Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-08-2012, n. 14198

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Catania ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata riconosciuta l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato intervenuto tra G.D. e T. L. per il periodo dall’ottobre 1996 al 30 settembre 1998 con mansioni di segretaria presso lo studio medico del resistente, condannando il T. al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 11.573,07, oltre accessori di legge, a titolo di differenze retributive e di indennità sostitutiva del preavviso.

A tali conclusioni la Corte territoriale è pervenuta ritenendo che il primo giudice avesse correttamente valutato le risultanze della prova testimoniale e che dovessero pertanto essere respinte le censure svolte dal T. in ordine a tale valutazione operata dal Tribunale.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione T.L. affidandosi a tre motivi di ricorso cui resiste con controricorso G.D..

D.M.M. ha depositato procura speciale per partecipare alla discussione orale.

Sia il ricorrente che la controricorrente hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente, va rilevata la tardività della notificazione del controricorso e, conseguentemente, la sua inammissibilità, ex art. 370 c.p.c.. Ai sensi della citata disposizione, la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso. Nella specie, notificato il ricorso in data 24 settembre 2010, il termine per la notifica del controricorso scadeva, quindi, il giorno 3 novembre 2010. Il controricorso risulta, invece, notificato solo in data 4 novembre 2010 e deve pertanto ritenersi tardivo.

1.- Con il primo motivo si denuncia il vizio di motivazione in ordine alla statuizione con cui la Corte territoriale ha riconosciuto l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato in assenza di una prova chiara, rigorosa ed inequivoca dell’esistenza del vincolo della subordinazione o, per lo meno, di altri criteri, complementari e sussidiali, valutabili quali indici della natura subordinata del rapporto in contestazione.

2.- Con il secondo motivo si denuncia il vizio di motivazione nella parte in cui la Corte d’appello, affermando di avere attribuito maggior valore alle dichiarazioni rese da alcuni testi piuttosto che a quelle di altri, non si sarebbe avveduto che, proprio sulla base di quelle dichiarazioni, avrebbe dovuto pervenire ad una conclusione del tutto diversa da quella accolta, e così accogliere l’appello proposto dal T., anzichè rigettarlo.

3.- Con il terzo motivo si denuncia il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per quanto riguarda in particolare la valutazione complessiva delle risultanze istruttorie e dell’attendibilità dei testi escussi in primo grado.

4.- Tali motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per essere strettamente connessi tra loro, sono infondati. Questa Corte ha più volte ribadito che, ai fini della distinzione del rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo, costituisce requisito fondamentale il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative. L’esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo. In sede di legittimità è censurabile solo la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto – incensurabile in tale sede, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici – la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice di merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (cfr. ex plurimis, Cass. 2728/2010, Cass. 23455/2009, Cass. 9256/2009, Cass. 14664/2001).

5.- Nella specie, il giudice di appello, confermando la sentenza di primo grado, ha accertato l’esistenza tra la G. e T. L. di un rapporto di lavoro subordinato a tempo parziale svoltosi dall’ottobre 1996 al settembre 1998 con mansioni di segretaria dello studio medico, rilevando che dalle deposizioni dei testi escussi in primo grado, sinteticamente riportate nella motivazione della sentenza impugnata, era emerso – sia pure con qualche contrasto fra alcune deposizioni – che la G. aveva effettivamente lavorato alle dipendenze del T., dal quale riceveva disposizioni in ordine allo svolgimento della prestazione lavorativa e veniva retribuita, collaborando – insieme ad altri – ad un servizio di segreteria per il quale i medici che frequentavano lo studio, tra i quali il D.M., pagavano un corrispettivo al T..

6.- Si tratta di una valutazione di fatto, devoluta al giudice del merito, non censurabile in cassazione in quanto comunque assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria, che non viene scalfita dalle contrarie argomentazioni svolte dal ricorrente in ordine alla valutazione delle risultanze della prova testimoniale ed al giudizio sull’attendibilità o meno di alcuni testi; dovendo ribadirsi, al riguardo, che, come è stato più volte affermato da questa Corte, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo esame, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico- formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti.

Il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciarle con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ricorre, dunque, soltanto quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, mentre tale vizio non si configura allorchè il giudice di merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato diversi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (cfr. ex plurimis Cass. n. 10657/2010, Cass. n. 9908/2010, Cass. n. 27162/2009, Cass. n. 16499/2009, Cass. n. 13157/2009, Cass. n. 6694/2009, Cass. n. 42/2009, Cass. n. 17477/2007, Cass. n. 15489/2007, Cass. n. 7065/2007, Cass. n. 1754/2007, Cass. n. 14972/2006, Cass. n. 17145/2006, Cass. n. 12362/2006, Cass. n. 24589/2005, Cass. n. 16087/2003, Cass. n. 7058/2003, Cass. n. 5434/2003, Cass. n. 13045/97, Cass. n. 3205/95).

7.- Nelle citate sentenze questa Corte ha già avuto modo di precisare che, in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi dì prova acquisiti, nonchè di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr. ex plurimis, Cass. n. 16499/2009 cit.). E, per quanto riguarda specificamente la valutazione della prova testimoniale, ha affermato che la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 42/2009 cit., cui adde Cass. n. 21412/2006, Cass. n. 4347/99, Cass. n. 3498/94).

8.- Qualora, poi, il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove testimoniali, ha l’onere non solo di trascriverne il testo integrale nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare i punti ritenuti decisivi, risolvendosi, altrimenti, il dedotto vizio di motivazione in una inammissibile richiesta di riesame del contenuto delle deposizioni testimoniali e di verifica dell’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione è mancata ovvero è stata insufficiente o illogica (Cass. n. 6023/2009).

9.- Al riguardo, va rimarcato che per poter configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario che il mancato esame di elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia sia tale da invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle risultanze sulle quali il convincimento del giudice è fondato, onde la rado decidendo venga a trovarsi priva di base (cfr. ex plurimis Cass. n. 14034/2005), circostanza questa che, considerato il percorso motivazionale della sentenza impugnata, non è dato riscontrare nella fattispecie in esame.

10.- Nella specie, infatti, il giudizio sull’attendibilità dei testi è stato motivato dal giudice del merito mediante esame specifico delle diverse deposizioni prese in considerazione, in relazione al contenuto delle dichiarazioni sui fatti risultati a conoscenza di ciascuno dei testi ed alle deduzioni svolte dalle parti nel corpo dei rispettivi scritti difensivi, sicchè risulta adempiuto il dovere di dare adeguatamente conto delle ragioni della decisione, dovere che, come detto, non impone al giudice di discutere ogni singolo elemento o di confutare ogni contraria deduzione difensiva, che deve ritenersi disattesa per implicito.

11.- Nell’ambito di tale complessiva valutazione, non assume rilievo – e non ha comunque valore decisivo – l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello con l’indicazione dell’esistenza di un rapporto di parentela tra uno dei testimoni e il D.M., posto che da tale indicazione la Corte di merito non ha tratto alcuna conseguenza (neppure implicita) in ordine alla incapacità a testimoniare del teste o alla sua inattendibilità. Nessun vizio logico è riscontrabile nell’affermazione della Corte territoriale di aver attribuito maggior valore alle "dichiarazioni dei primi due testi", dato che, come è evidente dalla lettura della motivazione, detti "primi due testi" non vanno individuati in quelli indicati come tali dal ricorrente nel secondo motivo di ricorso, ma nei primi due indicati alla pag. 2 della motivazione della sentenza, che, come risulta dalla stessa motivazione, hanno appunto reso dichiarazioni in senso favorevole alla tesi della lavoratrice. Nè, infine, il ricorrente ha riprodotto integralmente nel ricorso per cassazione il contenuto delle deposizioni testimoniali rese in relazione alla vicenda in esame (limitandosi a riportarne, nell’esposizione del terzo motivo, solo alcuni stralci) e, soprattutto, adempiuto all’onere di specificare i punti ritenuti decisivi, risolvendosi così la denuncia del vizio di motivazione in una inammissibile richiesta al giudice di legittimità perchè esamini il contenuto delle dichiarazioni dei testimoni e verifichi l’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione è mancata o è stata insufficiente o illogica.

12.- In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con la conferma della sentenza impugnata, dovendosi ritenere assorbite in quanto sinora detto tutte le censure non espressamente esaminate.

13.- Considerata l’inammissibilità del controricorso (e quella, conseguente, della successiva memoria difensiva) e il mancato svolgimento, da parte dell’altro intimato, di una attività difensiva motivatamente diretta a contrastare l’accoglimento del ricorso (l’intimato si è limitato a depositare procura speciale per il giudizio di cassazione ed a chiedere, all’udienza di discussione, il rigetto del ricorso), non deve provvedersi in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2012
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *