Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2013) 14-02-2013, n. 7355

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, con ordinanza del 24/4/2012, respingeva l’istanza di differimento della pena presentata ai sensi dell’art. 147 cod. pen., comma 1, n. 2, da D.S. G., con riferimento a un provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica di Ferrara.

Il Tribunale dava atto che in precedenza le istanze di differimento della pena erano state accolte e prendeva atto della relazione aggiornata del 23/4/2012 del D.S.M. di Codigoro che riferiva di un disturbo borderline di personalità.

Si trattava di problematiche di carattere psichico, non ricomprese nella previsione dell’art. 147 cod. pen. nè in quello di cui all’art. 146 cod. pen.; le problematiche avrebbero dovuto trovare risposta con l’attivazione della procedura prevista dall’art. 148 cod. pen. a cura del Magistrato di Sorveglianza competente.

2. Ricorre per cassazione il difensore di D.S.G., deducendo la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: il Tribunale aveva dato atto che la situazione sanitaria era rimasta immutata rispetto al 2009, anno in cui era stato disposto il differimento della pena, ma aveva rigettato l’istanza.

La definizione della grave patologia come "problematica di carattere psichico" non considerava affatto la problematicità e la gravità della situazione.

In un secondo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 147 e 148 cod. pen.: il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena è ammessa nei confronti di coloro che soffrano di patologia psichiatrica che determini una infermità psichica, per evitare che la pena provochi conseguenze dannose al condannato e consista in trattamento contrario al senso di umanità. Era contraddittoria la decisione nella parte in cui, prima disponeva la carcerazione e poi prevedeva l’attivazione della procedura ex art. 148 cod. pen..

Per di più lo stesso Tribunale di Sorveglianza aveva valutata l’insussistenza della pericolosità sociale del condannato.

Il ricorrente conclude per l’annullamento o la riforma dell’ordinanza impugnata.

3. Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta, conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. Il difensore ha depositato una memoria con la quale replica alla requisitoria del procuratore generale.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere respinto.

L’emissione di precedenti provvedimenti di differimento della pena ai sensi dell’art. 147 cod. pen. e la stabilità nel tempo della condizione psichica del soggetto sono dati esplicitamente menzionati dal Tribunale di Sorveglianza che, peraltro, in piena consapevolezza, adotta, in questa occasione, una diversa interpretazione del fatto e della norma, fornendo una specifica motivazione.

Si deve escludere che il vizio di contraddittorietà o di manifesta illogicità della motivazione discenda da precedenti provvedimenti di tenore opposto adottati dallo stesso Tribunale: il vizio di contraddittorietà attiene ad atti del processo avente valore probatorio, la cui omessa valutazione inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale "incompatibilità" all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.

Quanto alla manifesta illogicità della motivazione, essa deve risultare dal testo del provvedimento impugnato e non dal confronto con altri provvedimenti.

Non sussiste nemmeno la violazione di legge denunciata nel secondo motivo.

L’art. 147 c.p., comma 1, n. 2, consente il differimento della pena "se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica". Il legislatore del 1930 ha ben evidente la distinzione tra "grave infermità fisica" e "infermità psichica", trattando l’una e l’altra condizione rispettivamente con la norma oggi invocata e con l’art. 148 cod. pen.; e a questa distinzione il Tribunale si attiene.

Sebbene, con il progredire delle conoscenze, la distinzione tra infermità fisica e infermità psichica sia sicuramente meno netta che in passato, resta il fatto che il legislatore non ha modificato la disciplina, cosicchè la malattia psichica assume rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’art. 147 cit., solo se la sua sussistenza, unitamente all’esecuzione della pena, si riversa sulla condizione di grave infermità fisica; si è affermato, pertanto, che è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività.

(Sez. 1, n. 972 del 14/10/2011 – dep. 13/01/2012, Farìnella, Rv.

251674).

Il Tribunale ha ritenuto che tale condizione non sussista e che, pertanto, la pena possa essere eseguita; il riferimento alla possibile futura applicazione dell’art. 148 cod. pen. è, in realtà, estraneo alla motivazione del provvedimento, in quanto il Tribunale non afferma che si verta nell’ipotesi in cui l’infermità psichica sia tale da impedire l’esecuzione della pena – con conseguente applicazione del regime previsto da quella norma – ma rinvia a ulteriori accertamenti sul punto.

Si deve, infine rilevare che questa Corte non può nè riconoscere la possibilità per il condannato di eseguire la pena in detenzione domiciliare, come chiesto in via subordinata nel ricorso, nè disporre perizia, come chiesto in via subordinata nella memoria: si tratta di istanze che devono essere proposte al Tribunale di Sorveglianza. In particolare, come emerge dalla motivazione del provvedimento impugnato, la richiesta di detenzione domiciliare non era stata avanzata al Tribunale di Sorveglianza che, pertanto, su questa ipotesi alternativa non ha provveduto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *