Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-02-2013) 15-07-2013, n. 30524

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 13 ottobre 2011 il Tribunale di Torino, costituito ex art. 309 c.p.p. e in funzione di giudice di rinvio a seguito del precedente annullamento di altra ordinanze del medesimo Tribunale, decidendo sulle impugnazioni proposte da A.S. G., M.R. e T.N., ha annullato il provvedimento di custodia cautelare in carcere applicata in data 28 maggio 2010 dal G.i.p. dello stesso Tribunale nei confronti degli stessi, indagati per l’omicidio pluriaggravato di S. A. (classe (OMISSIS)), M.P. e S.A. (classe (OMISSIS)), avvenuto in (OMISSIS).

1.1 In particolare deve osservarsi come questa Suprema Corte, nell’annullare con rinvio il 17 gennaio 2011 il precedente provvedimento con cui il Tribunale di Torino aveva invece confermato l’ordinanza cautelare, aveva individuato plurime e specifiche carenze motivazionali dello stesso in ordine alla credibilità di M. R. (fratello dell’indagato M.R. e principale fonte dell’odierna accusa nella sua qualità di collaboratore di giustizia e indagato di reato connesso), nonchè relativamente all’intrinseca ed estrinseca attendibilità del suo racconto, identificando gli elementi eletti dal Tribunale a sostegno della propria valutazione che, intatta la piena libertà di giudizio del giudice del rinvio, necessitavano di un più approfondito ed adeguato sostegno argomentativo per poter legittimamente contribuire alla formulazione di un giudizio di gravità indiziaria nei confronti degli indagati.

1.2 Nel nuovo giudizio il Tribunale prendeva atto degli esiti degli approfondimenti investigativi svolti dal pubblico ministero al fine di colmare alcune delle lacune additate in sede di legittimità, ma altresì delle ripetute dichiarazioni rilasciate al pubblico ministero dal M.R. nelle more (e singolarmente prodotte dalla difesa di uno degli indagati), attraverso le quali il collaborante dapprima aggiungeva nuove rivelazioni a quelle già scrutinate – in tal senso collocando sulla scena del triplice omicidio anche ulteriori quattro soggetti della cui presenza aveva invece taciuto in precedenza -, successivamente ritrattava in maniera radicale tutte le sue accuse, sostenendo di essersele inventate e dichiarando di voler interrompere la sua collaborazione con la giustizia, ed infine ritrattava la ritrattazione, seppure in maniera generica, motivando il suo atteggiamento ondivago in riferimento al timore per la sua incolumità personale ed alla lontananza della moglie, affermando di essersi determinato a proseguire nella collaborazione.

1.3 In ragione dei nova probatori acquisiti il Tribunale riteneva a questo punto irrimediabilmente compromessa la credibilità generale del M., anche perchè una volta che questi si era deciso a smentire la sua ritrattazione non aveva esplicitamente e specificamente ribadito le sue accuse.

I giudici del riesame procedevano dunque a valutare il residuo compendio probatorio, anche alla luce dei menzionati approfondimenti investigativi prodotti dal pubblico ministero, ma ne rivelavano l’insanabile insufficienza ad integrare in maniera autonoma il supporto indiziario necessario per la conferma del provvedimento cautelare, che pertanto procedevano ad annullare.

2. Avverso l’ordinanza ricorre il Procuratore della Repubblica di Torino deducendo la contraddittorietà e manifesta illogicità della sua motivazione, anche in ragione del travisamento degli interrogatori del M..

In particolare il pubblico ministero ricorrente lamenta che il Tribunale non avrebbe tenuto conto delle motivazioni addotte dal collaborante per giustificare la sua temporanea ritrattazione, nonchè della rinnovata intenzione del medesimo di proseguire nella collaborazione e del fatto che il collaborante avrebbe accusato i suoi prossimi congiunti, circostanza che per la giurisprudenza di legittimità costituirebbe particolarmente sintomatica dell’attendibilità di un collaborante. Non di meno privo di pregio ai fini della ritenuta inattendibilità sarebbe lo stigmatizzato arricchimento da parte del M. a distanza di tempo del suo racconto, tanto più che le sue ulteriori rivelazioni hanno trovato molteplici riscontri.

Motivi della decisione

Il ricorso del pubblico ministero è infondato e deve conseguentemente essere rigettato.

Il Tribunale infatti si è limitato a registrare l’intrinseca contraddittorietà delle dichiarazioni del collaboratore così come determinatasi nella loro successione, evidenziando come il per l’appunto contraddittorio comportamento del M. impedisca allo stato una sicura valutazione positiva della attendibilità delle sue originarie accuse, ineludibile perchè le stesse possano integrare quei gravi indizi di colpevolezza necessari alla conferma dell’ordinanza applicativa della misura cautelare adottata nei confronti degli indagati.

Ed in tal senso la motivazione adottata dai giudici del riesame appare esente da vizi che ne rivelino la manifestamente illogicità e coerente al compendio probatorio acquisito, tanto più che il Tribunale era chiamato a dirimere i preesistenti dubbi sulla credibilità del collaborante evidenziati da questa Corte in occasione dell’annullamento del precedente provvedimento adottato nel corso dell’incidente cautelare. Dubbi che il contraddittorio comportamento del M. e l’assenza di una convincente riaffermazione delle accuse mosse in precedenza sono stati implicitamente e ragionevolmente ritenuti non più risolvibili dai giudici torinesi.

Del tutto irrilevanti risultano dunque le motivazioni che hanno determinato tale comportamento e di cui il pubblico ministero lamenta l’omessa valutazione, giacchè le stesse – anche quando ritenute idonee a non compromettere in prospettiva la credibilità del dichiarante – non sarebbero comunque in grado di garantire alla generica itrattazione della ritrattazione svolta dai M. quel carattere rassicurante indispensabile per recuperare nell’immediato intrinseca attendibilità al suo originario racconto.

Nè la generica intenzione del M. di riprendere la propria collaborazione nell’eventuale futuro dibattimento relativo ai fatti oggetto delle sue dichiarazioni può ritenersi elemento trascurato dal Tribunale a dispetto della sua decisività, giacchè, al di là degli sforzi compiuti dal ricorrente per attribuirgli valenza positiva, si tratta di circostanza che aumenta le perplessità sul suo comportamento e sulla sua credibilità, non spettando al collaborante la decisione sui modi e sul tempi in cui egli sia chiamato a versare nel processo il proprio contributo di conoscenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2013

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