Cass. civ. Sez. III, Sent., 07-08-2012, n. 14190

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Svolgimento del processo
Proposta opposizione ex art. 619 cod. proc. civ. dalla XXX s.a.s. di XXX & C. (di seguito brevemente s.a.s. XXX) avverso il pignoramento immobiliare, conseguente a sequestro, eseguito dalla XXX s.r.l. (di seguito brevemente s.r.l. XXX) a carico di F.F., l’adito Tribunale di Brescia – decidendo con sentenza in data 23.11.2004 nella contumacia sia della opposta società XXX a r.l. che del debitore esecutato F.F. – dichiarava l’illegittimità del pignoramento e della esecuzione immobiliare, con conseguente inefficacia del relativo titolo esecutivo, condannando l’opposta alla rifusione delle spese processuali.
La questione proposta con l’atto di opposizione riguardava l’anteriorità e conseguente priorità della trascrizione della domanda arbitrale relativa al trasferimento dei beni di F. F. in favore della s.a.s. XXX rispetto alla trascrizione del sequestro, convertito in pignoramento, eseguito da XXX sui medesimi beni.
Argomentava il Tribunale che nessuna valenza poteva riconoscersi al sequestro concesso dal giudice designato a favore della s.r.l. XXX con decreto emesso inaudita altera parte in data 12.07.1999 perchè revocato dallo stesso giudice in data 27.07.1999, mentre il sequestro concesso dal collegio, in sede di reclamo, in data 09.09.1999 era stato trascritto su beni immobili del F. soltanto in data 13.10.1999, successivamente alla trascrizione, in data 11.9.1999, della domanda di arbitrato relativa al trasferimento dei medesimi beni all’opponente, oggetto di successivo lodo, trascritto il 22.06.2000.
Proposto appello dalla s.r.l. XXX, la Corte di appello di Brescia – decidendo con sentenza in data 6.7.2009 nella contumacia di F. F. – rigettava l’appello, confermando l’impugnata sentenza con la sola esclusione dell’inciso "con conseguente inefficacia del relativo titolo esecutivo" contenuto nel punto 1 del dispositivo;
condannava la s.r.l. XXX al rimborso delle spese processuali del grado in favore della s.a.s. XXX.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l.
XXX, svolgendo sette motivi.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.
Motivi della decisione
1. I primi cinque motivi si incentrano tutti sulla questione dell’efficacia del lodo arbitrale, avente ad oggetto il trasferimento dei beni di F.F. alla XXX s.a.s. di XXX e C..
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Parte ricorrente – premesso che la domanda arbitrale riguardava l’accertamento della scrittura privata in data 01.09.1999 dell’atto costitutivo della XXX s.a.s. di XXXMassimiliano e C. e di conferimento dei beni di F.F. alla società – si duole che la Corte di appello abbia ritenuto inammissibile l’eccezione di non integrità del contraddittorio nel giudizio arbitrale; osserva che nell’atto di appello aveva dedotto l’inefficacia della pronuncia emessa in sede arbitrale, testualmente rilevando che non vi era stata "la vocatio in ius di tutti i soggetti, mancando F.M. (v. doc. 5) nel processo arbitrale e, perciò, essendo la medesima inutiliter data"; deduce che tale censura era sufficientemente specifica, contenendo sia l’indicazione del fatto (e, cioè, la "pretermissione nel procedimento cautelare (sic) di una delle parti stipulanti l’accordo di costituzione di IMMO, F.M.") , sia il riferimento al documento n. 5 (e cioè la vocatio in ius nel procedimento arbitrale con invito alla nomina di arbitro e alla proposizione domande, proveniente dal suddetto F.M., in qualità di socio accomandatario della XXX s.a.s., oltre che da F., P. ed F.E. e diretto all’accertamento nei confronti di F.F. dell’autenticità di una scrittura privata).
1.2. Con il secondo si censura violazione degli artt. 99, 101 e 345 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia ritenuto inammissibile la medesima eccezione sotto il profilo del divieto del novum in appello; osserva che, in effetti, tutto il suo impianto difensivo era "nuovo", essendo stata contumace in primo grado e che la censura formulata in ordine al difetto del contraddittorio non costituiva una domanda "nuova", ma solo un’argomentazione difensiva al fine di sentire dichiarare ad essa inopponibile il lodo, per la pretermissione nel relativo giudizio arbitrale del F. M. in proprio.
