Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-08-2012, n. 14202

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Svolgimento del processo
1. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 6740/08, pronunciando sulle impugnazioni proposte da S.G. nei confronti della società XXX srl, e da quest’ultima contro il S., avverso la sentenza n. 8738 del 2003 del Tribunale di Roma, accoglieva l’appello principale e quello incidentale e, in riforma della sentenza appellata, statuiva quanto segue:
condannava la suddetta società a pagare al S. la somma complessiva di Euro 32.240,79, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, dalla maturazione di ciascun credito al saldo;
condannava il S. al pagamento, in favore della società XXX, della somma di Euro 773,48, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione del credito al saldo;
compensava per metà fra le parti le spese del doppio grado giudizio ponendo il resto a carico dell’appellante.
2. Il S. aveva adito il Tribunale di Roma esponendo:
che aveva lavorato per la suddetta società dal 24 gennaio 1992 al 28 febbraio 1997;
che aveva svolto le mansioni di cuoco;
che aveva pattuito la retribuzione di lire 4.000.000 mensili;
che aveva osservato un orario di lavoro dalle 10 alle 15,30 e dalle 18,30/19,00 alle 24/1 per sei giorni alla settimana;
che il rapporto di lavoro si era estinto per mutuo consenso;
che era rimasto creditore della somma di lire 220.788.584 a titolo di 13 e 14 mensilità, straordinario, lavoro festivo e TFR. Chiedeva il pagamento delle suddette somme, oltre accessori di legge e con vittoria di spese.
3. Il Tribunale rigettava il ricorso del S., nonchè la domanda riconvenzionale proposta dalla società volta alla condanna del S. al pagamento dell’indennità di mancato preavviso, per le dimissioni date dal lavoratore medesimo.
4. L’appello principale del lavoratore verteva sul capo della sentenza che aveva ritenuto compreso nella retribuzione mensile anche il compenso per il lavoro straordinario in misura forfetizzata.
L’appello incidentale della società verteva sul mancato accoglimento della domanda di condanna al pagamento dell’indennità di mancato preavviso per le dimissioni date dal lavoratore.
5. La Corte d’Appello, per quanto qui d’interesse, affermava di non condividere la decisione del Tribunale secondo il quale nella somma di lire 4.000.000 mensile era compreso, in misura forfetizzata, il lavoro straordinario.
La prospettazione della società, secondo la quale la retribuzione erogata sarebbe stata comprensiva del compenso per lo straordinario, tale da configurare patto di conglobamento, statuiva il giudice d’appello, non era supportata da idonei riscontri probatori.
Quindi non essendo stata erogata al lavoratore retribuzione onnicomprensiva, dovevano essere riconosciuti allo stesso i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità, il lavoro straordinario, il TFR, essendosi per essi raggiunta la prova del credito azionato.
6. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la società XXX srl, prospettando due motivi di ricorso.
7. Resiste con controricorso il S., che ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Con la prima censura è prospettato vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte d’Appello ritenuto dedotto, ma non supportato da idonei riscontri probatori, un patto di conglobamento relativo al lavoro straordinario, in realtà mai prospettato nella memoria difensiva di primo grado dall’allora parte resistente.
Erroneamente, la Corte d’Appello avrebbe ritenuto eccepito un patto di conglobamento nella memoria di primo grado, mentre essa società aveva eccepito che la retribuzione corrisposta mensilmente era quella contrattuale, quietanzata dal lavoratore in calce alle buste paga, e che eventuali somme aggiuntive erano corrisposte in forza di un accordo, corrispettivo forfettario e mensile per gli straordinari.
Essa società, quindi, aveva dedotto che dalla busta paga si evinceva che la retribuzione stabilita, in ragione dell’entità della stessa, superiore alla previsione contrattuale, comprendeva somme aggiuntive corrisposte quali corrispettivo forfettario per gli straordinari.
2. Con il secondo motivo di impugnazione è dedotta violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di contratti e negozi giuridici patrimoniali, prestazioni di lavoro straordinario, forfetizzazione del compenso relativo, ed in tema di patto di conglobamento; violazione delle norme e dei principi in materia di interpretazione della volontà delle parti, di onere della prova, presunzioni semplici in relazione agli artt. 1321 e 1362 e ss. c.c., degli artt. 2108, 2697 e 2727 e 2729 c.c., nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 108 di categoria del CCNL del 1994, ai sensi ed in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
la Corte d’appello non avrebbe indicato i criteri ermeneutici con i quali aveva enucleato, nella memoria difensiva di primo grado della società, la deduzione di un patto di conglobamento del compenso per lavoro straordinario.
