Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 07-08-2012, n. 14176

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con ricorso al Tribunale di XXX in funzione di giudice del lavoro, la Federazione italiana dei medici di medicina generale (FIMMG) e i medici indicati in epigrafe, attualmente ricorrenti (dott. R.L. ed altri), chiedevano che fosse accertata l’illegittimità del comportamento tenuto dalla Provincia autonoma di XXX consistente nel non dare applicazione all’interno del proprio territorio all’Accordo nazionale per i medici di medicina generale approvato in sede di Conferenza permanente Stato – Regioni del 25 gennaio 2005 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2006, n. 134.
La Provincia di XXX, nel costituirsi in giudizio, eccepiva in rito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e chiedeva, nel merito, il rigetto della domanda, sostenendo di essere titolare – in base allo statuto speciale ed alle relative norme di attuazione – di piena autonomia contrattuale nella stipulazione di tali accordi collettivi (art. 7 – bis della legge della Provincia di XXX 26 agosto 1993, n. 14).
Il Tribunale di XXX accoglieva la domanda, dichiarando la "piena efficacia" del suddetto Accordo Collettivo Nazionale per i Medici di Medicina Generale anche nella Provincia di XXX e condannando la Provincia a dare applicazione a detto Accordo a favore dei ricorrenti.
2. La Provincia di XXX proponeva appello avverso tale sentenza, ribadendo l’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione. Nel merito in particolare osservava di essere rimasta estranea all’adozione della "intesa", sul presupposto di avere "piena autonomia contrattuale nella stipulazione dei predetti accordi collettivi, ai sensi della L.P. 26 agosto 1993, n. 14, art. 7 – bis", in forza della quale erano già stati stipulati due Accordi collettivi per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, approvati con Delib. 21 luglio 1997 e Delib. 18 ottobre 1999. Ciò posto, la Provincia appellante ribadiva l’eccezione disattesa dal primo giudice di difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.
Con sentenza dell’11 – 16 novembre 2009 la Corte d’appello di Trento, Sezione distaccata di XXX, accoglieva l’appello e, di conseguenza, rigettava integralmente la domanda proposta in primo grado dagli originari ricorrenti, ponendo a loro carico le spese di entrambi i gradi di giudizio.
In particolare la corte d’appello rilevava che nel corso di causa era stato stipulato l’accordo integrativo provinciale 2007, approvato con la Delib. provincia autonoma in data 3 dicembre 2007 n. 4149 (poco dopo la notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado del 27 agosto 2007).
La corte d’appello premetteva che, in ragione dell’intervenuto accordo integrativo provinciale, gli originari ricorrenti – come da essi stessi riconosciuto – tendevano ad una mera affermazione di principio. Secondo la corte d’appello vi era quindi un’incoerenza tra petitum e causa petendi e non era ben identificabile il bene della vita che i ricorrenti chiedevano, tanto che il giudice di primo grado aveva svolto un’attività meramente esplorativa in violazione peraltro del principio di necessaria corrispondenza tra chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.).
Dopo questa premessa la corte d’appello perveniva alla riforma della sentenza di primo grado considerando che era cessata la materia del contendere atteso che gli accordi provinciali stipulati prima dell’introduzione del giudizio di primo grado erano stati superati dall’accordo collettivo provinciale integrativo del 2007; che il ricorso iniziale mancava di uno specifico petitum; che in ogni caso mancava l’interesse ad agire dei ricorrenti ad ottenere la pronuncia giudiziale richiesta.
3. La FIMMG e i medici indicati in epigrafe propongono ricorso avverso tale sentenza, affidato a due motivi.
Ha resistito la Provincia autonoma di XXX con controricorso contenente anche ricorso incidentale, con cui insiste nell’eccepire il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
Motivi della decisione
1. Il ricorso principale è articolato in due motivi.
Col primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) e art. 112 cod. proc. civ., per aver dichiarato che la domanda proposta nel giudizio di primo grado era affetta da astrattezza ed indeterminatezza e per aver ravvisato nella decisione del primo giudice il vizio di ultrapetizione.
