Cass. civ. Sez. II, Sent., 07-08-2012, n. 14217

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Svolgimento del processo

Con decreto del 13/7/1999 il Tribunale di Gela ingiungeva a L. R. di pagare all’avv. M.G. la somma di L. 7.421.524 per prestazioni professionali.

Con citazione del 7/6/2000 la L. proponeva opposizione tardiva al decreto ingiuntivo deducendo di non averne avuto tempestiva conoscenza in quanto il giorno della notifica si trovava in viaggio;

nel merito contestava le pretese economiche del professionista asserendo che non aveva espletato altre attività oltre a quelle per le quali era già stato pagato; in corso di causa deduceva la mancata notifica del d.i. e comunque l’irregolarità della notifica.

Con sentenza del 20/3/2004 il Tribunale di Gela dichiarava inammissibile l’opposizione tardiva per mancanza dei presupposti di cui all’art. 650 c.p.c. La L. proponeva appello deducendo la nullità e/o improcedibilità della costituzione dell’avv. M. in primo grado per mancata produzione del fascicolo del monitorio, la nullità della notifica del decreto ingiuntivo per irregolarità o inesistenza delle operazioni di cui all’art. 140 c.p.c. e, comunque per errata applicazione dell’art. 650 c.p.c., perchè l’assenza dell’intimato, all’estero per ferie, implicava assenza di responsabilità in merito alla mancata conoscenza del decreto.

L’appellato si costituiva e chiedeva il rigetto dell’appello.

Con sentenza del 13/4/2007 la Corte di appello di Caltanissetta rigettava l’appello e confermava la sentenza rilevando:

– che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la mancata produzione del fascicolo della fase monitoria non costituisce motivo di improcedibilità;

– che il procedimento di notifica ex art. 140 c.p.c. era stato correttamente attivato in luogo di quello di cui all’art. 138 c.p.c. perchè la consegna a mani del destinatario non era stata possibile in sua assenza e non era possibile (come invece dedotto dall’appellante) la consegna ad un familiare incontrato casualmente per strada in quanto la consegna a mani di persona di famiglia è possibile solo se questa si trovi nella casa di abitazione del destinatario;

che gli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c. (deposito nella casa comunale, affissione alla porta dell’abitazione, comunicazione con avviso di ricevimento) erano stati regolarmente effettuati, come risultava dalla documentazione nel fascicolo dell’avv. M.;

– che l’assenza dell’intimato in quanto all’estero per ferie non costituiva forza maggiore o caso fortuito legittimante l’opposizione tardiva, traducendosi, invece, in un fatto volontario ed essendo imputabile all’assente il mancato uso di cautele idonee a permettere la ricezione o la conoscenza delle missive inviate nel periodo di assenza;

– le contestazioni sul merito delle pretese creditorie restavano, quindi assorbite.

L.R. propone ricorso affidato a cinque motivi, quattro dei quali conclusi con la formulazione di quesiti di diritto.

M.G., al quale il ricorso è stato ritualmente notificato, è rimasto intimato.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 184 c.p.c., dell’art. 345 c.p.c., comma 3, degli artt. 346 e 650 c.p.c. e con il secondo (correlato motivo) il vizio di motivazione.

La ricorrente sostiene che la Corte territoriale non ha rilevato l’inammissibilità dei nuovi documenti in quanto prodotti solo in appello e che, sulla base delle inammissibili produzioni, ha deciso la causa senza considerare, inoltre, che parte intimante non aveva riproposto in appello le proprie domande così che queste non potevano essere accolte, mentre doveva essere accolta l’opposizione in quanto il credito, per la mancanza delle produzioni non era provato.

Formula quesiti diretti a stabilire se nel giudizio di opposizione tardiva a d.i. è onere dell’opposto depositare la documentazione a prova della propria domanda, se in mancanza di domanda la documentazione possa essere acquisita di ufficio in appello, se la mancata prova della pretesa creditoria debba portare all’accoglimento dell’opposizione e se la parte vittoriosa in primo grado abbia l’onere di riproporre le domande respinte, assorbite o comunque non esaminate.

1.1 I due motivi, fondati sull’asserita violazione di norme processuali e sul connesso vizio di motivazione sono da esaminarsi unitariamente e sono entrambi, in parte inammissibili e in parte infondati; i quesiti proposti sono inammissibili in quanto non pertinenti alla fattispecie.

Infatti, essendo stata proposta opposizione tardiva al d.i., già dichiarata inammissibile in primo grado con sentenza confermata in appello, la produzione dei documenti posti a fondamento della pretesa creditoria era del tutto irrilevante rispetto alla decisione che escludeva l’ammissibilità dell’opposizione, così come era irrilevante la circostanza che l’opposto non avesse riproposto la domanda di accertamento e condanna nel giudizio di appello, tenuto conto che il merito, proprio per l’inammissibilità dell’opposizione tardiva, non poteva essere esaminato, restando invece confermato il d.i. inammissibilmente opposto e già dichiarato esecutivo.

Inoltre, essendo stata proposta opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 c.p.c. e non essendo stata richiesta la declaratoria di inefficacia per mancata notifica ex art. 644 c.p.c. era a carico dell’opponente tardivo d non solo la prova della mancata conoscenza del provvedimento monitorio come effetto di una irregolarità della sua notifica, ma anche della "non tempestività" della conoscenza stessa, ossia dell’avere egli acquisito cognizione del decreto solo quando non era più in grado di proporre un’opposizione tempestiva (Cass. 13132/95; Cass. S.U. 12/5/2005 n. 9938).

Non può, infatti, porsi a carico dell’opposto l’onere di provare il giorno in cui l’intimato ha avuto conoscenza effettiva del decreto, sia perchè, in linea di principio, la tempestività dell’opposizione deve essere provata da colui che la propone, sia perchè, sotto l’aspetto pratico, l’opposto non è in grado di conoscere quando l’opponente abbia avuto conoscenza effettiva del decreto.

Pertanto e premesso che si controverteva sulla regolarità della notifica del d.i., l’odierna ricorrente non può dolersi che il giudice di appello abbia esaminato la relata di notifica del decreto ingiuntivo, ancorchè tardivamente prodotta dall’opposto, in quanto l’esame del documento era comunque indispensabile ai fini della decisione e avveniva nell’interesse della stessa appellante che era onerata della prova della irregolarità.

2. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 138, 139, 140 e 650 c.p.c. e dell’art. 48 disp att. c.p.c. e con il quarto, correlato motivo, il vizio di motivazione.

Essa sostiene che nella notifica del decreto ingiuntivo non sarebbero state osservate tutte le prescrizioni dell’art. 140 c.p.c. e sarebbero state violate anche le disposizioni degli artt. 138 e 139 c.p.c., con riferimento a parziali incompletezze di alcune parole nella relata, al fatto che l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto consegnare il decreto ingiuntivo al marito dell’ingiunta, in quanto lo aveva incontrato per strada (occorre subito precisare che questo assunto è all’evidenza infondato in quanto la consegna può avvenire solo nelle mani di un familiare che si trovi nell’abitazione) e al fatto che dalla trascrizione della registrazione di una conversazione intervenuta tra il marito e l’ufficiale giudiziario risulterebbe che questo aveva affisso l’avviso al portone dello stabile invece che sulla porta dell’abitazione; i successivi avvisi non recavano, secondo la ricorrente, nè la natura degli atti nè i giorni per il loro ritiro e comunque non contenevano le indicazioni prescritte dall’art. 48 disp. att. c.p.c. e non sarebbe stato allegato all’originale dell’atto notificato l’avviso di ricevimento.

Tali mancanze, unite al fatto che il giorno della notifica (29/7/1999) non era in casa in quanto assente per ferie e che al rientro dalle ferie non ha trovato alcun avviso doveva ritenersi che per fatto incolpevole non aveva potuto avere conoscenza del decreto ingiuntivo.

A conclusione dei motivi formula quesiti di diritto diretti a stabilire:

a) se anche la mera irregolarità della notifica possa legittimare l’opposizione tardiva;

b) se l’incompleta o illeggibile attestazione delle operazioni richieste dall’art. 140 c.p.c. siano sufficienti per ritenere nulla o irregolare la notifica e di conseguenza ammissibile l’opposizione tardiva;

c) se le operazioni di cui all’art. 140 c.p.c. siano assistite da fede privilegiata o siano superabili con presunzioni e se debbano essere considerate tutte essenziali, comprese quelle dell’art. 48 disp. att. c.p.c..

d) se l’avviso di deposito ex art. 140 c.p.c. possa essere sul portone del fabbricato o debba essere affisso alla porta dell’abitazione;

e) se l’avviso di ricevimento debba essere allegato all’originale dell’atto notificato;

f) se in caso di nullità, invalidità e/o irregolarità della notifica del d.i. opposto rilevata in sede di legittimità devono essere cassati i due gradi di giudizio, salvo che la Corte di Cassazione non ritenga di potere decidere nel merito.

g) se l’assenza dell’intimato per ferie, in mancanza di qualsiasi elemento atto a far prevedere la notifica concretizzi un’ipotesi di caso fortuito che legittima l’opposizione tardiva.

2.1 I due motivi sono in parte infondati e in parte inammissibili e i quesiti non sono pertinenti. Occorre premettere che il caso fortuito e la forza maggiore sono previsti dall’art. 650 c.p.c. in alternativa alla irregolarità della notificazione e pertanto, differentemente da quanto assume la ricorrente, l’assenza per ferie, dedotta come caso fortuito, non assurge a caso fortuito sol perchè la notifica sia irregolare e, d’altra parte, l’irregolarità della notifica, non assume rilevanza causale per la mancata tempestiva opposizione a d.i.

solo perchè l’intimato era assente per ferie.

In diritto, occorre rilevare che ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, non è sufficiente l’accertamento della irregolarità della notificazione del decreto stesso, occorrendo, altresì, la prova – il cui onere grava sull’opponente – che proprio a cagione della nullità della notificazione l’ingiunto non ha avuto tempestiva conoscenza del provvedimento: ai fini di tale prova, concernendo essa un fatto negativo, possono anche essere utilizzate presunzioni, sicchè tale prova può ritenersi raggiunta tutte le volte che, tenuto conto delle modalità di esecuzione della notificazione, si possa ragionevolmente ipotizzare che l’atto non sia pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilità del destinatario (Cass. 3/2/1999 n. 880; Cass, S.U. 22/6/2007 n. 14572 che richiama, sul punto, Cass. S.U. 12/5/2005 n. 9938).

Nella fattispecie la ricorrente deduce vizi del procedimento notificatorio (conclusosi con la compiuta giacenza per il mancato ritiro del plico raccomandato, malgrado rituale avviso) correttamente esclusi dal giudice di appello, contesta che la relata di notifica conterrebbe parole incomplete (ma non si vede come ciò possa incidere casualmente sulla mancata tempestiva opposizione), afferma che l’avviso di deposito non sarebbe stato apposto sulla porta dell’abitazione, ma sul portone, ma in ciò è contraddetto dalla relata di notifica essendo pacifico che l’ufficiale giudiziario compie pubbliche funzioni e, come tale, i suoi sono atti pubblici che soggiacciono alla disciplina di cui all’art. 2700 c.c., perchè attestanti le operazioni da lui compiute (giurisprudenza costante;

v., da ultimo, Cass. 22/2/2010 n. 4193); soltanto quanto l’ufficiale giudiziario riferisce per averlo appreso da altri o le caratteristiche formali di atti da lui compiuti, ma che non hanno formato oggetto di attestazione non è coperto da fede privilegiata.

Con riferimento al secondo profilo di censura, riguardante il mancato riconoscimento da parte della Corte territoriale, del caso fortuito rappresentato dall’assenza per ferie occorre ricordare che l’accertamento in concreto di un fatto rientrante nell’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, e di un nesso di causalità tra tale fatto e la mancata conoscenza del decreto ingiuntivo, costituisce un apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, ove sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici (Cass. 13.7.1989 n. 3271); a questo principio si affianca l’ulteriore principio per il quale il relativo onere probatorio ricade sull’opponente tardivo il quale, nel caso concreto si è limitato ad affermare che il giorno della notifica si trovava all’estero per ferie, ma il giudice di appello ha correttamente motivato osservando che la lontananza volontaria dalla propria residenza non integra forza maggiore o caso fortuito ed è imputabile all’assente il mancato uso di cautele idonee a permettere la ricezione o la conoscenza del contenuto delle missive pervenutegli.

La motivazione è conforme ai principi affermati da questa Corte secondo i quali:

la forza maggiore ed il caso fortuito legittimanti l’opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 c.p.c. si identificano rispettivamente in una forza esterna ed ostativa in assoluto ed in un fatto di carattere meramente oggettivo del tutto avulso dall’umana volontà e causativo dell’evento per forza propria, nel senso che il fatto non solo non è voluto una non può essere nemmeno preveduto (cfr. ex plurimis: Cass. 28.8.1998 n. 8561; 12.5.1998 n. 4761; 20.6.1996 n. 10170);

pertanto, non possono essere invocati in caso di allontanamento dalla residenza essendo l’allontanamento un fatto volontario (Cass. 5.6.1998 n. 5584) ed essendo imputabile all’interessato il mancato uso di diligenza nell’osservanza del termine(Cass. 3769/2001;

15/3/2001 3769; Cass. 24/10/2008 n. 25737).

Per completezza di argomentazione, occorre aggiungere che neppure risulta dedotta, davanti al giudice di appello, una situazione di imprevedibilità della notifica o un comportamento di mala fede per il quale la notifica sarebbe stata intenzionalmente effettuata in periodo feriale per fare decorrere il termine dell’opposizione.

Ne consegue:

– che non è pertinente il quesito sub a) perchè non è stata attribuita irrilevanza alla mera irregolarità della notifica, essendone stata invece accertata la regolarità e comunque, l’irregolarità, così come la nullità, rilevano egualmente, ma solo in quanto sia stata data la prova, anche presuntiva, del nesso causale tra il vizio della notifica e la mancata tempestiva opposizione, nella specie del tutto mancante;

che per gli stessi motivi non sono pertinenti i quesiti su b), e), d) ed e);

– che il quesito sub f) è inammissibile in quanto non concerne i motivi di ricorso, ma gli adempimenti che questa Corte sarebbe tenuta a svolgere in caso di accoglimento del ricorso;

– che il motivo sub g) è formulato su un presupposto di fatto (la mancanza di elementi atti a fare prevedere la notifica dell’ingiunzione) che attiene ad un profilo di merito che non risulta dedotto davanti al giudice di appello.

3. Con il quinto motivo la ricorrente deduce l’omessa pronuncia sulla domanda creditoria dell’ingiungente, ma è all’evidenza infondato in quanto la Corte di Appello non ha omesso di pronunciarsi, ma ha correttamente ritenuto di non potere procedere all’esame sul merito dell’opposizione tardiva in quanto inammissibile.

4. In conclusione, per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato; non v’è luogo a provvedere sulle spese di questo giudizio di cassazione in quanto la parte vittoriosa non si è costituita.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2012

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