1.3. Anche con il terzo motivo di ricorso si censura violazione degli artt. 99, 101 e 345 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In sostanza la ricorrente società insiste sulla possibilità per la parte rimasta contumace in primo grado di rilevare la non integrità del contraddittorio nel giudizio arbitrale, per la pretermissione di F.M. in proprio, sostenendo che non vi fosse alcun ampliamento del tema di indagine, in quanto risultava immutata la richiesta di rigetto di ogni pretesa dell’appellata.
1.4. Con il quarto motivo si censura violazione degli artt. 1362 e 1372 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Parte ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ritenuto la censura di difetto del contraddittorio nel giudizio arbitrale, oltre che inammissibile, anche infondata, sul presupposto che l’eccezione fosse contrastata dal tenore dell’intestazione della domanda arbitrale; in contrario senso osserva che la circostanza che F.M. venisse qualificato come legale rappresentante della società sia nella intestazione del ricorso, sia nell’intestazione del lodo arbitrale non contrastava con l’assunto della mancata partecipazione al giudizio dello stesso F.M. in proprio.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 2652 c.c., comma 1, n. 3 e artt. 2644 e 2657 cod. civ.. Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia omesso di motivare sulle censure da essa svolte in appello in ordine alla valenza del lodo; e ciò in quanto vi sarebbe stato uno "straripamento dal campo e dai poteri affidati al collegio" arbitrale e perchè, in ogni caso, la scrittura autentica non poteva valere come titolo per la trascrizione del conferimento di diritti proprietari.
1.5.1. I cinque motivi possono esaminarsi congiuntamente, perchè risultano in buona parte ripetitivi e comunque, strettamente connessi, incentrandosi, tutti, sul tema dell’efficacia (ergo, dell’opponibilità) al creditore del lodo arbitrale.
In via di principio si osserva che il divieto dello ius novorum non concerne soltanto le allegazioni in fatto, e l’indicazione degli elementi di prova, ma anche (e soprattutto) le domande (principale e/o riconvenzionale) e le eccezioni in senso proprio, nonchè la specificazione delle causae petendi fatte valere in giudizio come sostegno delle suddette domande ed eccezioni, restando escluse dal divieto dei nova stabilito dall’art. 345 cod. proc. civ., le mere difese, vale a dire le deduzioni con cui la parte contesta la sussistenza degli elementi costitutivi della pretesa fatta valere con la domanda, che sono sempre deducibili, perchè esse attengono a circostanze relativamente alle quali l’onere della prova grava sulla parte attrice.
Inoltre ai fini del requisito della specificità dei motivi di gravame, prescritto dall’art. 342 cod. proc. civ., occorre indicare nell’atto di appello, anche mediante un’esposizione sommaria, le doglianze in modo tale che il giudice del gravame sia posto in grado non solo di identificare i punti impugnati, ma anche le ragioni di fatto e di diritto in base alle quali viene richiesta la riforma della pronuncia di primo grado.
Ciò posto e considerato che parte ricorrente, contumace in primo grado, non ha chiesto di essere rimessa in termini (nè ha dedotto, neppure nel presente ricorso, l’esistenza dei relativi presupposti), si osserva, innanzitutto, che le argomentazioni addotte a sostegno dei motivi di ricorso non appaiono idonee a smentire la ricostruzione effettuata dalla sentenza secondo cui, nel caso di specie, non vi era stata una semplice precisazione di una tematica già acquisita al giudizio, ma l’inserimento di un nuovo thema decidendum, e cioè – non più e non solo la questione dell’anteriorità o meno della trascrizione della domanda arbitrale, oggetto del successivo lodo, rispetto al sequestro – quanto piuttosto quella dell’opponibilità del giudicato arbitrale.
Anche l’altro rilievo di aspecificità della censura, svolto dalla Corte di appello a sostegno dell’inammissibilità dell’eccezione, risulta giustificato dalla succinta esposizione del motivo di appello e convalidato dall’esigenza, avvertita da parte ricorrente, di ulteriori precisazioni, svolte (inammissibilmente) anche in fatto solo nel ricorso all’esame, circa la posizione del F. M. "in proprio" e la partecipazione, in tale qualità, dello stesso al negozio costitutivo della società.
