Cass. civ. Sez. II, Sent., 07-08-2012, n. 14208

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Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Roma, con decreto reso pubblico mediante deposito in cancelleria il 13 gennaio 2006, ha dichiarato inammissibile l’opposizione promossa da + ALTRI OMESSI avverso il provvedimento emesso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 18922 del 24 febbraio 2005, con cui era stato ingiunto il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione di norme legislative e regolamentari in materia di intermediazione finanziaria a Capitalia s.p.a. e a Banca di Roma s.p.a., con obbligo di regresso nei confronti degli opponenti, nella qualità di esponenti aziendali e dipendenti dei detti istituti di credito.

La Corte d’appello ha ritenuto la carenza di legittimazione attiva degli opponenti, rilevando che, in materia di sanzioni amministrative per violazione della disciplina in materia di intermediazione finanziaria, l’esponente aziendale, autore materiale dell’illecito, difetti di un interesse giuridico attuale e concreto alla rimozione del provvedimento impugnato, emesso nei confronti di un soggetto diverso.

Con il medesimo decreto depositato il 13 gennaio 2006, la Corte d’appello di Roma ha accolto l’opposizione proposta da Banca di Roma s.p.a. (già Minghetti Finanziaria s.p.a.) avverso il citato decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, annullando l’ingiunzione di pagamento, con obbligo di regresso nei confronti dei responsabili – emessa a carico dell’istituto opponente, mentre ha rigettato l’opposizione proposta avverso il citato decreto ministeriale da Capitalia s.p.a..

Con il decreto ministeriale erano state contestate, a seguito di accertamenti relativi al collocamento al pubblico dei c.d. bonds Cirio, le seguenti violazioni:

– D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. d), (TUF) e art. 56, comma 2, lett. a), del Regolamento CONSOB n. 11522 del 1998, per non aver la banca predisposto procedure interne idonee ad assicurare l’efficiente, ordinata e corretta prestazione del servizio di negoziazione in conto proprio;

– art. 26, comma 1, lett. e), del regolamento n. 11522 del 1998, per non aver la banca acquisito una conoscenza degli strumenti finanziari adeguata al tipo di prestazione fornita (negoziazione in conto proprio);

– art. 28, comma 2, del citato regolamento, per avere la banca effettuato operazioni nei confronti della clientela cd. retail senza aver fornito agli investitori informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione;

– art. 29 del medesimo regolamento, per non essersi la banca astenuta dall’effettuare operazioni non adeguate al profilo degli investitori;

– art. 27 regolamento n. 11522 del 1998, per non aver la banca rappresentato alla clientela cd. Retail situazioni di conflitto di interesse derivanti da rapporti di finanziamento in essere con l’emittente i bond Cirio trattati ovvero con società del gruppo di appartenenza dell’emittente, nonchè dall’aver assunto la qualità di lead manager o di manager per talune delle emissioni obbligazionarie.

Per la cassazione del decreto della Corte d’appello Capitalia s.p.a., + ALTRI OMESSI hanno proposto ricorso sulla base di sei motivi.

Il Ministero ha resistito con controricorso e ha proposto a sua volta ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo, dolendosi dell’accoglimento dell’opposizione di Banca di Roma s.p.a..

Avverso il decreto della Corte d’appello di Roma ha proposto ricorso incidentale condizionato anche Banca di Roma s.p.a., sulla base di sei motivi, cui ha resistito, con controricorso, la CONSOB, richiamando, per l’eventualità dell’accoglimento del ricorso principale del Ministero e del susseguente esame del ricorso incidentale di Banca di Roma s.p.a. le medesime difese svolte nel giudizio introdotto con ricorso di Capitalia s.p.a..

In prossimità dell’udienza hanno depositato memoria i ricorrenti principali, Banca di Roma s.p.a., nonchè la CONSOB.

Motivi della decisione

1. Deve preliminarmente essere disposta la riunione del ricorso principale e di quelli incidentali, in quanto relativi alla medesima decisione (art. 335 cod. proc. civ.).

