Corte di Cassazione – Sentenza n. 15723 del 2011 chiamata in causa l’Anas ma questa non è tenuta a provvedere alla sigillatura della strada a mezzo di guardrail

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.
Con citazione notificata il 24 aprile 2004 G. e D. C. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Verbania l’ ANAS, al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni da essi subiti per la morte della madre R. S. la quale, in data 17 settembre 2000, mentre alla guida della propria autovettura percorreva la statale biellese, era uscita di strada, rovinando nella sottostante scarpata. Nell’urto la donna era rimasta uccisa sul colpo.
Costituitasi in giudizio, l’ANAS contestò l’avversa pretesa, chiedendone il rigetto. Sostenne che l’incidente si era verificato per negligente condotta di guida della defunta nonché in conseguenza del mancato uso delle cinture di sicurezza.
Con sentenza del 17 maggio 2006 il giudice adito rigettò la domanda.
Proposto dai soccombenti gravame, la Corte d’appello lo ha respinto in data 27 marzo 2008.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte D. e G. C., formulando dodici motivi.
Resiste con controricorso l’ANAS s.p.a.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1.1 Col primo motivo gli impugnanti denunciano mancanza, insufficienza e contradditorietà della motivazione, con riferimento alla ritenuta ascrivibilità, in via esclusiva, alla irregolare condotta di guida della S. della eziologia del sinistro. Secondo i ricorrenti tale affermazione sarebbe frutto di malgoverno del materiale probatorio acquisito dal quale emergerebbe in maniera inequivocabile la pericolosità del tratto di strada in cui era avvenuto l’incidente.
1.2 Col secondo mezzo i ricorrenti tornano a lamentare mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Le critiche si appuntano contro l’affermazione secondo cui, essendosi l’evento verificato in rettilineo, non vi era situazione di pericolo preventivabile ex ante. Sostengono per contro i deducenti che la presenza della scarpata costituiva essa stessa fonte di pericolo di talché, considerato che eventi come un guasto dell’autovettura o un malore del conducete non possono considerarsi assolutamente imprevedibili, la scarpata andava protetta.
1.3 Con il terzo mezzo segnalano vizi motivazionali in relazione alla ricostruzione della condotta di guida della S., artificiosamente prospettata come volontaria, laddove l’ incidente si sarebbe verificato perché la guidatrice aveva perso il controllo del mezzo.
1.4 Col quarto (erroneamente individuato come quinto) deducono vizi motivazionali con riferimento all’assunto della mancanza di normativa dalla quale potesse desumersi l’obbligo per l’ANAS di recintare l’intera rete viaria, sia per i costi che per l’inutilità di tale presidio. Il giudice di merito avrebbe fatto malgoverno del d.m. 18 febbraio 1992, n. 223, ove era invece contenuta l’indicazione dei siti per i quali la protezione con guardrail era opportuna ovvero obbligatoria.
1.5 Col quinto (sesto in ricorso) denunciano violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Oggetto delle critiche è l’assunto del giudice di merito secondo cui l’adozione della recinzione non era imposta neppure dal rapporto tra larghezza della sede stradale e profondità della scarpata, alla stregua delle previsioni del d.m. l8 febbraio 1992, n. 223. Segnatamente il giudice di merito non aveva considerato che, in base all’art. 3 delle Istruzioni allegate alla predetta fonte, anche nei casi di pendenza della scarpata inferiore ai due terzi, la combinazione tra pendenza e altezza della stessa ben poteva rendere necessaria una protezione.
1.6 Col sesto mezzo (rubricato come settimo) lamentano violazione o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’asserita tardività della produzione del d.m. n. 223 del 1992, trattandosi di allegazione soggetta al principio iuri novit curia.
1.7 Con il settimo motivo rubricato come ottavo) censurano, sotto il profilo motivazionale, l’affermazione della Corte secondo cui i tecnici dell’ANAS non avrebbero potuto individuare ex ante il punto in cui posizionare il guardrail, non potendo prevedere dove la S. sarebbe uscita di strada, senza considerare che, in realtà, andava evidentemente protetta l’intera scarpata.
1.8 Con l’ottavo (rubricato come nono) deducono vizi motivazionali con riferimento all’assunto che un eventuale guardrail posizionato in curva avrebbe addirittura aggravato danni, perché in tal caso l’ autovettura, della quale la guidatrice aveva perso il controllo sul rettilineo, avrebbe urtato la protezione nella parte iniziale della stessa di talché questa, penetrata nell’abitacolo, avrebbe funzionato da lama. Tali argomentazioni non consideravano che, in realtà, il guardrail avrebbe dovuto proteggere anche la parte rettilinea della strada teatro del sinistro.
1.9 Con il nono mezzo (rubricato come decimo) prospettano violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Riportati ampi stralci di pronunce di questa Corte, sostengono che il rispetto delle prescrizioni del Codice della Strada e di quelle regolamentari avrebbe evitato situazioni di pericolo, opportunamente evidenziate nel verbale della Polizia Stradale. Nel quesito di diritto richiamano quindi l’art. 14 C.d.S., l’art. 2, del d.lqs. 26 febbraio 1994, n. 143, gli artt. 2051 e 2043 cod. civ.
1.10 Con il decimo motivo (in rubrica undicesimo) lamentano vizi motivazionali con riferimento alle prescrizioni di cui all’art. 14 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo Codice della Strada), e: dell’art. 2 d.lgs. 26 febbraio 1994, n. 143, relativo alla Istituzione dell’Ente nazionale motivato con riferimento alla dedotta inosservanza degli specifici obblighi nascenti da tali norme.
1.11 Con l’undicesimo motivo (in rubrica dodicesimo) denunciano violazione o falsa applicazione degli art-:. 14 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e 2 d.lgs. 26 febbraio 1994, n. 143, la cui inosservanza rendeva palese la sussistenza dei presupposti per l’affermazione della responsabilità del convenuto sia ex art. 2051 cod. civ. che ex art. 2043 cod. civ.
2. I motivi, che, malgrado il numero, si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loro stretta connessione, sono infondati.
L’esposizione delle ragioni di tale valutazione esige una sia pur sintetica ricognizione delle argomentazioni con le quali il giudice di merito ha motivato il suo convincimento.
Secondo la Corte territoriale, considerate le caratteristiche del luogo teatro del sinistro, la fuoriuscita del veicolo dalla sede stradale non era evento ipotizzabile se non per un comportamento suicidario, per un guasto tecnico, per una gravissima pertubazione fisica o psichica. Conseguentemente non appariva seriamente configurabile un obbligo dell’ ANAS di provvedere alla sigillatura della strada a mezzo di guardrail, né in base alla normativa vigente, né in base a una valutazione di oggettiva pericolosità del luogo. In ogni caso il sinistro era stato determinato dalla condotta anomala e imprevedibile della conducente, tale da integrare causa esclusiva del danno. E invero la S., totalmente ignorando la segnaletica orizzontale e verticale, abbandonata la sede stradale alla guida della sua autovettura, era andata a collidere contro il cartello che segnalava la curva; aveva percorso oltre 17 metri sulle strisce delimitanti l’area sottratta alla circolazione e altri 17 metri di scarpata, finché il veicolo non si era ribaltato sullo sterrato sottostante. Ha anche aggiunto che, con tutta probabilità, stando ai rilievi degli esperti, al momento del fatto la conducente non indossava cintura di sicurezza, viaggiava a velocità ben superiore al limite di cinquanta chilometri orari, aveva bevuto alcolici. In tale contesto era agevole ipotizzare che un eventuale guardrail presente sul posto sarebbe stato travolto dal veicolo.
Siffatto convincimento – ha precisato il decidente – non era infirmato dal contenuto delle norme tecniche (regolamentari), relative alle protezioni del tipo guardrail, prodotte insieme alla comparsa conclusionale, perché, a prescindere da ogni considerazione sulla tempestività della nuova allegazione difensiva, la stessa parte appellante aveva finito per ammettere che l’adozione del guardrail non era imposta dal rapporto tra larghezza della sede stradale e profondità della scarpata, a meno di non volere del tutto illogicamente calcolare il predetto rapporto prendendo come parametro di riferimento il punto in cui la S. aveva perso il controllo dell’autovettura.
3.1 A fronte di tale percorso argomentativo, che non tralascia alcuno dei rilievi difensivi di parte attrice, i motivi sono palesemente volti a prospettare censure di merito, precluse in sede di legittimità.
Essi ruotano i torno a un unico punto: il rapporto di custodia, o comunque il principio del neminem laedere, avrebbero imposto l’apposizione di rete di recinzione, e segnatamente di un guardrail. Peraltro, considerato che la Corte ha ragionato dando per scontato che la pretesa violazione della cautela si riferiva al solo tratto in curva, gli impugnanti vengono qui a sostenere, cumulativamente deducendo l’erronea ricognizione delle fattispecie astratte previste dalle norme richiamate, ovvero della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, che la recinzione doveva riguardare, in realtà, anche il tratto rettilineo, dove la S. ebbe a perdere il controllo dell’autovettura.
E tuttavia siffatta lettura delle regole di comune prudenza e delle stesse disposizioni regolamentari in tema di manutenzione delle strade pubbliche è chiaramente eccedente, rispetto alle misure concretamente esigibili dal gestore, non essendo ragionevolmente ipotizzabile una foderatura dell’intera rete viaria, anche nei tratti oggettivamente non pericolosi, al fine di neutralizzare qualsivoglia anomalia nella condotta di guida degli utenti.
A ciò aggiungasi che le deduzioni degli impugnanti partono dal rilievo che la protezione della scarpata a mezzo di guardrail avrebbe impedito l’incidente o ne avrebbe di gran lunga attutito le conseguenze. Trattasi tuttavia di assunto affatto ipotetico, alla luce della ricostruzione delle modalità del sinistro accolta da giudice di merito.
Non può invero sfuggire che l’assoluta eccezionalità del comportamento della S. – perciò stesso elevato a ruolo di causa esclusiva del danno – è stata dalla Corte argomentata sulla base di dati di fatto inoppugnabili, come la collisione tra il veicolo e il cartello segnaletico, ovvero l’ampiezza dell’area sottratta alla circolazione, sulla quale ebbe a transitare il veicolo prima di finire nella scarpata, il che rende estremamente plausibile la riconducibilità dell’evento a un fatto straordinario, perciò stesso estraneo al convenuto e da questo non governabile.
In tale contesto, mentre le critiche concernenti la ritenuta ascrivibilità alla stessa vittima della eziologia del sinistro, segnatamente svolte nel primo e nel terzo motivo di ricorso, mirano chiaramente a sollecitare una rilettura del fatti e delle prove preclusa in sede di legittimità, le deduzioni relative alla omessa protezione del dirupo, di cui al secondo, al quinto e al settimo motivo di ricorso, al pari di quelle sulla mancata osservanza degli obblighi di manutenzione, oggetto, in particolare, del quarto, dell’ottavo, del nono, del decimo e dell’undicesimo mezzo, appaiono avulse dal contesto fattuale di riferimento e dalla plausibile valutazione fattane dalla Corte territoriale.
3.2 In realtà, tutte le argomentazioni svolte in ordine alla intrinseca pericolosità dei luoghi- e le connesse considerazioni relative alla necessità di proteggere l’utente attengono a valutazioni non prospettabili in questa sede, perché nel procedimento civile il controllo di legittimità sulle pronunce dei giudici di merito non si configura come terzo grado di giudizio, bensì come uno strumento preordinato all’annullamento delle pronunzie viziate da violazione di norme, ovvero da omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione, vulnera che le parti devono denunciare in modo espresso e specifico, con puntuale riferimento a una o più delle ipotesi previste dall’art. 360 cod. proc. civ., e nelle forme e con i contenuti prescritti dall’art. 366 cod. proc. civ.
4 Non è superfluo aggiungere che i rilievi in ordine alla asserita tardività della produzione del d.m. n. 223 del 1992, svolti nel sesto motivo, sono assorbiti dalla circostanza che, in ogni caso, malgrado siffatta enunciazione, le prescrizioni contenute nella fonte regolamentare citata sono state vagliate da giudice a quo, sicché i ricorrenti non hanno, in sostanza, interesse all’esame della censura.
5 In definitiva il ricorso deve esse:integralmente rigettato. Le peculiarità della vicenda, in ragione anche della interferenza delle fonti regolamentari sulla sicurezza delle strade, di lettura non sempre agevole, consigliano di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Depositata in Cancelleria il 18.07.2011

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