Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-08-2012, n. 14194

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Il giudice del lavoro del Tribunale di Catanzaro rigettò il ricorso di S.D., col quale quest’ultimo aveva contestato la legittimità del provvedimento di nomina del 16/6/03 di R. R. a direttore della struttura complessa U.O. di chirurgia pediatrica presso l’azienda ospedaliera "Pugliese Ciaccio", dopo aver rilevato che il ricorrente non aveva espressamente richiesto, con l’atto introduttivo, la declaratoria di illegittimità del giudizio di idoneità formulato dalla commissione esaminatrice, per cui finivano per divenire irrilevanti le questioni prospettate circa la mancanza dell’anzianità di servizio in capo al vincitore del bando di concorso pubblico.

A seguito dell’impugnazione proposta in via principale dal S. ed in via incidentale dal R., la Corte d’Appello di Catanzaro – sezione lavoro, con sentenza del 12/3-11/6/09, ha rigettato l’appello principale e dichiarato non luogo a provvedere su quello incidentale, compensando tra le parti le spese del giudizio.

La Corte di merito, dopo aver preso atto che il dr. S. aveva posto a fondamento della domanda sia la eccepita carenza del requisito dell’anzianità di servizio della controparte, sia il vizio dell’incompletezza dell’istanza di partecipazione alla selezione, elementi, questi, ostativi alla partecipazione del controricorrente al concorso, ha tuttavia affermato che il giudice di prime cure non era incorso nel denunziato vizio di violazione di cui all’art. 112 c.p.c.. Ciò in quanto, pur in presenza di una domanda del S. diretta a negare la partecipazione del concorrente in base alla eccepita carenza dei requisiti prescritti dal bando, il giudice di prime cure aveva, comunque, proceduto alle opportune verifiche, sia perchè il giudizio di idoneità del contestato concorrente non gli precludeva il successivo accertamento dei requisiti per il conferimento dell’incarico, sia perchè la ricorrenza dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione della pubblica amministrazione doveva essere verificata anche in relazione alle ipotesi di lavoro privatizzato. D’altronde, secondo il giudice d’appello, il requisito del possesso dei sette anni di servizio, di cui cinque nella disciplina equipollente, da parte del R., non poteva essere posto in dubbio per il solo fatto che in sede giurisdizionale amministrativa era stato annullato il concorso che gli aveva consentito la nomina a primario della divisione di chirurgia pediatrica dell’ospedale pugliese, atteso che lo svolgimento effettivo dal 1995 al 2002 delle suddette funzioni di primario soddisfaceva pienamente il requisito previsto dal bando di concorso. Infine, non era ostativa alla partecipazione al concorso la mancata indicazione della condanna penale per omicidio colposo riportata da R., in quanto la mancanza di un tale tipo di condanna non era prevista tra i requisiti generali e specifici di ammissione al relativo bando e, d’altra parte, la permanenza del rapporto di lavoro anche dopo la condanna riportata nel 1995 escludeva che quest’ultima potesse rappresentare un fatto preclusivo dell’insorgenza del rapporto di pubblico impiego o un fatto dal quale potesse derivarne la destituzione o la dispensa dall’impiego stesso.

In ogni caso la Commissione esaminatrice era pervenuta alla valutazione di idoneità del R. dopo l’integrazione della domanda, oltretutto disposta per tutti i candidati, per cui non aveva più alcuna rilevanza la lamentata mancanza di indicazione della predetta condanna. Per la cassazione della sentenza propone ricorso S.D., il quale affida l’impugnazione a due motivi di censura.

Resistono con controricorso l’Azienda ospedaliera "Pugliese – Ciaccio" di Catanzaro e R.R..

Il ricorrente e l’intimata azienda ospedaliera depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente, va rilevata la nullità della procura apposta a margine dell’atto di costituzione depositato per R.R., con la quale, in particolare, risulta conferito mandato all’avv. Alfredo Consarino in sostituzione del compianto avv. Antonio Tassoni ed in aggiunta al già nominato avv. Giuseppe Spadafora, con la conseguente nullità della costituzione in giudizio dell’avv. Consarino, ferma restando la validità della costituzione dell’avv. Spadafora.

Nel giudizio di cassazione, infatti, come ripetutamente affermato da questa Corte (nel regime anteriore alla L. n. 69 del 2009), "la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poichè l’art. 83 c.p.c., comma 3, nell’elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica con riferimento al giudizio di cassazione soltanto quelli sopra individuati; ne consegue che se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal citato art. 83, comma 2, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata" (v. fra le altre Cass. 9-4-2009 n. 8708, Cass. 20-8-2009 n. 18528) D’altra parte nella fattispecie, "ratione temporis", neppure potrebbe invocarsi, con riguardo alla costituzione dell’avv. Consarino, il nuovo testo dell’art. 83 c.p.c., secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine o in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso (come ad esempio la memoria di nomina di un nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato), in quanto lo stesso si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 45 (4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83 c.p.c., comma 2, (v. Cass. 26-3-2010 n. 7241, Cass. 28-7-2010 n. 17604).

1. Col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione del D.P.R. 10 dicembre 1997, n. 484, art. 5, lett. b, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, oltre che la violazione dei requisiti richiesti dall’avviso di selezione e la violazione dei principi di correttezza e buona fede ex artt. 1337 e 1375 c.c..

Il quesito di diritto formulato a conclusione del motivo è il seguente: "Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione che il consentire da parte dell’Azienda Sanitaria datrice di lavoro la partecipazione ad una selezione pubblica per l’attribuzione del posto di responsabile di struttura sanitaria complessa ad un aspirante che non vanta il requisito richiesto dalla legge e dall’avviso di selezione di sette anni di anzianità di servizio di cui cinque nella disciplina specifica o in disciplina equipollente, per avere egli esercitato il servizio in virtù di un precedente atto di nomina annullato in sede giurisdizionale ed amministrativa, costituisce violazione di norme inderogabile e dei principi di correttezza e buona fede e comporta la nullità o annullabilità del contratto di lavoro di diritto privato stipulato tra l’Azienda Sanitaria datrice di lavoro e il soggetto che abbia partecipato alla selezione pubblica in violazione dei suddetti principi, con conseguente diritto al risarcimento dei danni degli altri partecipanti alla selezione, nonchè dei medici della struttura sanitaria la cui direzione sia stata assegnata in violazione delle suddette norme imperative e principi generali".

In pratica, secondo il ricorrente, la mancanza del requisito dei sette anni di anzianità di servizio previsto dal bando, anzianità maturata dal 1995 al 2002 per effetto di un procedimento concorsuale annullato, rappresentava un vizio originario della conseguente assegnazione definitiva dell’incarico che dava diritto agli altri concorrenti a conseguire il risarcimento dei relativi danni.

Il motivo è infondato.

Anzitutto, va chiarito che le norme codicistiche appena menzionate, delle quali si assume la pretesa violazione, non si adattano alla fattispecie in esame, non vertendosi, nel nostro caso, in materia di responsabilità precontrattuale (art. 1337 c.c.) e, tanto meno, di esecuzione in buona fede del contratto (art. 1375 c.c.), come erroneamente supposto dal ricorrente, bensì nel più circoscritto ambito della interpretazione delle regole del bando di pubblico concorso, per cui il riferimento alle suddette norme del codice civile finisce per rivelarsi inconferente.

Al contrario, il ricorrente avrebbe dovuto mettere in discussione l’interpretazione della norma del bando di concorso riflettente l’anzianità di servizio di cui al D.P.R. 10 dicembre 1997, n. 484, art. 5, comma 1, lett. b), così come operata dalla Corte d’appello, la quale ha risolto la questione sulla base del valore giuridico preminente attribuito all’anzianità di servizio maturata nello specifico settore dal R. ai fini del raggiungimento del requisito necessario per la partecipazione alla pubblica selezione.

Infatti, il giudice d’appello, con ragionamento logico, ha ritenuto che lo svolgimento di fatto per un determinato periodo, da parte del R., delle funzioni di primario e di quelle chirurgiche presso la direzione del reparto pediatrico pugliese sulla scorta di un titolo valido, quale l’ordinanza del 18 marzo 1997 del Consiglio di Stato, rappresentava un dato insopprimibile e realmente verificatosi, tale da essere entrato a far parte dell’anzianità professionale del concorrente come dato acquisito ai fini della maturazione del requisito richiesto per la partecipazione alla selezione. In maniera altrettanto logica la Corte di merito ha evidenziato che l’esercizio di fatto delle funzioni richieste dal bando fu consentito al R. proprio grazie all’ordinanza del 18/3/97 del Consiglio di Stato che aveva sospeso l’efficacia della esecuzione della sentenza del 18/10 – 2/11/96 del Tar che aveva inizialmente annullato il concorso prodromico a quell’incarico, per cui la successiva conferma di tale sentenza non avrebbe potuto mai comportare l’azzeramento di un dato fattuale che aveva già esaurito i suoi effetti, entrati ormai a far parte del patrimonio professionale del lavoratore, il quale poteva farli valere ai fini della dimostrazione del possesso del relativo requisito previsto dal bando.

Ebbene, tale specifica "ratio decidendi" non risulta scalfita dalla prospettata censura che è incentrata sull’asserita violazione delle norme sulla responsabilità precontrattuale, sull’esecuzione in buona fede del contratto e del principio della "par condicio", quando, in realtà, le questioni poste con riferimento alla presunta applicazione delle suddette norme del codice civile esulano dal presente campo di indagine che rimane, invece, circoscritto alla interpretazione della regola del bando di concorso inerente la configurazione del requisito dell’anzianità di servizio utile per la partecipazione alla selezione.

