Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2013) 14-02-2013, n. 7331

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 20/12/2011, la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme che aveva dichiarato A.G. della contravvenzione di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, e, previa concessione delle attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di giorni venti di arresto ed Euro 100,00 di ammenda, con i benefici di legge.

Il reato era stato contestato in relazione al rinvenimento da parte dei Carabinieri di un coltello nell’autovettura dell’imputato. La Corte rilevava che il coltello era stato trovato in ora notturna e in zona isolata in un vano allocato tra i sedili anteriori e, quindi, immediatamente disponibile per il conducente. L’imputato aveva giustificato l’agitazione osservata dai militari con la sua necessità di assumere una bustina di medicinale: ma ciò era inverosimile, in quanto egli era appena uscito da una pizzeria, dove avrebbe potuto assumerla e tenendo conto che, nell’autovettura, non era stato rinvenuto liquido per sciogliere la medicina; la Corte riteneva, poi, irragionevole la giustificazione addotta dell’utilizzo del coltello per collegare la cassa anteriore mal funzionante allo stereo; riteneva, ancora, che la funzionalità multiuso del coltello non ne legittimava il porto ingiustificato fuori dall’abitazione.

Secondo la Corte, trattandosi di arma da punta e da taglio, non era concedibile l’attenuante del caso di lieve entità.

2. Ricorre per cassazione A.G., deducendo l’erronea applicazione della legge penale e la mancanza di motivazione.

La Corte territoriale aveva confermato in maniera acritica la sentenza di primo grado, evidenziando lo stato di agitazione dell’imputato all’atto del controllo dei Carabinieri, stato che derivava dalla necessità di assumere un medicinale, e ritenendo inverosimile la giustificazione addotta dall’imputato per la presenza del coltello nel vano portaoggetti dell’autovettura (necessità di collegare la cassa mal funzionante dell’automezzo con lo stereo): in realtà, trattandosi di coltellino multiuso, lo stesso veniva portato nel mezzo non per uno scopo preciso, ma per l’utilità che poteva avere nel corso della giornata, cosicchè il giustificato motivo è insito nella natura stessa dello strumento.

Il ricorrente segnalava che la Corte avrebbe potuto riconoscere l’attenuante di lieve entità, attesa la natura dell’arma e avrebbe dovuto, comunque, assolvere l’imputato, quanto meno ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2.

Motivi della decisione

1. Il motivo attinente il vizio di motivazione è manifestamente infondato: la Corte ha esaminato tutte le circostanze del fatto, le giustificazioni addotte dall’imputato e i motivi di appello, esprimendo le sue valutazioni con motivazione del tutto logica e in nessun modo contraddittoria rispetto ad altri atti del processo.

2. Altrettanto infondata è la tesi secondo cui, poichè il coltello portato fuori dall’abitazione era un coltellino "multiuso", la giustificazione per il porto è insita nella natura dell’oggetto, utilizzandolo il possessore a seconda delle necessità che si presentano: si tratta di coltello per il cui porto la legge non formula alcuna eccezione al divieto, salvo il caso di giustificato motivo.

Il motivo, però, non può essere astratto e generico; infatti il "giustificato motivo" del porto degli oggetti di cui al L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, comma 2, ricorre solo quando particolari esigenze dell’agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento, alla normale funzione dell’oggetto, (da ultimo Sez. 1, n. 4498 del 14/01/2008 – dep. 29/01/2008, Genepro, Rv. 238946).

3. Fondato è, invece, il motivo attinente la mancata concessione dell’attenuante del fatto di lieve entità, provvedimento che la Corte territoriale motiva solo in punto di diritto.

Questa Corte ha affermato ripetutamente che la circostanza attenuante di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, comma 3, è applicabile al porto di tutte le armi improprie, indicate nel secondo comma del citato art. 4, posto che tali armi sono comprese nella espressione "oggetti atti ad offendere". (Sez. 1, n. 12915 del 01/03/2012 – dep. 05/04/2012, P.G. in proc. Corso, Rv. 252272; Sez. U, n. 861 del 27/11/1982 – dep. 01/02/1983, Paola Andrea, Rv.

157193).

Si è, infatti, osservato che la L. n. 110 del 1975, pur modificando profondamente la regolamentazione delle armi, ha tuttavia lasciato inalterata la tradizionale distinzione tra armi proprie da un lato – quelle cioè da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona – e armi improprie dall’altro, costituite da oggetti che, pur avendo una diversa e specifica destinazione, possono tuttavia servire, per caratteristiche strutturali o in dipendenza di determinate circostanze di tempo o di luogo, per l’offesa delle persone.

La stessa legge ha anche operato, in questa summa divisio, un ampliamento della nozione delle predette due categorie, comprendendo in quella di armi proprie, di cui all’art. 4, comma 1, non solo gli strumenti da punta o da taglio la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona (R.D. n. 635 del 1940, art. 45, che ha approvato il regolamento per l’esecuzione del cit. T.U. n. 773 del 1931 delle leggi di pubblica sicurezza), ma anche mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente e noccoliere, e nella nozione di armi improprie contemplate dall’art. 4, comma 2, non solo i bastoni muniti di puntale e gli strumenti da punta o da taglio atti a offendere (art. 45, comma 2, reg. citato), ma anche mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche e qualsiasi altro strumento, non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, "chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona".

In tal modo le due specie di strumenti diversi indicate nell’art. 4, comma 2 sono ricomprese nell’unica categoria di armi improprie, perchè sia l’una che l’altra contemplano oggetti o strumenti solo occasionalmente offensivi per la persona.

Pertanto l’attenuante di cui all’art. 4, comma 3 è applicabile a tutte le armi improprie indicate nel comma 2 dello stesso articolo, e non ai soli oggetti atti a offendere.

La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata con rinvio limitatamente all’attenuante del fatto di lieve entità: resta comunque affidato al giudice di merito l’accertamento in concreto della sussistenza dei presupposti giustificativi dell’attenuante in discorso, alla luce delle caratteristiche dell’oggetto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’attenuante del fatto di lieve entità e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro; dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *