sè irrazionali, non plausibili, inefficaci nel fornire una giustificazione credibile alle conversazioni captate. Inoltre il ricorso, laddove denuncia il travisamento delle prove valutate, risulta privo di autosufficienza, dal momento che non riporta testualmente ed integralmente i dialoghi intercettati, nè l’interrogatorio dell’imputato e nemmeno produce in allegato i relativi atti, dai quali pretende di ricavare elementi di smentita alle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.

8.2.2 Infine, deve rilevarsi che la Corte territoriale ha già escluso la possibilità di riqualificare la condotta accertata a carico del L.F. in termini di favoreggiamento reale in ragione del dimostrato suo coinvolgimento nella perpetrazione dei reati presupposti, in quanto la riscossione delle somme di denaro dall’ I. era funzionale al completamento dell’azione delittuosa ed in alcuni casi al finanziamento, quale acconto, di nuovi acquisti in via di realizzazione in un contesto operativo destinato a perpetuarsi nel tempo grazie alla completezza dei pagamenti dovuti dagli acquirenti, secondo un disegno criminoso unitario; inoltre, dall’insieme dei dati fattuali disponibili emerge il ruolo del ricorrente di latore all’ I. ed ai fratelli quale loro tramite di notizie riguardanti, sia l’atteggiamento processuale tenuto dal L. P. anche dopo l’arresto e la predisposizione della sua difesa, sia il comportamento dei corrieri ed i rischi del loro arresto, per cui anche sotto tale profilo risulta corretta la qualificazione della sua condotta in termini di concorso nei reati e non di favoreggiamento reale, per la cui configurazione, com’è noto, la norma incriminatrice dell’art. 379 c.p., richiede l’esclusione della partecipazione concorsuale all’attività delittuosa da cui provengono il prezzo, il prodotto o il profitto che si aiuta ad assicurare.

8.3 Infine, anche la doglianza riguardante il trattamento sanzionatorio è priva di fondamento: la Corte territoriale ha escluso di poter attenuare la pena inflitta dal primo Giudice sul rilievo della corretta determinazione di una sanzione per il reato più grave in misura superiore al minimo edittale per la gravita del reato e della solo apparente attività collaborativa prestata dall’imputato, le cui dichiarazioni erano contraddistinte da affermazioni illogiche, fantasiose ed inverosimili, dimostrative di un atteggiamento, che, seppur lecito in chiave difensiva, risulta sleale e mistificatorio, tale da non giustificare l’applicazione nella massima estensione possibile delle pur riconosciute attenuanti generiche. Anche gli aumenti per continuazione sono stati ritenuti giustificati ed in sè modesti proprio in relazione al ruolo subordinato e meno esposto, assunto dal ricorrente rispetto ai più coinvolti e coinvolgenti fratelli. Non ha quindi alcun fondamento la censura espressa coll’ultimo motivo di gravame, di momento che anche sul punto la sentenza impugnata è corredata da motivazione completa, logica e puntuale.

Per le considerazioni svolte, i ricorsi proposti dall’ A., dal L.P. e dal P. vanno dichiarati inammissibili con la conseguente condanna dei proponenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno, in relazione ai profili di colpa insiti nella proposizione di siffatte impugnazioni, al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che reputasi equo determinare in Euro 1.000. I restanti ricorsi vanno, invece, respinti ed i ricorrenti vanno condannati a loro volta al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi di A., L.P. e P., che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Rigetta i restanti ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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