T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 10

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Riferisce il ricorrente che egli è proprietario a XXX, in via XXX, di un ampio appezzamento di terreno, recentemente espropriato dall’Amministrazione comunale, limitatamente al mapp. 422, per realizzarvi un parcheggio scambiatore; che, in nome della dichiarata esigenza di ampliare detto parcheggio, il Comune di XXX ha ora deciso di procedere ad un secondo esproprio; che, in particolare, con nota del 5 novembre 2008 il Dirigente alla Pianificazione gli ha dato comunicazione dell’avvio del procedimento espropriativo, ai sensi dell’art. 9 della legge reg. n. 37 del 2002, con riferimento all’intervenuta deliberazione consiliare n. 127/21 del 21 ottobre 2008 (recante l’approvazione del progetto preliminare e l’adozione di variante al POC) e alla conseguente apposizione di vincolo espropriativo sui mapp. 503 e 504; che il progetto preliminare prevede un importo complessivo di Euro 3.953.000,00, di cui Euro 2.000.000,00 corrispondenti ai lavori e la restante somma a disposizione dell’ente locale (dalla relazione tecnica illustrativa allegata al progetto preliminare risulta un quadro economico in cui è prevista la voce "espropri e indennità" per Euro 1.190.000,00).
Ritenendo illegittime le determinazioni così assunte, il ricorrente ha proposto impugnativa innanzi al giudice amministrativo. Deduce:
1) VIOLAZIONE DI LEGGE. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELLA LEGGE REG. N. 20/2000, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AGLI ARTT. 28, 30 E 32. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DEL D.LGS. N. 163/2006. ILLOGICITA" MANIFESTA. ECCESSO DI POTERE. ERRONEO PRESUPPOSTO DI FATTO. CONTRADDITTORIETA’. VIOLAZIONE DELL’ART. 42 COST.
Il progetto preliminare prevede l’espropriazione di complessivi mq. 70.000 di terreno, comprensivi di mq. 32.000 per l’ampliamento del parcheggio scambiatore e di mq. 38.000 per una "area di futura espansione del parcheggio e dei servizi accessori". Si tratta, quindi, per questa seconda parte, di un esproprio ipotetico, incompatibile con il nostro ordinamento costituzionale, il quale ammette il sacrificio della proprietà privata a fronte di un interesse pubblico effettivo e attuale, mentre non conosce la riserva di esproprio.
2) ECCESSO DI POTERE. ERRONEO PRESUPPOSTO DI FATTO. SVIAMENTO. ILLOGICITA" MANIFESTA. CONTRADDITTORIETA" MANIFESTA. DIFETTO DI MOTIVAZIONE.
La procedura espropriativa è basata sull’erroneo presupposto che l’ampliamento dello scambiatore esistente risponda a pubblica utilità. Esso, in realtà, è più che sufficiente allo scopo, essendo frequentato da pochissimi utilizzatori e da un numero quasi irrilevante di macchine. Non c’è alcun pubblico interesse che giustifichi l’ampliamento di uno scambiatore quasi sempre deserto.
3) VIOLAZIONE DI LEGGE. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELLA LEGGE REG. N. 20/2000. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DEL D.LGS. N. 163/2006. ILLOGICITA" MANIFESTA. ECCESSO DI POTERE. ERRONEO PRESUPPOSTO DI FATTO. CONTRADDITTORIETA’. PERPLESSITA’. CONTRADDITTORIETA" TRA PROVVEDIMENTI DELLO STESSO PROCEDIMENTO.
L’indennizzo è previsto negli allegati tecnici e nel quadro economico, ma la deliberazione consiliare di approvazione del progetto preliminare non finanzia alcunché e men che meno la somma per indennità indicata dal progettista in Euro 1.190.000,00: un esproprio senza indennizzo presenta evidenti profili di incostituzionalità. Né l’opera in questione risulta inserita nel programma triennale dei lavori pubblici 2009/2011 (d.lgs. n. 163/2006 e d.P.R. n. 554/99), sicché non esistono risorse finanziarie destinate alla sua realizzazione.