Ed infatti, ad avviso di essa ricorrente:
mancava la prova della volontà parti in tal senso (art. 1362 c.c.);
dalla retribuzione quietanzata dal lavoratore (v. buste paga) si evinceva che la stessa era solo quella ordinaria e il compenso per straordinario veniva dato fuori busta in quota fissa indipendentemente dalla effettiva prestazione;
la sentenza non indica gli elementi di riscontro del diverso accordo rispetto alla forfetizzazione dello straordinario;
l’art. 108 del CCNL indica gli elementi della retribuzione ordinaria e non vi comprende il lavoro straordinario.
3. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati e devono essere rigettati.
3.1. Nel ritenere non sussistente il ed. patto di conglobamento, la Corte d’Appello non ha dato ingresso ad una eccezione non prospettata dalla società, ma ha operato, in modo corretto e congruo, la qualificazione giuridica dei fatti dedotti da quest’ultima, e cioè che la retribuzione mensile, come risultante dalle buste paga quietanzate, sarebbe stata comprensiva di un compenso forfetizzato per le ore di lavoro straordinario.
Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte la retribuzione corrisposta dal datore di lavoro deve imputarsi a titolo di paga base, con conseguente non ascrivibilità degli eventuali trattamenti superiori ai minimi contrattuali agli istituti accessori. Ciò costituisce presunzione superabile dalla prova della conclusione tra le parti di un patto di conglobamento (Cass. n. 8255 del 2010, n. 27027 del 2008).
Dunque, la Corte d’Appello a fronte della deduzione difensiva della società XXX nei termini anzidetti, e cioè che la retribuzione di cui alla busta paga comprendesse un compenso forfetizzato per lo straordinario, ha qualificato giuridicamente tale argomentazione, tenuto conto della presunzione sopra richiamata, quale deduzione di un patto di conglobamento, della cui esistenza e legittimità tuttavia, non veniva data prova, mancando un atto scritto in tal senso.
Ai fini della validità del patto di conglobamento del compenso per il lavoro straordinario nella retribuzione ordinaria, occorre che risultino riconosciuti i diritti inderogabili dei lavoratori e che sia determinato quale sia il compenso per il lavoro ordinario e quale l’ammontare del compenso per lavoro straordinario, in modo da consentire al giudice il controllo circa l’effettivo riconoscimento al lavoratore dei diritti inderogabilmente spettantigli per legge o in virtù della contrattazione collettiva (Cass., n. 27027 del 2008).
Come questa Corte ha avuto modo di affermare, la corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, che vincola il giudice ex art. 112 cod. proc. civ. riguarda il "petitum" che va determinato con riferimento a quello che viene domandato sia in via principale che in via subordinata, in relazione al bene della vita che l’attore intende conseguire, ed alle eccezioni che in proposito siano state sollevate dal convenuto. Tuttavia, tale principio, così come quello del "tantum devolutum quantum appellatum" (artt. 434 e 437 c.p.c.), non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma, rispetto a quella prospettata dalle parti, nonchè in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi e, in genere, all’applicazione di una norma giuridica, diversa da quella invocata dalla parte (Cass., n. 6757 del 2011).
Peraltro, il cd. patto di forfetizzazione attiene alla pattuizione per cui un determinato numero minimo di ore di lavoro straordinario sia comunque retribuito, indipendentemente dalla prova dell’avvenuta effettiva prestazione da parte del lavoratore subordinato, mentre è illecita (e quindi nulla) la clausola che stabilisca che il lavoro straordinario sia retribuito in una determinata entità massima, indipendentemente dall’eventuale prestazione in misura maggiore, atteso che ciò implicherebbe una rinuncia preventiva al compenso per il lavoro eventualmente prestato oltre tale limite prestabilito;
pertanto, il giudice, ove accerti che il lavoratore ha effettuato un numero di ore di lavoro straordinario superiore alla pattuita forfettizzazione, deve riconoscergli per l’eccedenza il compenso maggiorato per lavoro straordinario (Cass., n. 6902 del 2000).
4. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro quaranta per esborsi, Euro tremila per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 18 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2012

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