2. Motivi del ricorso principale.

2.1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti principali si dolgono che la Corte d’appello di Roma abbia ritenuto gli esponenti aziendali privi di un interesse giuridico attuale e concreto alla rimozione del provvedimento sanzionatorio, individuando nella Banca, destinataria dell’ingiunzione, l’unica legittimata all’opposizione.

A tal fine i ricorrenti prospettano violazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195 chiedono di affermare che nei procedimenti sanzionatori instaurati ex art. 195 TUF, gli esponenti aziendali dell’intermediario nei confronti dei quali sia rivolto il provvedimento sanzionatorio, anche ove non siano direttamente destinatari di ingiunzione di pagamento, sono legittimati a promuovere l’impugnazione del provvedimento stesso presso la competente Corte d’Appello.

2.2. Con il secondo motivo del ricorso principale, riferibile esclusivamente a Capitalia s.p.a., quest’ultima denuncia la illegittimità del decreto impugnato per violazione, da parte della CONSOB, del termine di 90 giorni di cui alla L. n. 689 del 1981 per la notifica delle contestazioni, chiedendo che venga affermato il principio di diritto per cui nei procedimenti sanzionatori instaurati ex art. 195 TUF, 1) ai fini della conclusione dell’accertamento, comprensivo dell’acquisizione e della valutazione del fatto, la ripartizione tra gli uffici di vigilanza della CONSOB preposti agli accertamenti ed organi di vertice (la commissione) ha un rilievo meramente interno; 2) la contestazione della violazione all’interessato deve avvenire immediatamente non appena esaurito l’accertamento relativo alla singola ipotesi di violazione, non essendo consentito posticipare il termine per la contestazione dell’addebito in considerazione dello svolgimento di nuove indagini relative ad ulteriori ipotesi di violazione ancora in corso di accertamento; 3) nel corso dell’accertamento la valutazione dei fatti acquisiti non può costituire un espediente per dilatare il termine della contestazione in quanto, pur in assenza di limiti temporali predeterminati, tali indagini devono avvenire entro un termine congruo a seconda delle circostanze.

2.3. Con il terzo motivo del ricorso principale – rubricato violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e del regolamento CONSOB n. 12697/2000 – la ricorrente deduce la illegittimità del decreto per violazione, da parte della CONSOB, del termine di conclusione del procedimento amministrativo di sua competenza previa disapplicazione dell’art. 4 del Regolamento CONSOB n. 12697/2000.

A conclusione del motivo la ricorrente chiede che venga affermato il principio di diritto che anche con riferimento ai procedimenti sanzionatori promossi dalla CONSOB ex art. 195 TUF, 1) il dies a quo del procedimento amministrativo coincide inderogabilmente, nel rispetto del disposto di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2, comma 2 con la data di formale contestazione degli addebiti, mentre il rinvio alla competenza determinativa delle pubbliche amministrazioni riguarda esclusivamente ed espressamente il termine entro cui ciascun tipo di procedimento deve concludersi ; 2) la consumazione del termine che l’Amministrazione si è autoassegnata L. n. 241 del 1990, art. 2, comma 2 per la conclusione del procedimento sanzionatorio ex art. 195 TUF comporta la decadenza dal potere di esercitare l’azione sanzionatoria e l’esaurimento – consumazione del potere stesso, il che è motivo di vizio del provvedimento tardivo, che deve ritenersi non conforme al dettato legislativo e quindi annullabile.

2.4. Con il quarto motivo – rubricato violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 2, comma 2, e del D.M. n. 304 del 1992, nonchè dell’art. 195 TUF – la ricorrente principale lamenta la illegittimità del decreto per violazione, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, del termine di conclusione del procedimento amministrativo (L. n. 241 del 1990, art. 2, comma 2, in combinato disposto con il D.M. 23 marzo 1992, n. 304), con riferimento ad alcuni esponenti aziendali ed inefficacia parziale della ingiunzione per mancata o tardiva notifica del decreto, chiedendo che vengano affermati i seguenti principi : la consumazione del termine che il Ministero si è autoassegnato L. n. 241 del 1990, ex art. 2, comma 2, per la conclusione del procedimento sanzionatorio ex art. 195 TUF comporta la decadenza dal potere di esercitare l’azione sanzionatoria e l’esaurimento-consumazione del potere stesso, il che è motivo di vizio del provvedimento tardivamente notificato, che deve ritenersi non conforme al dettato legislativo e quindi annullabile; nei procedimenti sanzionatori ex art. 195 TUF, la tardiva notifica del provvedimento sanzionatorio ai singoli destinatari della sanzione può essere fatta valere da ciascuno di essi in quanto dotati della necessaria legittimazione ad agire; in caso di annullamento, il provvedimento sanzionatorio perde efficacia anche nei confronti del responsabile in solido; l’obbligo di regresso dell’intermediario di cui all’art. 195, comma 9, del TUF presuppone che la violazione e la correlativa sanzione si sia resa definitiva o con la conclusione del giudizio di opposizione ovvero con la mancata instaurazione dello stesso nei termini previsti, il che presuppone l’avvenuta notificazione del provvedimento sanzionatorio a ciascun interessato; pertanto, nel caso in cui l’intermediario non possa esercitare il regresso in quanto il provvedimento sanzionatorio non risulta essere stato notificato ad uno o più destinatari della sanzione, il pagamento della relativa sanzione non gli potrà essere legittimamente imposto.

2.5. Con il quinto motivo – rubricato violazione falsa applicazione del divieto di retroattività della sanzione amministrativa di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 1, comma 1, in relazione alla violazione dell’art. 21 TUF e dell’art. 56 del regolamento CONSOB n. 11522/1998 – la ricorrente chiede che si affermi il principio che l’art. 21, comma 1, lett. d), TUF richiede all’intermediario di adottare procedure "idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi"; lo stesso TUF delega la CONSOB a disciplinare con regolamento "le procedure relative ai servizi prestati" (art. 6, comma 2, del TUF). Al riguardo, l’art. 56 del regolamento CONSOB n. 11522/1998, fino all’agosto 2002, si limitava ad imporre la definizione di procedure idonee a ricostruire le modalità, i tempi e le caratteristiche dei comportamenti posti in essere nella prestazione dei servizi, mentre l’obbligo – ulteriore e non meramente esplicativo dell’art. 21, comma 1, lett. d), TUF – di dotarsi di "procedure idonee ad assicurare l’ordinata e corretta prestazione dei servizi" è stato introdotto solamente con delibera n. 13710 del 6 agosto 2002, in vigore dal successivo 18 agosto; l’assenza, precedentemente al 18 agosto 2002, di procedure idonee ad assicurare l’ordinata e corretta prestazione dei servizi non è pertanto sanzionabile.

2.6. Con il sesto motivo – rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 1, lett. e) TUF e dell’art. 27 del Regolamento Intermediari in relazione alla qualificazione della fattispecie di conflitto di interesse rilevante ai fini della normativa di settore – la ricorrente principale chiede a questa Corte di affermare che nell’ambito della prestazione alla clientela del servizio di negoziazione per conto proprio o per conto terzi da parte di un intermediario abilitato, non costituisce per l’intermediario negoziatore una ipotesi di conflitto di interessi rilevante ai sensi della normativa di settore e sottoposta all’obbligo di informativa al cliente (art. 21, comma 1, lett. e, TUF e art. 27 Regolamento CONSOB n. 11522/1998): 1) l’aver finanziato il soggetto emittente i titoli oggetto di negoziazione in quanto, essendo tali titoli già emessi e sottoscritti, la struttura economico-patrimoniale dell’emittente risulta indifferente ai successivi scambi dei detti titoli sul mercato secondario; 2) l’aver partecipato al consorzio di collocamento dei titoli oggetto di negoziazione in quanto, nel caso in cui la negoziazione dei titoli sia successiva all’avvenuta positiva conclusione del collocamento, gli eventuali obblighi assunti dall’intermediario relativamente al collocamento risultano già venuti meno.

3. Con il proprio ricorso incidentale il Ministero denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 195 TUF, dell’art. 2650 cod. civ. e del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58 formulando conclusivamente il seguente quesito di diritto: l’art. 2650 c.c. e 58 del T.U.B. devono trovare applicazione ai fini dell’applicazione della disciplina prevista dall’art. 195 del T.U.F. laddove tra il momento della violazione e quello dell’applicazione della sanzione amministrativa sia intervenuta una cessione d’azienda.

4. Con il proprio ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento del ricorso incidentale del Ministero, Banca di Roma s.p.a. svolge motivi coincidenti con quelli articolati nel ricorso principale.

5. Con il controricorso in replica al ricorso incidentale di Banca di Roma s.p.a., la CONSOB, per l’eventualità che venga accolto il ricorso proposto dal Ministero e che, quindi, debba essere preso in esame il ricorso incidentale condizionato proposto da Banca di Roma s.p.a., propone a sua volta le medesime deduzioni e difese di cui al controricorso relativo al ricorso di Capitalia s.p.a..

6. Il primo motivo del ricorso principale è fondato, alla luce del principio, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, che il Collegio condivide ed al quale intende dare continuità, per cui in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, l’obbligatorietà dell’azione di regresso prevista dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195, comma 9, nei confronti del responsabile, comporta, anche in ragione dell’efficacia che nel relativo giudizio è destinata a spiegare la sentenza emessa nei confronti della società o dell’ente cui appartiene, che, anche qualora l’ingiunzione di pagamento sia emessa soltanto nei confronti della persona giuridica, alla persona fisica autrice della violazione dev’essere riconosciuta un’autonoma legittimazione ad opponendum, che le consenta tanto di proporre separatamente opposizione quanto di spiegare intervento adesivo autonomo nel giudizio di opposizione instaurato dalla società o dall’ente, configurandosi in quest’ultimo caso un litisconsorzio facoltativo, e potendosi nel primo caso evitare un contrasto di giudicati mediante l’applicazione delle ordinarie regole in tema di connessione e riunione di procedimenti (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2009, n. 20929).

6.1. In motivazione, le Sezioni Unite, dopo aver descritto tutto l’iter procedimentale relativo all’applicazione delle sanzioni e quello del giudizio di opposizione, hanno rilevato che le norme di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 6, 145 e 195 introducono la responsabilità solidale della persona giuridica, ma soltanto quelle concernenti il settore finanziario e bancario impongono a questa di agire in regresso contro l’autore della violazione onde ottenere dalla persona fisica, autrice dell’illecito, il rimborso della somma pagata. Ricordate, quindi, le diverse tesi succedutesi nel tempo, le Sezioni Unite hanno esaminato poi il delicato problema della legittimazione attiva nel procedimento di cui all’art. 195 cit. con riguardo alla persona fisica, autrice della violazione, sanzionata ma non direttamente ingiunta, pervenendo alla conclusione che quest’ultima abbia la legittimatio ad opponendum e la posizione processuale del litisconsorte facoltativo per la seguente motivazione :

Dalle considerazioni sinora esposte ne deriva, sul piano tanto sostanziale quanto procedimentale: – che il tipo di interesse riconducibile alla persona fisica non può in alcun modo definirsi "di mero fatto", attesane, da un canto, la qualità di destinataria diretta della sanzione pecuniaria, dall’altro, la immediata sottoposizione alla sanzione accessoria della pubblicazione della sanzione stessa nei modi e nelle forme di legge; che l’interesse di cui il soggetto risulta portatore è, viceversa, interesse effettivo ed attuale, giuridicamente rilevante, all’accertamento negativo dei presupposti degli illeciti a lui addebitati nell’ambito procedimentale sanzionatorio che precede il giudizio di opposizione:

tale interesse ne legittima tanto un’autonoma ed originaria facoltà di proporre opposizione, quanto un successivo intervento in giudizio – ove l’opposizione stessa sia stata già proposta dalla persona giuridica (giusta la correlazione funzionale fra litisconsorzio originario ex art. 103 c.p.c. e litisconsorzio successivo ex artt. 105, 106 e 107 c.p.c.); che la persona fisica ha diritto ad opporsi al provvedimento sanzionatorio dell’autorità senza che ciò implichi l’esigenza o l’opportunità del litisconsorzio necessario (…) potendosi riconoscere il diritto di impugnazione e di intervento a tutti gli interessati senza per questo giungere alla necessità dell’integrazione del contraddittorio, soluzione che, sul piano funzionale, apparirebbe, oltretutto, in aperto contrasto sia con la stessa ratio legis del D.Lgs. n. 58 del 1998 (che postula, di converso, una ineludibile celerità di definizione della vicenda sanzionatoria), sia con i principi generali in tema di obbligazioni solidali (nei confronti di tutti gli esponenti aziendali che non abbiano utilizzato tali facoltà); che la fattispecie del litisconsorzio facoltativo è del tutto compatibile con il riconoscimento della legittimazione attiva anche degli autori materiali dell’illecito. L’esigenza – peraltro, meramente teorica – di assicurare una corretta informazione agli esponenti aziendali in ordine all’esistenza di una procedura amministrativa a loro carico e di un eventuale giudizio di opposizione intrapreso dalla società è sufficientemente garantita ex lege quanto al suo primo aspetto – poichè detti autori materiali sono chiamati a partecipare al procedimento amministrativo di accertamento che ha inizio con "la contestazione degli addebiti agli interessati" (D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, comma 2), in seno al quale hanno il diritto di intervenire ed esercitare il diritto di difesa previo accesso agli atti -, ed è assai facilmente raggiungibile, quanto al secondo profilo, attraverso l’esplicazione di una elementare attività di informazione da parte degli interessati presso gli organi sociali competenti ad introdurre la lite.

Le Sezioni Unite hanno quindi rilevato che, ove non si ammettesse la legittimazione processuale delle persone fisiche autrici degli illeciti, sarebbero conseguenziali gli effetti del giudicato destinati a riverberarsi sulla successiva azione di regresso per cui, comminata la sanzione ai soggetti ritenuti autori delle violazioni, e però ingiunto il pagamento soltanto alla persona giuridica solidalmente responsabile con essi, allorchè questa, esaurite le proprie difese nel corso del procedimento amministrativo e poi del giudizio di opposizione, abbia pagato la sanzione, all’autore materiale del fatto non resterà che pagare in rimborso l’intero (salve limitate eccezioni personali che abbia da opporre alla società, ad esempio di compensazione), senza che egli possa più far valere alcun argomento circa l’illegittimità della sanzione nel corso del giudizio che lo veda convenuto dall’ente con l’azione di regresso.

Le Sezioni Unite hanno quindi osservato che la disamina che precede va condotta a conclusione nei sensi che seguono: a) alla persona fisica destinataria della sanzione, ma non ingiunta del pagamento, va riconosciuta una autonoma legitimatio ad opponendola, concretantesi tanto nella facoltà di proporre autonoma opposizione quanto nel diritto di spiegare intervento litisconsortile nel giudizio instaurato dalla società; b) il rapporto processuale che si instaura tra la società e le persone fisiche intervenute nel giudizio di opposizione è di tipo litisconsortile facoltativo, sub specie dell’intervento adesivo autonomo; c) nell’ipotesi di proposizione di diverse opposizioni, in via autonoma, tanto da parte della società quanto da parte della persona fisica, soccorrono, al fine di evitare ipotetici contrasti tra giudicati, le ordinarie regole processuali in tema di connessione e riunione di procedimenti; d) nell’ipotesi di inerzia da parte della persona fisica rispetto al giudizio di opposizione intentato dalla società, il giudicato formatosi in quel processo spiega effetti nel successivo giudizio di regresso quanto ai fatti accertati (con conseguente preclusione delle eccezioni c.d.