1.5.2. Ciò posto – pur considerando che ognuna delle due rationes decidendi individuate dalla Corte di appello regge alle critiche di parte ricorrente – il Collegio non ritiene superfluo aggiungere le considerazioni che seguono.
Innanzitutto si osserva che il difetto del contraddittorio può essere fatto valere dal litisconsorte pretermesso con apposita actio nullitatis o con il rimedio impugnatorio straordinario ex art. 404 c.p.c., comma 1; mentre, a norma del comma 2 dello stesso art. 404 cod. proc. civ. il creditore di una delle parti (qual è per l’appunto la s.r.l. XXX nei riguardi di F.F.) che subisce il pregiudizio per effetto di una sentenza emessa a carico del suo debitore, può proporre opposizione di terzo revocatoria a condizione che la sentenza sia frutto di dolo o collusione in suo danno entro il termine di trenta giorni dalla relativa scoperta.
In sostanza le deduzioni dell’odierna ricorrente – prima ancora che "nuove" – erano anche inconferenti, posto che la stessa non era legittimata a far valere il difetto di contraddittorio e avrebbe potuto ottenere l’accertamento dell’inefficacia, nei suoi confronti, del lodo arbitrale, solo mediante tempestivo esperimento dell’opposizione revocatoria (ovvero, ricorrendone i presupposti, avrebbe potuto esperire l’azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ. nei confronti dell’atto di disposizione del debitore).
1.5.3. Giova aggiungere, con più specifico riguardo al quinto motivo, che – ove le censure dell’appellante non si ritenessero implicitamente disattese in considerazione della delimitazione del thema decidendum all’ordine delle trascrizioni – il motivo stesso incorrerebbe, comunque, in un profilo di inammissibilità per erronea individuazione della tipologia di vizio, dal momento che – denunciando l’omesso esame di una specifica ragione di doglianza – avrebbe dovuto essere proposto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, prefigurando un error in procedendo per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ..
2. Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 671 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
2.1. Il motivo affronta il tema centrale del contendere e, cioè, quello della successione delle trascrizioni a carico dell’esecutato F.F.. Al riguardo la Corte di appello – condividendo l’impostazione del primo giudice – ha escluso di poter mutuare dal regime delle impugnazioni i principi applicabili alle "fasi" del procedimento cautelare; in particolare ha precisato che il sequestro concesso ante causavo, inaudita altera parte ha efficacia meramente interna, essendo soggetto a conferma, modifica o revoca nel contraddittorio delle parti, con la conseguenza che, nell’ipotesi che il decreto venga revocato, il sequestro ("e cosi anche la sua trascrizione", cfr. pag. 7 della sentenza) perde efficacia e non può "rivivere" per effetto dell’ordinanza collegiale, che accolga il reclamo, incidendo questa solo sul provvedimento reclamato. Tenuto conto, dunque, che, nella specie, l’ordinanza collegiale in data 09.09.1999 (accogliendo il reclamo della s.r.l. XXX avverso il provvedimento di rigetto del sequestro) non aveva "confermato" il primo provvedimento positivo, emesso dal giudice designato in via provvisoria, ma aveva semplicemente accolto (per la prima volta a chiusura della seconda fase del procedimento) l’originario ricorso per sequestro, la Corte di appello ha ritenuto che detto sequestro, eseguito sui beni di F.F. il 13.10.1999, non fosse opponibile al terzo XXX che aveva nelle more trascritto la domanda relativa al trasferimento dei medesimi beni a proprio favore, osservando che non a caso l’appellante, ottenuta la (nuova) autorizzazione aveva proceduto a nuova trascrizione.
2.1.1. In contrario senso parte ricorrente osserva che la decisione impugnata si pone, in parte qua, in contrasto, sul piano sostanziale, con il disposto dell’art. 2668 cod. civ.; e ciò in quanto l’ordine di cancellazione della "prima" trascrizione del decreto di sequestro (da essa ricorrente, comunque, non eseguito) non poteva essere emesso con ordinanza pronunciata "nel primo grado cautelare", ma avrebbe potuto conseguire, in difetto di un accordo tra le parti in tal senso, solo a una sentenza passata in giudicato ovvero in caso di negativa conclusione del "secondo grado cautelare", in quanto le norme in tema di cancellazione della trascrizione sono tassative;
lamenta, inoltre, che i giudici del merito, soffermandosi esclusivamente sull’aspetto processuale della vicenda, abbiano ipotizzato un’anomala figura di inefficacia della trascrizione, peraltro configurando il rito cautelare, come una sorta di "compartimenti stagni" in contrasto con l’unitarietà del procedimento e con le stesse finalità dell’istituto; osserva, altresì, che le argomentazioni del giudice di secondo grado, circa l’avvenuta esecuzione della (seconda) trascrizione sono "eccentriche" rispetto alla soluzione della questione.
3. Va premesso, ai fini della necessaria verifica dell’ammissibilità del motivo, che il quesito di diritto che lo correda, seppure con qualche ridondanza e ampollosità espressiva, è idoneo a far comprendere, da un lato, la violazione denunciata – e, cioè, l’affermazione dell’"inefficacia" della (prima) trascrizione del sequestro, conseguente al decreto emesso inaudita altera parte, per effetto dell’ordine di cancellazione contenuto nell’ordinanza pronunciata in esito alla comparizione delle parti; e ciò nonostante il positivo accoglimento dell’istanza cautelare in sede di sequestro – e, dall’altro, la richiesta alla Corte di affermare un principio di diritto, contrario a quello posto a base della decisione, che tenga conto della tassatività delle ipotesi di cancellazione.
3.1. Orbene il Collegio ritiene che il motivo di ricorso meriti di essere accolto nei termini che seguono, ancorchè non possa ritenersi pertinente il richiamo ai contenuti dell’art. 2668 cod. civ., comma 1, il quale prevede cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale "guardo è debitamente consentita dalle parti interessata ovvero è ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato".
Va, infatti, osservato che per la cancellazione della trascrizione di un provvedimento cautelare, qual è il sequestro, non è necessario attendere il passaggio in giudicato della sentenza che tale sequestro abbia dichiarato inefficace, risultando inapplicabile la disposizione di cui all’art. 2668 cit., comma 1, riguardante la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale. D’altra parte la rilevanza della formalità in parola e l’eventuale operatività del vincolo di indisponibilità (in caso di conversione del sequestro in pignoramento) anche in favore di altri creditori intervenuti rende incongruo il riferimento al "consenso" delle parti interessate contenuto nell’art. 2668 cit., comma 1 e impone la previsione di un provvedimento giurisdizionale per la cancellazione della trascrizione: questo, nella normativa ante L. n. 353 del 1990, era individuato nell’abrogato art. 683 cod. proc. civ. (in comb. disp. con il comma 2, art. 2668 cit.) e, nel sistema del rito cautelare uniforme, è rinvenibile nell’art. 669-novies cod. proc. civ., applicabile al sequestro, in comb. disp. con l’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ..
In sostanza il ripristino della situazione precedente al sequestro risulta disciplinato in modo assolutamente autonomo sulla base di una disposizione che postula un’iniziativa del giudice ad eliminare dal mondo giuridico la formalità della trascrizione; il che esclude il riferimento, per l’individuazione della fonte della cancellazione del sequestro, all’art. 2668 cod. civ., comma 1, dovendo, piuttosto, ricondursi la fattispecie al comma 2 della stessa norma, con la precisazione che l’ordine di cancellazione va emesso nelle tassative ipotesi di inefficacia del sequestro, rinvenibili nell’art. 669 novies in comb. disp. con l’art. 669 quaterdecies cod. proc. civ..
3.2. Giova aggiungere che il problema dell’applicabilità, in via estensiva, della norma di cui all’art. 669 novies cod. proc. civ. nella parte in cui prevede il potere/dovere di dare le disposizioni ripristinatorie, anche al provvedimento (di revoca del decreto) assunto dal giudice della cautela in esito alla comparizione delle parti ex art. 669 sexies cod. proc. civ., comma 2 (problema risolto positivamente dalla migliore dottrina in considerazione dell’efficacia ex tunc della revoca del decreto) non si pone in questa sede, posto che è certo – perchè risulta dalla sentenza impugnata ed è confermato da parte ricorrente – che l’ordine di cancellazione venne dato e neppure risulta che la relativa questione sia stato oggetto di specifiche censure nella naturale sede cautelare e, in specie, in sede di eventuale istanza di sospensione ovvero di reclamo.
