Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-08-2012, n. 14205

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Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 31.7.06 la Corte d’appello di Salerno rigettava il gravame interposto dalla S.r.l. XXX contro la pronuncia del Tribunale della stessa sede che – sia pure con diversa motivazione – ne aveva respinto l’opposizione proposta in contraddittorio dell’INPS e della ETR S.p.A. (società concessionaria del servizio di riscossione) alla cartella esattoriale n. (OMISSIS) con cui era stato chiesto alla società opponente il pagamento di Euro 524.507,16 per omesso versamento di contributi nell’arco di tempo compreso fra il gennaio 1999 ed il dicembre 2001.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la S.r.l. XXX affidandosi ad otto motivi.
L’INPS ha depositato procura in calce alla copia notificata del ricorso e ha discusso in udienza.
La ETR S.p.A. è rimasta intimata.
All’odierna udienza questa S.C. ha ordinato la riunione al presente giudizio, per connessione oggettiva e soggettiva, di quello recante il n. 26716/08 R.G..
Quest’ultimo trova la propria scaturigine nella sentenza depositata il 31.10.07 con cui la Corte d’appello di Potenza rigettava il gravame interposto dall’INPS (anche quale mandatario della S.C.CI. S.p.A.) contro la sentenza de Tribunale della stessa sede che aveva accolto l’opposizione proposta dalla S.r.l. XXX alla cartella esattoriale n. (OMISSIS) – vale a dire la stessa di cui si controverte nel giudizio n. 22099/07 – emessa nei confronti di tale società dalla ETR S.p.A. (concessionaria dell’INPS per il servizio di riscossione per la Provincia di Salerno) per indebiti sgravi contributivi.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’INPS affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso la S.r.l. XXX. Il ricorso è stato notificato anche alla SEM. S.p.A., che è rimasta intimata.
La S.r.l. XXX ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1.1. In via preliminare è da respingersi l’eccezione di improcedibilità del ricorso dell’INPS sollevata dalla difesa della S.r.l. XXX sull’erroneo presupposto che il termine di 20 giorni di cui all’art. 369 c.p.c. per il deposito del ricorso per cassazione nella cancelleria della Corte decorra non dall’ultima notificazione, bensì dalla consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare.
L’assunto è infondato vuoi perchè contrario al dato letterale della norma, vuoi perchè l’applicazione del principio di cui al nuovo testo dell’art. 149 c.p.c. e alla sentenza n. 477/02 della Corte cost. (invocata nella memoria ex art. 378 c.p.c. della predetta società) produrrebbe nel caso di specie effetti paradossalmente antitetici rispetto agli scopi perseguiti dalla pronuncia della Consulta, penalizzando la parte che – senza propria colpa – si sia trovata nell’impossibilità di depositare il ricorso nei 20 giorni a cagione di ritardi nella notifica a lei non imputabili.
1.2. Ancora preliminarmente appare opportuno trattare il primo motivo del ricorso recante il n. 26716/08, con cui l’INPS lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 273 c.p.c. per avere la sentenza della Corte d’appello di Potenza omesso di dichiarare la litispendenza rispetto all’altro procedimento promosso davanti all’A.G. di Salerno, sempre dalla S.r.l. XXX, per l’opposizione alla medesima cartella esattoriale (ossia rispetto all’odierno procedimento innanzi a questa S.C., recante il n. 22099/07 R.G.).
Il motivo va disatteso perchè la litispendenza, pur sussistente in sede di merito (essendo stata impugnata davanti alle A.G. di Salerno e Potenza pur sempre la stessa cartella esattoriale, a nulla rilevando che essa scaturisse da ruoli emessi da diversi uffici territoriali), ad ogni modo non è più ravvisabile nel momento in cui i due giudizi giungono innanzi a questa Corte (noto essendo che ex art. 39 c.p.c. la litispendenza presuppone la pendenza della stessa causa davanti a giudici diversi) e vengono simultaneamente trattati grazie alla disposta riunione.
1.3. Sempre preliminarmente è appena il caso di notare che, quanto a quella parte della domanda della S.r.l. XXX non esaminata in prime cure dal Tribunale di Potenza (che aveva annullato la cartella esattoriale solo per l’ammontare complessivo di Euro 424.649,27 senza null’altro statuire in ordine ai restanti importi), l’omessa pronuncia sul punto esclude il formarsi di cosa giudicata.
2.1. Si esamina ora, il ricorso recante il n. 22099/07 R.G..
Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale statuito la correttezza dell’iscrizione a ruolo nonostante che la stessa sia avvenuta senza riferimento all’atto di accertamento e senza motivazione, in violazione del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12 e il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 18 nonchè senza indicazione degli estremi dell’atto di accertamento e della data di sua notifica.
Il motivo e il relativo quesito sono inammissibili perchè incongrui rispetto alla ratio deciderteli dell’impugnata sentenza, la quale – lungi dallo statuire quanto addebitatole dalla società ricorrente – ha invece espressamente dato atto che la cartella esattoriale contiene l’indicazione degli enti da cui promana l’iscrizione a ruolo, l’analitica imputazione delle somme pretese e il loro riepilogo per anni e causale.
A ciò è appena il caso di aggiungere, per mera completezza espositiva, che la cartella deve contenere solo l’indicazione sintetica degli elementi in base ai quali è stata effettuata l’iscrizione a ruolo e che, con pronuncia 25.5.11 n. 11466, questa S.C. ha già avuto modo di statuire che per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, D.P.R. 29 novembre 1973, n. 602, ex art. 25 non è neppure indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente e al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione dell’atto, in modo da soddisfare l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti. A tale interpretazione non è di ostacolo la previsione contenuta nel cit. D.M. 3 settembre 1999, n. 321, art. 1, comma 2 e art. 6, comma 1 (che nel caso di iscrizione a ruolo o di cartella che conseguano ad un atto precedentemente notificato, richiede l’indicazione degli "estremi di tale atto e la relativa data di notifica"), in quanto essa va letta in combinato disposto con le norme primarie contenute in via generale nello Statuto del contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 3) e, poi, con specifico riferimento ai ruoli e alle cartelle nel D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 8, comma 1, lett. a), che ha modificato il D.P.R. n. 602 cit., artt. 1 e 12 -, ove ci si limita a richiedere che gli atti da ultimo indicati contengano "il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa".
2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 nella parte in cui l’impugnata sentenza ha ritenuto che il ricorso amministrativo contro l’accertamento effettuato dall’ufficio non sospenda l’iscrizione a ruolo fino alla decisione del ricorso medesimo.
Il motivo è infondato: questa Corte ha già affermato (cfr. Cass. 26.1.10 n. 1584; Cass. 14.10.09 n. 21791) che in tema di riscossione dei contributi previdenziali mediante ruolo, ove sia stato proposto ricorso in via amministrativa contro l’accertamento ispettivo, l’iscrizione, in virtù di quanto previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 4 deve comunque avvenire, a pena di decadenza, entro i termini previsti dall’art. 25 del cit. D.Lgs., restando in capo all’ente solo la facoltà di sospendere, con provvedimento motivato, la riscossione.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25 nella parte in cui l’impugnata sentenza ha rigettato l’eccezione di decadenza dall’iscrizione a ruolo che, a fronte di un accertamento notificato il 21.12.01, doveva essere effettuata entro il 31.12.02.
Anche tale motivo e il relativo quesito sono inammissibili perchè incongrui, non confutando la ratio decidendi (proroga disposta L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 38, comma 8 secondo cui "Le disposizioni contenute nell’art. 25 si applicano ai contributi e premi non versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1 gennaio 2003") in forza della quale l’impugnata sentenza ha disatteso l’eccezione di decadenza.
2.4. Con il quarto motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 4 per nullità dell’iscrizione a ruolo dovuta a mancata sottoscrizione da parte del titolare dell’ufficio.
Il motivo – anche a tacer d’altro – è inammissibile perchè nuovo, non essendo stato fatto valere nè in appello e neppure in sede di ricorso introduttivo dell’opposizione.
2.5. Con il quinto motivo si lamenta violazione degli artt. 2697, 2699, 2700 e 2702 c.c. e art. 116 c.p.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha fondato la propria decisione su verbali ispettivi – le cui conclusioni sono state contestate dalla XXX S.r.l. – che non specificano i nominativi dei lavoratori che si ritiene siano stati assunti prima della vigenza degli sgravi controversi, senza indicazione di tempi e luoghi della loro occupazione presso cantieri aperti fuori dei territori di cui al D.P.R. n. 218 del 1978, art. 1.
Analoga doglianza si fa valere, sotto il profilo del vizio di motivazione, nel sesto motivo di ricorso.
Tali motivi sono estranei all’area di cui all’art. 360 c.p.c. perchè in essi, in realtà, si sollecita un diverso apprezzamento in punto di fatto di risultanze documentali esaminate dall’impugnata sentenza, basatasi su analitici esiti descritti nei verbali redatti il 1.3.01 e il 9.6.01, a loro volta frutto di precisa disamina della documentazione presente sui cantieri della società ricorrente.
Non è compito di questa S.C. condividere o meno valutazioni in punto di fatto correttamente motivate dai giudici del merito con argomentazioni che oggi la società ricorrente contesta osservando, tra l’altro, che il verbale di accertamento sarebbe stato del tutto carente quanto ad indicazione dei lavoratori, dei cantieri e dei periodi di occupazione per i quali non vi sarebbe stato diritto allo sgravio, di guisa che l’ente previdenziale non avrebbe assolto al proprio onere probatorio in relazione ai fatti posti a fondamento della pretesa restitutoria, tanto più considerando il limitato valore dimostrativo che viene attribuito dalla giurisprudenza ai verbali di accertamento redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’Ispettorato del lavoro in relazione alle circostanze di fatto che i funzionali stessi segnalino di avere accertato nel corso dell’inchiesta, ma che non sono, tuttavia, avvenute alla loro presenza.
Tali censure non possono trovare accoglimento, atteso che la decisione della Corte d’appello di Salerno, oltre che congruamente motivata, è conforme ai principi espressi dalle S.U. di questa Corte con sentenza n. 18046 del 4.8.2010 (seguita da numerose altre, fra cui, più di recente, Cass. n. 198/2011), secondo cui ove l’accipiens chieda l’accertamento negativo della sussistenza del diritto dell’istituto previdenziale a ripetere quanto indebitamente corrisposto a titolo di prestazione previdenziale e, quindi, del suo obbligo di restituire quanto percepito, si versa in una situazione in cui l’attore deduce necessariamente in giudizio il diritto alla prestazione già ricevuta, ossia un titolo che consente di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dal convenuto, sicchè è l’accipiens medesimo a dover provare i fatti costitutivi di tale diritto (e non l’istituto previdenziale a dover provare i presupposti dell’indebito).
Per quanto riguarda più specificamente la materia in esame, questa Corte Suprema ha già avuto modo di affermare reiteratamente il principio (cui deve darsi continuità) secondo cui, in tema di sgravi contributivi, incombe sull’impresa che li rivendichi l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti, vale a dire il ricorrere dei presupposti fattuali in presenza dei quali possa ritenersi che, nel loro effettivo svolgimento, i rapporti lavorativi siano tali da consentire il beneficio in questione (cfr, e plurima, Cass. n. 21898/2010; Cass. n. 29324/2008; Cass. n. 16351/2007; Cass. n. 5137/2006).
Le argomentazioni che precedono danno conto, allo stesso tempo, della fondatezza del secondo motivo del ricorso proposto dal l’INPS (recante il n. 26716/08 R.G.) contro la sentenza 31.10.07 della Corte d’appello di Potenza, con cui l’istituto previdenziale deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione alla L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 5 laddove i giudici lucani hanno ritenuto – contrariamente alla giurisprudenza di questa S.C. – che incombesse sull’istituto previdenziale l’onere di provare l’insussistenza in punto di fatto dei presupposti degli sgravi contributivi fruiti dalla S.r.J. XXX ai sensi della norma citata.
2.6. Con il settimo motivo del ricorso recante il n. 22099/07 R.G. la società ricorrente lamenta violazione dell’art. 420 c.p.c., e segg.
e dell’art. 433 c.p.c. e segg. per mancata ammissione dei mezzi di prova chiesti in prime cure e ribaditi in appello.
Analoga censura viene fatta valere sotto il profilo del vizio di motivazione con l’ottavo e ultimo motivo di ricorso.
Tali doglianze sono infondate.
Il giudizio sull’idoneità della specificazione dei fatti dedotti nei capitoli di prova costituisce apprezzamento di merito non suscettibile di sindacato in sede di giudizio di cassazione, se correttamente motivato (cfr., ex aliis, Cass. n. 2201/2007).
Nella specie, la Corte d’appello di Salerno ha motivato il rigetto delle istanze istruttorie sul rilievo della loro genericità e tale statuizione non è assoggettabile alle censure che le vengono mosse in questa sede, peraltro – anche qui – in modo del tutto indefinito e senza che vengano in alcun modo chiarite, in particolare, eventuali lacune argomentative del procedimento logico posto a base della decisione.
2.7. In conclusione, il ricorso della S.r.l. XXX (recante il n. 22099/07 R.G.) è da rigettarsi, mentre va accolto il secondo motivo del ricorso dell’INPS (contrassegnato dal n. 26716/08 R.G.), il che importa, oltre all’assorbimento del terzo motivo del ricorso medesimo (con il quale l’istituto previdenziale ha denunciato violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 5 e art. 38, comma 5 nonchè D.P.R. n. 218 del 1998, art. 59 per avere l’impugnata sentenza ravvisato nel caso di specie i presupposti normativi del diritto agli sgravi previsti dal cit. art. 3, nonostante che essi non spettassero alle aziende operanti nei territori del Mezzogiorno per le attività svolte dai loro dipendenti al di fuori dei territori medesimi), la cassazione senza rinvio della sentenza 31.10.07 della Corte d’appello di Potenza.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza della S.r.l. XXX. Non è dovuta pronuncia sulle spese riguardo alla ETR S.p.A. e alla SEM S.p.A., che non hanno svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso della S.r.l. XXX, accoglie il secondo motivo del ricorso dell’INPS, cassa senza rinvio la sentenza impugnata emessa dalla Corte d’appello di Potenza e condanna la S.r.l. XXX a pagare all’INPS le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per onorari, oltre accessori di legge, nonchè le spese dei giudizi di merito dell’opposizione proposta innanzi al Tribunale di Potenza e sè successivo appello, liquidate per il primo grado in Euro 2.000,00 per onorari, Euro 1.000,00 per diritti ed Euro 50,00 per esborsi e, per il secondo grado, in Euro 2.500,0 per onorari, Euro 1.200,00 per diritti ed Euro 50,00 per esborsi, sempre oltre accessori di legge.
Nulla spese riguardo alla ETR S.p.A. e alla SEM S.p.A..
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2012

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