4) VIOLAZIONE DI LEGGE. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELLA LEGGE REG. N. 20/2000, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AGLI ARTT. 28, 30 E 32. VIOLAZIONE DEL PSC DEL COMUNE DI XXX. ERRONEO PRESUPPOSTO DI FATTO. ILLOGICITA" E CONTRADDITTORIETA’. ILLEGITTIMITA" MANIFESTA.
La deliberazione consiliare di approvazione del progetto preliminare dà atto della circostanza che lo stesso non è conforme al POC, ma non considera che la situazione di contrasto urbanistico persiste con la mera adozione di una variante, essendone altresì necessaria l’approvazione. Donde l’illegittimità dell’approvazione del progetto prima ancora che si completi la procedura di variazione urbanistica dell’area (destinata a verde agricolo) oggetto di espropriazione.
5) VIOLAZIONE DI LEGGE. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELLA LEGGE REG. N. 20/2000. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DEL D.LGS. N. 163/2006. ILLOGICITA" MANIFESTA. ECCESSO DI POTERE. ERRONEO PRESUPPOSTO DI FATTO. CONTRADDITTORIETA’. PERPLESSITA’.
Il progetto preliminare si occupa solo dell’ampliamento dello scambiatore esistente e cioè progetta meno della metà dell’area soggetta ad occupazione definitiva (mq. 32.000 su mq. 70.000), il che rende illegittimo l’avvio dell’espropriazione e della procedura di variante urbanistica.
Conclude dunque il ricorrente per l’annullamento degli impugnati e per la condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento del danno.
Si è costituito in giudizio il Comune di XXX, resistendo al gravame.
L’istanza cautelare del ricorrente è stata rigettata dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 13 gennaio 2009 (ord. n. 9/2009), con appello respinto dal giudice di secondo grado (Cons. Stato, Sez. IV, 28 aprile 2009 n. 2098/2009).
Successivamente, avendo l’Amministrazione comunale disposto l’approvazione della variante al POC (deliberazione consiliare n. 3244/2009 del 24 giugno 2009), il ricorrente ha impugnato le sopraggiunte determinazioni con atto di "motivi aggiunti" depositato il 22 luglio 2009. In questa sede vengono riproposte le censure già formulate con l’atto introduttivo della lite.
La nuova istanza cautelare del ricorrente è stata respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 28 luglio 2009 (ord. n. 157/2009).
A seguito, poi, della prosecuzione dell’iter preordinato alla realizzazione del parcheggio e dell’adozione, in particolare, della deliberazione n. 1770/85 del 17 dicembre 2009, con cui la Giunta comunale ha provveduto in tema di "Approvazione della documentazione propedeutica all’indizione di una gara per l’individuazione di un soggetto privato interessato alla realizzazione e alla gestione di strutture e di attrezzature all’interno del parcheggio scambiatore EST attraverso un bando pubblico – ai sensi dell’art. 60 del R.U.E. vigente e dell’art. 3.2.60 del R.U.E. adottato con Delibera di Consiglio Comunale n. 11 del 27 gennaio 2009", il ricorrente ha impugnato le nuove determinazioni con atto di "motivi aggiunti" depositato il 25 febbraio 2010. Ripropone le censure già formulate con l’atto introduttivo della lite e inoltre deduce:
1) VIOLAZIONE DI LEGGE. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 60 DEL RUE DEL COMUNE DI XXX. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 3, COMMA 15TER, DEL D.LGS. N. 163/2006. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 30, COMMA 10, DELLA LEGGE REG. N. 20/2000. ILLOGICITA" MANIFESTA. CONTRADDITTORIETA’.
La Giunta Comunale ha ora ritenuto conforme a legge procedere nella selezione di un partner privato per la realizzazione dell’opera, riconoscendo che difetta la copertura finanziaria dell’intervento. Ma si tratta di procedura palesemente illegittima e priva di riscontro nel dettato normativo, posto che l’Amministrazione ha due alternative per realizzare il parcheggio scambiatore: o lo realizza direttamente su area propria (dopo averla espropriata), oppure consente al privato proprietario dell’area di eseguire l’opera. Non è poi applicabile l’art. 30, comma 10, della legge reg. n. 20 del 2000, perché l’Amministrazione comunale dovrebbe pubblicare un bando per la realizzazione di parcheggi scambiatori nel territorio comunale, rivolgendosi a tutti i soggetti proprietari di aree con adeguata destinazione d’uso ed invitandoli a manifestare il proprio interesse alla realizzazione e alla gestione dell’opera. In violazione del RUE e della vigente normativa regionale e statale, invece, l’Amministrazione vorrebbe nella circostanza bandire una selezione per individuare un partner chiamato a costruire e gestire il parcheggio scambiatore su area di proprietà di terzi, insuscettibile di espropriazione per carenza di copertura finanziaria.
2) ECCESSO DI POTERE. SVIAMENTO. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. ILLOGICITA" MANIFESTA. CONTRADDITTORIETA’. SVIAMENTO.
Il Comune di XXX non ha la copertura finanziaria per realizzare l’opera pubblica e ciò nonostante ha promosso la procedura espropriativa, confidando di individuare un soggetto terzo che si accolli ogni onere. L’Amministrazione avrebbe in realtà legittimamente potuto iniziare il procedimento ablatorio soltanto dopo essersi assicurata la copertura finanziaria, così come impone la vigente normativa; quanto meno, sarebbe stato necessario promuovere la procedura espropriativa all’esito della "gara", e cioè nel momento in cui ci fosse stata l’effettiva disponibilità delle somme destinate all’esproprio.
Ulteriori istanze cautelari del ricorrente sono state rigettate dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 9 marzo 2010 (ord. n. 41/2010) e alla Camera di Consiglio dell’11 maggio 2010 (ord. n. 82/2010), con appello respinto dal giudice di secondo grado relativamente a quest’ultima ordinanza (Cons. Stato, Sez. IV, 31 agosto 2010 n. 3919/2010).
Infine, con atto di "motivi aggiunti" depositato il 26 luglio 2010 il ricorrente ha censurato il provvedimento con cui il precedente 14 maggio il Comune di XXX ne aveva respinto la richiesta di permesso di costruire n. 3037/2009 (istanza presentata il 25 novembre 2009 per un intervento edilizio da effettuare sull’area oggetto della procedura espropriativa). In questa sede vengono riproposte le doglianze già fatte valere avverso gli atti anteriori.
All’udienza del 12 gennaio 2011, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione
Proprietario di area interessata da un intervento pubblico di ampliamento di un parcheggio scambiatore, il ricorrente impugna le determinazioni a tal fine assunte dal Comune di XXX. Imputa all’Amministrazione di avere ricompreso nell’iter espropriativo e nella variante urbanistica anche una porzione di terreno estranea al progetto preliminare e per di più destinata ad un utilizzo solo futuro e del tutto ipotetico, di avere valutato sussistente la pubblica utilità di un’opera in realtà inidonea a procurare un effettivo beneficio alla comunità locale, di avere avviato la procedura ablatoria senza provvedere alla copertura della spesa per l’indennità di espropriazione – stante anche l’omessa inclusione dell’intervento nel programma triennale dei lavori pubblici -, di avere approvato il progetto preliminare nonostante la perdurante carenza di conformità urbanistica dell’opera – essendo a tale scopo insufficiente la mera adozione della variante al POC -, di avere indetto una gara per l’individuazione del partner privato affidatario della realizzazione dell’opera pubblica malgrado l’omessa previa definizione della procedura espropriativa (dovuta alla carenza di copertura finanziaria), di non avere considerato che, in presenza della proprietà privata dell’area, il compimento dell’opera avrebbe potuto essere legittimamente assegnato solo al proprietario stesso, di non avere quanto meno atteso la conclusione della gara (e così acquisito l’effettiva disponibilità della somma necessaria all’espropriazione) prima di promuovere la procedura ablatoria. Di qui la richiesta di annullamento degli atti di approvazione del progetto preliminare dell’opera, di adozione e (sopraggiunta) approvazione della variante al POC, di indizione della gara per la scelta del partner privato, di diniego del permesso di costruire invocato dal ricorrente per un intervento edilizio sulla sua area; donde, ancora, la richiesta di risarcimento del danno.
Il ricorso è infondato.