Col secondo motivo censurano la sentenza della corte d’appello per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) e art. 100 cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che essi ricorrenti nel giudizio di primo grado fossero privi di interesse ad agire in relazione alla domanda proposta.
2. Nel ricorso incidentale, fondato su di un unico motivo, la Provincia autonoma torna ad eccepire il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda proposta.
3. I giudizi promossi con il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti avendo ad oggetto la medesima sentenza impugnata.
4. Il ricorso principale – i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente – è infondato.
5. Va premesso – come quadro normativo di riferimento – che la L.P. XXX 26 agosto 1993, n. 14, art. 7 bis – aggiunto dalla L.P. 15 novembre 2002, n. 14, art. 58 e riguardante la medicina generale e specialistica – prevede che la Giunta provinciale stipula con le organizzazioni sindacali provinciali dei medici di medicina generale e dei pediatri di base apposite convenzioni di durata triennale per la disciplina del rapporto per l’erogazione delle prestazioni assistenziali nella provincia di XXX.
Quindi il rapporto convenzionale dei medici della medicina generale è disciplinato, a livello di normativa collettiva, da questi accordi provinciali stipulati, per la parte pubblica, direttamente dalla Giunta provinciale.
In questa materia la Provincia ha competenza legislativa concorrente.
Infatti il D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, art. 9 (testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino – Alto Adige) prevede che le province emanano norme legislative nella materia dell’igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera", con il rispetto dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato.
Parallelamente, a livello nazionale, il D.L. 29 marzo 2004, n. 81, art. 2-nonies, convertito, con modificazioni, in L. 26 maggio 2004, n. 138, ha stabilito che il contratto del personale sanitario a rapporto convenzionale è garantito sull’intero territorio nazionale da convenzioni conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati mediante il procedimento di contrattazione collettiva definito con l’accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di XXX previsto dalla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, comma 9; accordo reso esecutivo con intesa nella citata Conferenza permanente.
Questi accordi collettivi nazionali erano stati previsti dalla riforma del 1992 – D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8 (di riordino della disciplina in materia sanitaria) – che aveva prescritto che il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta era disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati, ai sensi della est. L. n. 412 del 1991, art. 4, comma 9, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale.
Disposizione quest’ultima – la L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4 – che aveva definito la composizione della delegazione di parte pubblica per il rinnovo degli accordi riguardanti il personale sanitario a rapporto convenzionale, costituita da rappresentanti regionali nominati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di XXX, oltre che rappresentanti dei Ministeri dell’economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali, e della salute.
Quindi nella provincia di XXX vi era – quale fonte collettiva di regolamentazione del personale sanitario a rapporto convenzionale – l’accordo provinciale. Inoltre, a livello nazionale, vi era l’accordo, appunto, nazionale, sicchè – tenuto conto del tipo di competenza legislativa della Provincia (di natura concorrente) e della disciplina di fonte legale, statale e provinciale – si poneva il problema del rapporto tra accordo provinciale ed accordo nazionale.
6. La provincia, nel costituirsi nel giudizio di primo grado, ha sostenuto che la L.P. n. 14 del 1993, art. 7 bis comportasse che il rapporto convenzionale con i medici del servizio sanitario provinciale era da intendersi regolato, al livello di contrattazione collettiva, solo ed esclusivamente dall’accordo collettivo provinciale.
La Federazione dei medici ed i medici ricorrenti in primo grado hanno sostenuto invece che al rapporto convenzionale trovasse applicazione innanzitutto l’accordo collettivo nazionale del 20 gennaio 2005 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2006, n. 134;
sicchè l’accordo collettivo provinciale previsto dall’art. 7 bis citato costituiva fonte di secondo livello e quindi aveva funzione integrativa di quello nazionale.
7. Si è verificato in causa che, poco dopo l’instaurazione del giudizio di primo grado (e forse per l’indiretta sollecitazione che la lite promossa dal Sindacato ha esercitato sulla Provincia) le parti (Provincia e Federazione dei medici) stipulavano l’accordo collettivo provinciale 1 gennaio 2008-31 dicembre 2010.