Infatti, nel quesito di diritto non è affrontato in modo specifico il punto nodale della sentenza impugnata, vale a dire la ritenuta legittimità, sulla base della predetta ordinanza del Consiglio di Stato, dell’espletamento da parte del R. del servizio per il tempo utile alla configurazione del requisito previsto dal bando. La congruità di tale specifica motivazione rimane, pertanto, insuperata alla luce delle obiezioni mosse all’impugnata sentenza sotto profili che non interessano direttamente a materia del contendere.

2. Col secondo motivo è lamentata la violazione dei requisiti richiesti dall’avviso di selezione e dei termini ivi fissati, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la violazione dei principi di correttezza e buona fede ex artt. 1337 e 1375 c.c..

Il quesito di diritto che viene, al riguardo, formulato è il seguente: "Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione che il consentire da parte dell’Azienda Sanitaria datrice di lavoro la partecipazione ad una selezione pubblica per l’attribuzione del posto di responsabile di struttura sanitaria complessa ad un aspirante che non abbia dichiarato nei termini previsti dall’avviso di selezione la condanna penale da lui riportata e passata in giudicato ed il consentire l’integrazione della domanda di partecipazione oltre la scadenza dei termini fissati nell’avviso, costituiscono violazioni di norme inderogabili e dei principi di correttezza e buona fede e comportano la nullità o annullabilità del contratto di lavoro di diritto privato stipulato tra l’Azienda Sanitaria datrice di lavoro e il soggetto che abbia partecipato alla selezione pubblica in violazione dei suddetti principi, con conseguente diritto al risarcimento dei danni degli altri partecipanti alla selezione, nonchè dei medici della struttura sanitaria la cui direzione sia stata assegnata in violazione delle suddette norme imperative e principi generali".

Ci si riferisce, in particolare, alla mancata dichiarazione nei termini, da parte del R., della riportata condanna penale, all’opportunità consentitagli di integrare la documentazione ed alla conseguente asserita violazione dei suddetti principi, ivi compreso quello della "par condicio" tra i concorrenti.

Anche in tal caso valgono per le lamentate violazioni alle norme di cui agli artt. 1337 e 1375 c.c. le considerazioni svolte da questa Corte nella disamina del precedente motivo con riguardo alla inammissibilità del richiamo alle norme codicistiche in tema di responsabilità precontrattuale e di esecuzione del contratto, ribadendosi che nella fattispecie si versa nella diversa ipotesi di verifica dell’interpretazione, eseguita dai giudici di merito, delle norme del bando di pubblico concorso.

In particolare, per quel che concerne la questione della mancata indicazione della riportata condanna penale non può non rilevarsi un evidente profilo di inammissibilità della censura, posto che, in violazione del principio di autosufficienza che governa il giudizio di legittimità, non è precisato in quale punto del bando, in che modo e in quali termini era stata prevista la dedotta obbligatorietà della indicazione delle condanne penali, per cui non si consente nemmeno di accertare se in ipotesi l’interpretazione della relativa disposizione sia affetta dai supposti vizi di legittimità.

In definitiva, l’erroneità della prospettazione dei dedotti vizi di legittimità alla luce delle summenzionate norme codicistiche rappresenta una conseguenza della omessa impugnazione specifica dei criteri interpretativi adottati dalla Corte di merito con riguardo all’applicazione delle disposizioni del bando di concorso, atteso che la soluzione della vicenda operata da quest’ultima, vale a dire l’attribuzione preminente alla anzianità di servizio maturata nel periodo in cui l’esecuzione della sentenza del TAR era stata sospesa dal Consiglio di Stato, riposa su una motivazione che appare congrua ed immune da vizi di natura logico-giuridica.

Infatti, non può non rilevarsi che a fronte della motivazione del giudice d’appello che fa leva sulla definitiva acquisizione nel patrimonio giuridico del R. dell’anzianità ritenuta sufficiente dal bando per l’accesso alla selezione, anzianità a sua volta maturata grazie all’operatività del titolo giudiziale rappresentato dall’ordinanza di sospensione della sentenza del TAR da parte del Consiglio di Stato, l’odierno ricorrente non spiega per quale specifico motivo una tale interpretazione delle norme del bando non dovrebbe considerarsi corretta, limitandosi ad invocare norme non pertinenti al caso in esame, quali quelle sulla responsabilità precontrattuale dei contraenti e sulla esecuzione in buona fede del contratto.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno poste a suo carico nella misura liquidata come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio per ognuno dei due intimati nella misura di Euro 2500,00 per onorano ed Euro 40,00 per esborsi, oltre IVA, CPA e spese generali ai sensi di legge.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2012
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