Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2013) 14-02-2013, n. 7359

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Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 24/4/2012, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’incidente di esecuzione promosso da C.A..
C., condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione per il reato di cui al D.P.R. 309 del 1990, art. 73 e che si trovava agli arresti domiciliari al momento dell’esecuzione della sentenza di condanna, aveva chiesto la sospensione dell’ordine di esecuzione ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen., comma 10;
contrastando la tesi sostenuta dal difensore del condannato, il Giudice rigettava l’istanza, rilevando che al C., cui era stata contestata la recidiva prevista dall’art. 99 cod. pen., comma 4, l’aggravante era stata "applicata", ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen., comma 9, lett. c), dovendosi ritenere sussistente tale condizione anche quando l’aggravante, come nel caso di specie, è ritenuta equivalente ad attenuanti.
2. Ricorre per cassazione il difensore di C.A., deducendo la violazione dell’art. 656 cod. proc. pen., comma 9, lett. c): poichè il G.I.P. aveva ritenuto le attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva, questa non era stata "applicata" ai sensi della norma invocata.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
3. Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta, conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione
L’esame della sentenza di merito dimostra che, sia pure illegittimamente, le attenuanti generiche sono state ritenute prevalenti sulla recidiva ex art. 99 cod. pen., comma 4, contestata.
Questa Corte, da tempo risalente ha affermato che una circostanza aggravante deve essere ritenuta, oltre che riconosciuta, anche come applicata, non solo allorquando nella realtà giuridica di un processo viene attivato il suo effetto tipico di aggravamento della pena, ma anche quando se ne tragga, ai sensi dell’art. 69 cod. pen., un altro degli effetti che le sono propri e cioè quello di paralizzare un’attenuante, impedendo a questa di svolgere la sua funzione di concreto alleviamento della pena irroganda per il reato.
Invece non è da ritenere applicata l’aggravante solo allorquando, ancorchè riconosciuta la ricorrenza dei suoi estremi di fatto e di diritto, essa non manifesti concretamente alcuno degli effetti che le sono propri a cagione della prevalenza attribuita all’attenuante la quale non si limita a paralizzarla, ma la sopraffa, in modo che sul piano dell’afflittività sanzionatoria l’aggravante risulta tamquam non esset. (Sez. U, n. 17 del 18/06/1991 – dep. 24/07/1991, G., Rv. 187856).
Di conseguenza, il divieto di sospendere l’esecuzione delle pene detentive brevi in caso di recidiva reiterata è subordinato non già alla qualità di "recidivo" del condannato, bensì alla circostanza che la recidiva di cui all’art. 99 cod. pen., comma 4, sia stata "applicata", ossia effettivamente valutata in quanto circostanza aggravante soggettiva ed abbia perciò prodotto conseguenze concrete sulla pena irrogata. (Sez. 5, n. 21603 del 26/04/2010 – dep. 07/06/2010, M., Rv. 247956).
Al contrario non può ritenersi concretamente applicata la recidiva che venga ritenuta subvalente rispetto alle circostanze attenuanti (così Sez. 1, n. 34680 del 28/09/2006 – dep. 17/10/2006, P.M. in proc. D, Rv. 235270).
L’ordinanza impugnata deve, quindi, essere annullata con rinvio al G.I.P. del Tribunale di Napoli che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2013

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