3.2. Ciò premesso in via di principio, ritiene il Collegio che ciò che rileva in questa sede è non già se l’ordine di cancellazione della trascrizione del sequestro possa o meno essere dato dal giudice della cautela con il provvedimento di revoca del sequestro emesso ex art. 669 sexies cod. proc. civ., comma 2, bensì quale sia l’efficacia di questo ordine una volta che, in sede di reclamo, il provvedimento di revoca dell’autorizzazione del sequestro e (con esso inevitabilmente) l’ordine di trascrizione siano stati revocati.
Sotto questo profilo il motivo di ricorso coglie nel segno laddove rivendica gli effetti della trascrizione originaria, effettuata in esito al decreto (trascrizione che non sarebbe stata cancellata, come sarebbe pacifico tra le parti), stante l’inidoneità dell’ordinanza di revoca del sequestro e dell’ordine di cancellazione a produrre, di per sè, l’inefficacia della trascrizione, una volta che l’istanza di sequestro è risultata, poi, accolta in sede di reclamo.
Al riguardo il Collegio ritiene assorbente la considerazione che è la cancellazione della trascrizione che determina, in rapporto ai terzi, il venir meno degli effetti che ad essa si ricollegano, costituendo una forma di pubblicità volta a rendere noto ai terzi che è sopravvenuto un fatto idoneo a rimuovere l’effetto conservativo della trascrizione originaria. Se è vero, infatti, che gli effetti conservativi della trascrizione d’una domanda vengono meno non solo quando si determinano i fatti che impongono la cancellazione della stessa domanda, ma anche quando la cancellazione è ordinata ed eseguita sull’erroneo presupposto che quei fatti si siano determinati (Cass. 17 giugno 1994, n. 5870 in motivazione), è pur vero che è il "fatto" della cancellazione della trascrizione a configurare una forma di pubblicità negativa, impedendo di ricollegare un qualsiasi effetto alla trascrizione originaria, allo stesso modo che se non si fossero determinati i fatti costituenti presupposto della cancellazione. Ne consegue che nell’ipotesi in cui venga accertata l’esistenza dei presupposti per la trascrizione – id est venga accertata l’insussistenza dei presupposti per l’ordine di cancellazione, come nel caso che ci occupa in cui, in sede di reclamo, è stata accolta l’istanza di sequestro, con conseguente "revoca della revoca" (e, cioè, revoca dell’ordinanza che aveva rigettato l’istanza di sequestro e ordinato la cancellazione della trascrizione, revocando il precedente decreto autorizzativo del sequestro) – non vi è alcuna ragione logico-giuridica per escludere la permanente efficacia della trascrizione eseguita in forza dell’originaria autorizzazione, se l’ordine di cancellazione non risulti eseguito.
Val la pena di osservare che la Corte di appello riconoscendo all’ordinanza collegiale efficacia sostitutiva di quella emessa dal primo giudice – ha omesso di considerare che siffatta efficacia si estendeva anche all’ordine di cancellazione; nel contempo, rimarcando la circostanza che con l’ordinanza collegiale venne data una "nuova" autorizzazione a procedere al sequestro e che la s.r.l. XXX eseguì una "nuova" trascrizione, non ha verificato se tale "nuova" autorizzazione fosse necessaria (se, cioè, fu determinata dall’esecuzione dell’ordine di cancellazione) e se, invece, fosse suscettibile di essere interpretata semplicemente come "ripristinatoria" della situazione (immutata verso i terzi, nel caso di mancata cancellazione della prima trascrizione) antecedente alla revoca del sequestro.
Il sesto motivo di ricorso va, dunque, accolto, risultando assorbito l’ultimo motivo.
Ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia in diversa composizione, che deciderà in conformità al principio indicato e provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi cinque motivi di ricorso, accoglie il sesto, assorbito ogni altro; cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2012

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