Quanto, innanzi tutto, alla lamentata estensione della procedura espropriativa anche alla parte di area non immediatamente adibita ad opera pubblica e neppure effettivamente inclusa nel progetto preliminare, va precisato che, ai sensi dell’art. 39, comma 3, della legge reg. n. 20 del 2000 (norma abrogata nel 2009 ma applicabile alla fattispecie ratione temporis), la "delibera di approvazione del progetto di opere comunali di cui al comma 5 dell’art. 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 costituisce adozione di variante al P.O.C. e viene approvata con il procedimento disciplinato dall’art. 34…" e che la relativa procedura segue, quindi, l’ordinario iter di revisione urbanistica delle aree da destinare a nuove funzioni. Ciò comporta, da un lato, l’irrilevanza della circostanza che il progetto preliminare non riguarda direttamente anche l’area da utilizzare in futuro per l’espansione del parcheggio in quanto la procedura coincide con quella ordinaria di modifica del POC e perciò conserva la sua validità ed efficacia pur se svincolata dall’approvazione del progetto – stante l’inequivocabile volontà dell’Amministrazione locale di variare in parte qua la destinazione urbanistica pregressa -, e comporta, dall’altro lato, che una simile operazione, proprio perché con valenza meramente urbanistica, non determina per questa parte l’avvio di una procedura espropriativa ma reca solo una legittima diversa classificazione urbanistica di ambito territoriale che si vuole riservare alla localizzazione di un ulteriore intervento pubblico, in aggiunta a quello oggetto del progetto preliminare.
Quanto, poi, alla denunciata insussistenza di un reale interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, si tratta di questione che investe profili di merito dell’azione amministrativa – sottratti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo -, anche per non emergere una macroscopica irrazionalità nella scelta, a fronte della dichiarata opportunità di localizzarvi servizi accessori alla sosta prima insussistenti e di ampliare la capienza del parcheggio in vista di un’ottimale attuazione del "piano urbano della mobilità".
Quanto, ancora, alla dedotta carenza di copertura finanziaria della spesa per indennità di espropriazione, appare decisiva la circostanza che all’atto dell’approvazione del progetto preliminare non sia ancora intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, sicché nulla si oppone a che il reperimento dei fondi necessari avvenga nella successiva fase del procedimento. Né è significativo che l’intervento in questione non sia stato incluso nel programma triennale dei lavori pubblici, essendo noto come ciò non precluda l’ulteriore corso della procedura, purché la realizzazione dell’intervento avvenga sulla base di un piano finanziario autonomo (v. Cons. Stato, Sez. VI, 10 febbraio 2010 n. 663), naturalmente suscettibile di approntamento fino a quando sopravviene la dichiarazione di pubblica utilità.
Quanto, poi, alla prospettata illegittimità dell’approvazione del progetto preliminare per carenza di conformità urbanistica dell’opera, va richiamato l’orientamento giurisprudenziale (v. TAR Basilicata 2 gennaio 2008 n. 6) secondo cui il presupposto della conformità urbanistica deve sussistere al momento dell’approvazione del progetto definitivo – solo tale livello di progettazione comportando la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (v. art. 12 del d.P.R. n. 327/2001) -, mentre l’art. 16, comma 3, della legge n. 109 del 1994, e ora il corrispondente testo dell’art. 93, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006, si limita a prevedere che il progetto preliminare deve consentire l’avvio della procedura espropriativa. Il che, del resto, è coerente con la previsione del già richiamato art. 39, comma 3, della legge reg. n. 20 del 2000, laddove fa coincidere l’approvazione del progetto preliminare con la mera adozione di una variante al POC, solo in un secondo tempo dovendosi completare la relativa procedura.
Le restanti doglianze investono la scelta di indire una gara per la scelta del partner privato cui affidare, in regime di concessione, la realizzazione dell’opera e la gestione delle relative attrezzature, con a suo carico l’onere di copertura della spesa per l’indennità di espropriazione. Sennonché – osserva il Collegio – l’opzione per una simile forma di realizzazione dell’opera si presenta coerente con la ragion d’essere dei "contratti di partenariato pubblico privato" che, ai sensi dell’art. 3, comma 15ter, del d.lgs. n. 163 del 2006, sono i "…contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità… compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati… Rientrano, a titolo esemplificativo, tra i contratti di partenariato pubblico privato la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, l’affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste…", ovvero – come è stato rilevato in giurisprudenza (v. Cons. Stato, Ad. plen., 3 marzo 2008 n. 1) – costituiscono forme di cooperazione tra Amministrazioni pubbliche e soggetti privati motivate essenzialmente dalla difficoltà di reperimento delle risorse necessarie ad assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio alla collettività, onde il ricorso a capitali ed energie private diventa in tali situazioni un mezzo quasi irrinunciabile nel difficile compito di garantire un’azione amministrativa efficiente ed efficace, fortemente improntata a criteri di economicità, anche ove si tratti solo di alleggerire gli oneri economicofinanziari delle casse pubbliche. E allora non inficia le determinazioni assunte la circostanza che il privato sia chiamato a procurare i fondi per l’espropriazione dell’area su cui deve realizzare l’opera allo stesso affidata in concessione, essendo insito in tale strumento negoziale – come si è visto – che il privato supplisca in tutto o in parte all’ente concedente nel fornire le risorse finanziarie occorrenti allo scopo e che, quindi, la procedura si completi necessariamente dopo la ricerca del contraente privato e l’accordo con questi circa la sua partecipazione alla copertura della spesa, mentre l’approvazione del progetto preliminare, non comportando la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, si colloca in una fase meramente preparatoria e per questo precede la scelta del partner privato che finanzia l’intervento pubblico. Quanto, poi, all’addotta pretesa del privato a vedersi direttamente assegnata la realizzazione dell’opera in quanto proprietario dell’area interessata, va rilevato come l’Amministrazione comunale si sia attenuta al principio di concorsualità sotteso al disposto dell’art. 30, comma 10, della legge reg. n. 20 del 2000 ("Per selezionare gli ambiti nei quali realizzare nell’arco temporale di cinque anni interventi di nuova urbanizzazione e di sostituzione o riqualificazione tra tutti quelli individuati dal P.S.C., il Comune può attivare un concorso pubblico, per valutare le proposte di intervento che risultano più idonee a soddisfare gli obiettivi e gli standard di qualità urbana ed ecologicoambientale, definiti dal P.S.C. Al concorso possono prendere parte i proprietari degli immobili situati negli ambiti individuati dal P.S.C. nonché gli operatori interessati a partecipare alla realizzazione degli interventi. Alla conclusione delle procedure concorsuali il Comune stipula, ai sensi dell’art. 18, un accordo con gli aventi titolo alla realizzazione degli interventi…"), che nei casi di c.d. "pianificazione urbanistica negoziata" contempla la possibilità che ai relativi interventi provvedano non solo i proprietari ma anche operatori privati scelti a mezzo di una procedura ad evidenza pubblica; il che, quando già l’Amministrazione ha individuato l’area interessata – non potendo evidentemente l’ampliamento del parcheggio di che trattasi realizzarsi in un luogo diverso -, determina l’indizione di una gara che non si estende alla selezione dell’ambito territoriale dell’intervento quanto piuttosto investe il contenuto del rapporto concessorio da instaurare con il prescelto, che ben può essere lo stesso proprietario, come espressamente previsto dal "disciplinare integrante il bando di gara", secondo uno schema che non contraddice il disposto dell’art. 30, comma 10, della legge reg. n. 20 del 2000, ma ne appare una corretta attuazione, pur nella particolarità della fattispecie concreta, peraltro coerente anche con il vincolo che per la scelta del partner privato nelle operazioni di ristrutturazione urbanistica si ricava dalla disciplina delle concessioni di lavori pubblici di cui agli artt. 143 e 144 del d.lgs. n. 163 del 2006, in conformità dei principi comunitari di trasparenza, imparzialità e tutela della concorrenza.
In conclusione, il ricorso va respinto.
La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’EmiliaRomagna, Sezione di XXX, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in XXX, nella Camera di Consiglio del 12 gennaio 2011, con l’intervento dei magistrati:
Michele Perrelli, Presidente
Italo Caso, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *