Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2013) 12-02-2013, n. 6856

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 19.4.2011, il Tribunale di Livorno, in composizione monocratica e quale giudice di esecuzione, rigettava l’istanza formulata da B.A.H. di revoca ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen., della sentenza di condanna a lui inflitta per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, con sentenza Tribunale di Livorno 30.7.2009. Rilevava il Tribunale a quo, prima della sentenza CEDU intervenuta in data 28.4.2011, (con cui è stato statuito che la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16.12.2008, 2008/115/CE, andasse interpretata nel senso che essa osta ad una normativa dello stato membro che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo, il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale stato, permanga in detto territorio senza giustificato motivo) che la direttiva comunitaria determina un effetto verticale favorevole per il cittadino extracomunitario con possibilità per il giudice di disapplicare la normativa interna incompatibile con la normativa comunitaria, non equivalendo però tale effetto ad un’abrogatio criminis, con il che non possono seguire gli effetti previsti dall’art. 2 cod. pen., comma 2 connessi solo all’abrogazione o alla dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso in cassazione la difesa, per dedurre contraddittorietà ed illogicità della motivazione, errata applicazione dell’art. 2 cod. pen., come risultante dalla sentenza della corte Costituzionale 359/2010 e dalla direttiva Europea 115/2008. La difesa insiste sul fatto che la Corte Costituzionale aveva dichiarato parzialmente incostituzionale la norma di cui all’art. 14, comma 5 quater, determinando nella sostanza un’abolitio criminis, nonchè sul fatto che alla direttiva Europea 2008/115/CE del 16.12.2008, l’Italia non si era adeguata nei termini, dal che doveva conseguire l’illegittimità di tutti gli atti amministrativi emessi anteriormente alla scadenza del termine di attuazione della direttiva, in ragione del primato del diritto comunitario sulla legislazione nazionale. Poichè la condotta dell’imputato si consumò quando la direttiva non era ancora direttamente applicabile nel nostro paese, pur tuttavia la privazione della libertà personale in forme e modi diversi rispetto a quelli previsti dalla direttiva, non era applicabile dal 25.12.2010, data che rappresentò il momento dal quale la norma in oggetto non era più applicabile per contrasto con la direttiva Europea.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

L’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio.

La fattispecie di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, che punisce la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del questore, ancorchè posta in essere prima della scadenza dei termini per il recepimento della direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, deve considerarsi non più applicabile nell’ordinamento interno, a seguito della pronuncia della Corte di giustizia U.E. 28.4.2011 (nell’ambito del processo El Dridi, C-61/11PPU), che ha affermato l’incompatibilità di detta norma incriminatrice con la predetta normativa comunitaria, determinando effetti sostanzialmente assimilabili alla "abolitio criminis": con la conseguente necessità di dichiarare, nei giudizi di cognizione, che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, e fare ricorso in sede di esecuzione – per via di interpretativa estensiva – alla previsione dell’art. 673 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 1^, 28.4.2011, n. 22105 e 29.4.2011, n. 20130).

Il D.L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni in L. 2 agosto 2011, n. 129 – recante disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione alla direttiva suindicata sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva sul rimpatrio di cittadini di paesi terzi irregolari – ha quindi novato la fattispecie (sostanzialmente confermando l’intervenuta abolitio criminis). La nuova formulazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, introdotta con l’Intervento normativo suindicato, non realizza infatti una continuità normativa con la precedente disposizione, non soltanto per lo iato temporale intercorrente con l’effetto della direttiva, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia della condotta necessari ad integrare l’illecito delineato. Sul punto basterà ricordare che oggi alla intimazione di allontanamento si può pervenire solo all’esito infruttuoso dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un centro a ciò deputato (CIE). Il d.l. citato ha istituito dunque una nuova incriminazione, applicabile solo ai fatti verificatisi dopo l’entrata in vigore della novella.

L’intervenuta abolitio criminis, impone quindi di revocare la sentenza suindicata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen. e di conseguenza l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio. Deve essere data comunicazione al Procuratore della Repubblica di Livorno per quanto di competenza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e revoca perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato, la sentenza emessa il 30.7.2009 dal Tribunale di Livorno, nei confronti di B.A. H..

Si comunichi al Procuratore della Repubblica del Tribunale di Livorno.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *