Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2013) 01-03-2013, n. 9812

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Il 23,5.2012 il Tribunale di Palermo, decidendo sul riesame di M.K.K.A.A. confermava l’ordinanza con la quale il Gip del Tribunale di Marsala, in data 4.5.2012, aveva applicato al predetto la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui all’art. 110 c.p. e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 12, comma 1, 3 e 3 bis e comma 3 ter, lett. a) e b), per avere in concorso con altri indagati compiuto atti diretti a procurare l’ingresso di sessantacinque cittadini extracomunitari nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del testo unico citato ed, in specie, per avere, quale componente dell’equipaggio, concorso ad effettuare il trasporto a bordo di un peschereccio dei cittadini extracomunitari successivamente trasbordati dal peschereccio ad un gommone per essere sbarcati sulle coste italiane, con l’aggravante del fatto riguardante l’ingresso illegale di più persone e del fatto commesso da tre o più persone in concorso tra loro al fine di trarne profitto, fatti accertati il (OMISSIS).

Emergeva che un aereo della guardia di finanza aveva avvistato in acque internazionali un gommone che, affiancato un peschereccio, procedeva al trasbordo di alcune persone; un’unità navale della guardia di finanza aveva, quindi, raggiunto il gommone non appena sbarcato sulla costa siciliana procedendo all’arresto del conducente ed individuando, successivamente, gli stranieri che, appena sbarcati, si erano dati alla fuga. Contestualmente veniva raggiunto il peschereccio a bordo del quale erano nascosti, sotto coperta, sessantacinque cittadini extracomunitari tra i quali venivano individuati, attraverso i documenti di bordo, i quindici componenti dell’equipaggio e, tra questi, l’indagato.

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia.

Con il primo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio della motivazione con riferimento al difetto di giurisdizione.

Rileva, in particolare, che allorchè la guardia di finanza segnalava le operazioni di trasbordo degli stranieri dal peschereccio al gommone a bordo del quale venti cittadini extracomunitari sbarcavano sulle coste siciliane, il gommone si trovava a 28 miglia dalla costa oltre le acque territoriali; pertanto, deve essere esclusa la giurisdizione dello Stato italiano, in quanto la condotta contestata all’indagato è stata interamente consumata in acque internazionali sottratte alla giurisdizione italiana.

In secondo luogo il ricorrente lamenta la violazione di legge il vizio della motivazione dell’ordinanza impugnata avuto riguardo alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Rileva al riguardo che la semplice circostanza di essere componente dell’equipaggio e di aver contribuito alla conduzione del mezzo senza alcuna indicazione di alcuna attività e ruolo idonei a concorrere nel reato per cui si procede, non può integrare i gravi indizi di colpevolezza attribuiti genericamente a tutti i componenti dell’equipaggio, mentre responsabile di tutte le attività che si svolgono sulla nave non può che essere il comandante. Il tribunale avrebbe dovuto in ogni caso indicare il ruolo ed i singoli elementi a carico di ciascun componente dell’equipaggio.

Con gli ultimi due motivi di ricorso si contesta, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio della motivazione, la valutazione operata dal tribunale in ordine alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere.

Il ricorrente assume che la condotta ascrittagli non può considerarsi significativa sotto il profilo della capacità a delinquere ed idonea a formulare un giudizio negativo della personalità, tale da far ritenere il pericolo di recidiva, tenuto conto dell’assenza di precedenti penali e di carichi pendenti, nonchè, di legami stabili con persone dedite professionalmente ad attività illecite. Il tribunale ha formulato una prognosi negativa esclusivamente valorizzando le modalità e le circostanze del fatto, nè ha motivato in ordine alla inadeguatezza di altra misura meno afflittiva, idonea a soddisfare le ravvisate esigenze cautelari al di la della circostanza che si tratta di persona straniera non residente nel territorio nazionale. Rileva, infine, come lo status di straniero non comporta se il pericolo di fuga.

Motivi della decisione

Il ricorso, ad avviso del Collegio, deve essere dichiarato inammissibile sostanziandosi nella mera riproposizione delle doglianze poste a fondamento del riesame sulle quali il tribunale ha adeguatamente e correttamente motivato con argomenti ancorati alle circostanze di fatto emerse dagli atti.

Quanto al dedotto difetto di giurisdizione, i giudici della cautela hanno correttamente evidenziato che, alla luce del compendio indiziario acquisito, deve ritenersi la giurisdizione italiana, ai sensi dell’art. 6 c.p., tenuto conto che non solo in Italia si era realizzata la parte terminale della condotta illecita, consistita nell’aver procurato l’effettivo ingresso clandestino nel territorio nazionale di circa venti extracomunitari – i quali erano sbarcati sulle coste italiane trasportati dal gommone condotto da uno degli indagati che li aveva prelevati dal peschereccio – ma, altresì, che sul territorio italiano si trovavano i soggetti che avevano operato, coordinandosi con l’equipaggio del peschereccio, per il buon fine dello sbarco di tutti gli extracomunitari trasportati con il peschereccio in prossimità della costa siciliana.

Il tribunale evidenziava che il conducente del gommone aveva dichiarato, in sede di interrogatorio, di aver agito insieme ad altri tre soggetti, due tunisini ed un egiziano, che attendevano in territorio italiano l’arrivo del motopeschereccio con il quale mantenevano i contatti ed avevano fatto partire il gommone che avrebbe dovuto sbarcare in Italia tutti gli stranieri che avevano effettuato la traversata dall’Africa a bordo del peschereccio. Tali dichiarazioni trovavano conferma anche nelle circostanze riferite dal capitano del peschereccio che aveva dichiarato di aver ricevuto istruzioni al telefono sul punto esatto in cui sarebbe avvenuto l’incontro da un soggetto egiziano il quale, successivamente, era arrivato a bordo del gommone per il trasbordo degli stranieri da sbarcare sulla costa siciliana.

Nessun dubbio, quindi, residua in ordine alla giurisdizione italiana, essendo sufficiente che sia stato posto in essere in Italia anche un solo frammento della condotta, intesa in senso naturalistico, ancorchè non idonea a configurare il tentativo punibile (Sez. 4, n. 17026 del 17/12/2008 – dep. 22/04/2009, Vigi, rv. 243476); del resto, se una parte della condotta illecita è stata realizzata in Italia, la giurisdizione italiana si estende anche ai concorrenti nel reato.

Manifestamente infondate devono ritenersi, altresì, le censure in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente.

Invero, il tribunale ha tratto il compendio indiziario: dalla circostanza che l’indagato era un componente dell’equipaggio del peschereccio, come accertato attraverso i documenti identificativi rinvenuti a bordo; dal contributo che tutto l’equipaggio in quanto tale ha fornito al trasporto ed alla navigazione, così come confermato anche dal capitano del peschereccio in sede di interrogatorio – ancorchè questi abbia affermato di aver deciso di collaborare con le persone che si trovavano in Sicilia, facendo rotta verso l’Italia, contro la volontà dell’equipaggio, assumendosi in tal modo la totale responsabilità; dall’elevato numero degli stranieri trasportati dal peschereccio che rendeva evidente a tutti i componenti dell’equipaggio quale fosse lo scopo del trasporto; dalle dichiarazioni rese da almeno tre degli stranieri trasportati e fermati sulle coste siciliane che hanno riferito di aver pagato per il trasporto dall’Egitto in Sicilia e che parte del prezzo era andato al capitano e all’equipaggio del peschereccio, di essere saliti a bordo del peschereccio ad Alessandria d’Egitto e di aver viaggiato circa dieci giorni verso le coste siciliane. Alla luce di tali elementi è stato ritenuto evidente che tutti i componenti dell’equipaggio, attraverso l’attività di supporto materiale e morale alla navigazione, hanno fornito un contributo rilevante alla condotta illecita in contestazione.

La valutazione del tribunale, quindi, verte sul grado di inferenza degli indizi e sull’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza, anche se non di certezza, di tal che deve ritenersi che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte che deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai parametri normativi di riferimento quanto all’apprezzamento del compendio indiziario.

Al di la del ritenuto pericolo di fuga, anche sotto il profilo delle esigenze cautelari e della adeguatezza della misura applicata, la valutazione del tribunale si sottrae alle censure che le sono state mosse dal ricorrente, avendo con percorso giustificativo immune da illogicità e interne contraddizioni evidenziato, ad onta della incensuratezza, la gravità dei fatti e dalle modalità degli stessi (trasporto di un elevatissimo numero di stranieri in condizioni di pericolo per la vita) e la professionalità dimostrata dagli indagati organizzando nel dettaglio le operazioni di trasporto e concordando la consegna dei clandestini con altri mezzi provenienti dal territorio nazionale.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue per legge, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) ciascuno in favore della cassa delle ammende.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille (1.000,00) alla cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2013
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