Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2013) 27-02-2013, n. 9421

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Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 10.5.2011, la Corte d’appello di Reggio Calabria accoglieva solo parzialmente l’opposizione avanzata da A. A. e dalla moglie G.S. avverso il provvedimento di sequestro preventivo e confisca di alcuni veicoli loro intestati, nonchè del conto corrente che portava la somma di Euro 78.000, su cui la G. risultava delegata ad operare, provvedimenti ablatori questi seguiti alla condanna ad anni cinque di reclusione dell’ A. per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., in adempimento del disposto del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, attesa la modestia dei redditi dichiarati dai prevenuti.
La corte territoriale riteneva provato che sul conto fossero confluiti i redditi da pensione della madre della G., a favore della quale disponeva la restituzione del conto corrente; riteneva poi che dalla documentazione prodotta dall’ A. emergeva una redditività pari a Euro 15.000 negli anni 2001/2007 che poteva giustificare gli acquisti del motociclo Piaggio, delle due auto XXX (Panda e Punto) e dell’autovettura XXX, ma non la titolarità dell’autovettura XXX Golf 2.0 TDI, intestata a G. S., per il cui acquisto venne spesa una cifra maggiore rispetto a quella percepita a titolo di reddito dal ricorrente in un intero anno.
2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso in cassazione la difesa per dedurre nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 321 c.p.p., D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, nonchè per illogicità ed erroneità della motivazione. Secondo la difesa, sarebbe emerso da due dichiarazioni allegate al ricorso che la provvista di denaro occorsa per l’acquisto della vettura suindicata ebbe a derivare dalla vendita di altre due autovetture per Euro 27.000.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile in quanto volto a sollecitare una valutazione di merito, tra l’altro sulla base di atti che non furono sottoposti all’attenzione del primo giudice e che non furono apprezzati nella sede propria, con la conseguenza che non possono essere indicati come prova di inadeguatezza del discorso giustificativo.
La rivalutazione sollecitata non è ammessa in sede di legittimità, tanto più a fronte di un’adeguata motivazione sulla ritenuta sproporzione che è stata basata su dati obiettivi.
Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa dei ricorrenti, consegue la condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in euro mille a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2013

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