"reali"), salva l’opponibilità di eccezioni personali; e) nell’ipotesi di mancata opposizione da parte della società (e di pagamento della sanzione inflitta), nessuna preclusione si verifica, di converso, in seno al giudizio di regresso, ove la persona fisica potrà spiegare tutte le opportune difese (anche) sul merito della sanzione.

6.3. Tutto ciò premesso, questo Collegio ritiene di dover accogliere il primo motivo di ricorso sulla base del principio espresso dalle Sezioni Unite a conclusione delle argomentazioni sopra riportate.

7. Il Collegio ritiene che l’accoglimento del primo motivo renda superfluo l’esame delle altre censure che possono considerarsi assorbite. Invero, la conseguenza dell’accoglimento del ricorso proposto dalle persone fisiche, alle quali la Corte d’appello aveva negato la legittimazione all’opposizione, ad avviso del Collegio non può essere altra che la caducazione del provvedimento impugnato con effetto nei confronti di tutte le parti, e quindi anche per la parte in cui è stato rigettato il ricorso di Capitalia s.p.a..

Orientano a tale conclusione, peraltro già praticata da questa Corte nella sentenza n. 14406 del 2010, sia pure senza una specifica motivazione sul punto (l’esame degli altri motivi del ricorso proposto dall’istituto di credito e dagli esponenti aziendali, dei quali la Corte d’appello aveva in quel caso escluso la legittimazione, è stato ritenuto assorbito dall’accoglimento del primo motivo attinente alla legittimazione ad opponendum degli esponenti aziendali), i seguenti rilievi.

Invero, ove così non fosse, nel giudizio di rinvio che farà seguito alla presente decisione per effetto dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, l’accertamento in ordine alla esistenza delle contestate violazioni, conseguente all’eventuale rigetto dei motivi di ricorso proposti dall’istituto di credito, l’unico nei confronti del quale la Corte d’appello abbia pronunciato sul merito dell’opposizione, non potrà non incidere anche sulla posizione degli esponenti aziendali, i quali, pur avendo manifestato la volontà di opporsi al provvedimento sanzionatorio e pur avendolo fatto unitamente all’istituto di credito, sono stati erroneamente ritenuti non legittimati alla partecipazione al giudizio di opposizione.

Per effetto della statuizione della Corte d’appello si è venuta a creare una singolare situazione. Da un lato, gli e-sponenti aziendali – che pure avevano manifestato la volontà di opporsi al provvedimento sanzionatorio – sono stati erroneamente esclusi dal giudizio in quanto ritenuti carenti di legittimatio ad opponendum dall’altro, la infondatezza dei motivi di opposizione proposti anche dagli esponenti aziendali -esaminati dalla Corte d’appello per rispondere alle medesime censure proposte dall’istituto di credito – è stata accertata dalla Corte d’appello. La statuizione sul punto è stata censurata sia dall’istituto di credito che dagli esponenti aziendali. E’ evidente, peraltro, che le censure mosse in proposito dagli esponenti aziendali non possono in questa sede essere esaminate, atteso che l’avvenuta dichiarazione di inammissibilità del ricorso in opposizione da loro proposto rende la statuizione nel merito a loro non opponibile.

Ammissibili sarebbero invece le censure svolte in ordine alla statuizione sul merito della opposizione dall’istituto di credito.

Peraltro, la utilità del giudizio di opposizione in sede di rinvio con riferimento alla posizione degli esponenti aziendali, potenziali destinatari dell’azione di regresso da parte dell’istituto di credito nel caso in cui il ricorso di quest’ultimo venisse rigettato, con conseguente definitività dell’accertamento di responsabilità in ordine alle violazioni oggetto del provvedimento sanzionatorio, verrebbe del tutto frustrata, nel senso che – in disparte eventuali eccezioni di tipo personale – gli esponenti medesimi sarebbero soggetti all’azione di regresso scaturente dal passaggio in giudicato della decisione di rigetto della opposizione nei confronti dell’istituto di credito. Ove invece si volesse ritenere non opponibile agli esponenti aziendali il giudicato formatosi nei confronti dell’istituto di credito, si ammetterebbe la possibilità di un inammissibile conflitto di giudicati.

La eventualità di un simile conflitto induce quindi a ritenere assorbite le censure proposte dall’istituto di credito, nel senso che nel giudizio di rinvio, con la partecipazione degli esponenti aziendali che hanno espresso la volontà oppositiva e dell’istituto di credito, possa procedersi ad un nuovo esame della opposizione, il cui provvedimento conclusivo sia opponibile a tutte le parti del giudizio stesso.

Il vulnus arrecato al diritto di difesa degli esponenti aziendali non può quindi essere eliminato in altro modo che attraverso la caducazione del provvedimento giurisdizionale che, rigettando l’opposizione proposta dall’istituto di credito, è inevitabilmente destinato a precludere un diverso accertamento con riferimento alla posizione dei soggetti erroneamente dichiarati non legittimati all’opposizione congiuntamente proposta all’istituto di credito.

8. L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, con assorbimento degli altri motivi, non determina, invece, l’assorbimento del ricorso incidentale proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, volto a censurare l’autonomo capo del decreto della Corte d’appello di Roma con cui è stata accolta l’opposizione proposta dalla "nuova" Banca di Roma s.p.a., cessionaria del ramo di azienda della "vecchia" Banca di Roma s.p.a.

ed è stata annullata l’ingiunzione di pagamento emessa nei confronti della detta società.

8.1. Il ricorso incidentale del Ministero dell’economia e delle finanze è peraltro infondato, atteso che non attinge la ratio decidendi del provvedimento impugnato. La Corte d’appello, invero, premesso che la contestazione dell’obbligo solidale era stata fatta nel provvedimento sanzionatorio in modo alternativo a Capitalia s.p.a. e alla "nuova" Banca di Roma s.p.a. (già Minghetti Finanziaria s.p.a.) e che quindi era compito del giudice dell’opposizione individuare quale dei due istituti destinatari del provvedimento sanzionatorio dovesse essere effettivamente ritenuto responsabile in via solidale per le violazioni accertate, ha espressamente interpretato il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, comma 9, ponendo l’accento sul fatto che la detta disposizione prevede la responsabilità solidale delle società e degli enti ai quali gli autori delle violazioni "appartengono", valorizzando quindi il legame esistente tra la persona fisica autrice della violazione e l’istituto di appartenenza della stessa al momento della violazione.

Peraltro, l’amministrazione ricorrente in via incidentale non si pone il problema del significato da attribuire alla previsione, contenuta sia nell’art. 2560 c.c., comma 2, sia nel D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58 secondo cui il cessionario in tanto risponde delle obbligazioni del cedente, in quanto queste risultino dai libri contabili obbligatori, e non deduce che la detta circostanza era acquisita agli atti del giudizio di opposizione.

8.2. Il ricorso incidentale del Ministero dell’economia e delle finanze va rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale di Banca di Roma s.p.a..

Nei rapporti tra tali due parti le spese del giudizio possono essere compensate, in considerazione della mancanza di orientamenti di legittimità al momento della proposizione del ricorso.

9. In conclusione, accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, rigettato il ricorso incidentale del Ministero, con assorbimento del ricorso incidentale di Banca di Roma s.p.a., il decreto impugnato va cassato limitatamente alle statuizioni riguardanti la declaratoria del difetto di legittimazione degli esponenti aziendali e alla reiezione della opposizione proposta da Capitalia s.p.a., ferma la statuizione relativa all’accoglimento della opposizione proposta dalla "nuova" Banca di Roma s.p.a..

La cassazione va disposta con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, la quale procederà a nuovo esame delle opposizioni proposte dagli esponenti aziendali e da Capitalia. Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri; rigetta il ricorso incidentale del Ministero dell’economia e delle finanze e dichiara assorbito il ricorso incidentale di Banca di Roma s.p.a., compensando tra queste due parti le spese del giudizio di legittimità; cassa il decreto impugnato in relazione accolto e alla statuizione di rigetto dell’opposizione di Capitalia s.p.a; rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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