Questo fatto nuovo ha indotto la corte d’appello a ritenere cessata la materia del contendere; rilievo questo che si coniugava anche alla considerazione che i ricorrenti in realtà mancavano di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) e che comunque l’originario petitum era indeterminato.
8. Orbene, deve considerarsi che effettivamente – come ha ritenuto la corte d’appello – la domanda iniziale dei ricorrenti aveva un contenuto astratto perchè mirava ad accertare l’illegittimità della condotta della provincia di XXX consistente nella (inizialmente) dichiarata mancata applicazione dell’accordo collettivo nazionale per essere applicabile esclusivamente quello provinciale, senza alcun riferimento ad un istituto contrattuale o ad un profilo del rapporto convenzionale per cui apparisse rilevante la pur controversa questione dell’applicabilità congiunta dell’accordo collettivo nazionale unitamente a quello provinciale (tesi della Federazione e dei medici ricorrenti) ovvero dell’applicabilità esclusiva di quest’ultimo, quale fonte collettiva primaria e non già integrativa (tesi della Provincia).
In questi termini la domanda introduttiva del giudizio promosso dai medici ricorrenti era sganciata da alcun bene della vita preteso o situazione giuridica asseritamente lesa; aveva un contenuto astratto e quindi era inammissibile per carenza di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.).
In sostanza si voleva che il giudice censurasse come illegittimo l’atteggiamento tenuto dalla provincia sulla base di quella che la provincia riteneva essere la corretta interpretazione dell’art. 7 bis cit.. E’ vero che i medici ricorrenti avrebbero potuto domandare l’accertamento di diritti derivanti dall’applicazione dell’accordo collettivo nazionale sull’allegato presupposto della sua operatività anche nella provincia di XXX. Ma nella specie la domanda dei ricorrenti – come già notato – non era riferita ad alcuna pretesa di carattere sostanziale e mirava unicamente all’affermazione di principio dell’applicabilità dell’accordo collettivo nazionale, a prescindere da qualsiasi ricaduta in termini di diritti o situazioni sostanziali che la provincia avrebbe dovuto riconoscere – ed invece in ipotesi non avesse riconosciuto – ai medici in ragione di tale predicata applicazione.
Peraltro – può aggiungersi – ove anche la domanda dei medici ricorrenti avesse avuto ad oggetto un diritto o una pretesa scaturente dall’applicazione dall’accordo collettivo nazionale, in ogni caso l’associazione sindacale ricorrente sarebbe stata priva di legittimazione a far valere, in mancanza di specifico mandato, tali diritti individuali dei medici.
Quindi correttamente la Corte d’appello ha ritenuto la carenza di interesse ad agire dei medici ricorrenti per aver essi domandato al giudice un’astratta interpretazione della legge senza prospettare alcuna concreta rilevanza sul loro rapporto convenzionale di medici della medicina generale del Servizio Sanitario Provinciale.
9. Invece l’associazione sindacale avrebbe sì potuto far valere il comportamento (asseritamente antisindacale) della provincia che apertamente aveva dichiarato di non voler applicare l’accordo collettivo nazionale stipulato, a livello nazionale, dall’associazione sindacale stessa. Anche se si trattava di un rapporto di lavoro autonomo (quello dei medici convenzionati) e non subordinato e quindi non trovava applicazione lo speciale procedimento di repressione della condotta antisindacale (art. 28 dello statuto dei lavoratori) secondo una risalente giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. lav., 19 marzo 1986, n. 1914; cfr. anche Cass., sez. un., 21 ottobre 2005, n. 20344, sulla natura autonoma del rapporto tra i medici convenzionati esterni e le usi), comunque l’associazione sindacale dei medici convenzionati poteva far valere, in un giudizio ordinario, la pretesa (di natura sindacale) all’applicazione di un accordo collettivo stipulato dall’associazione stessa.
Sussisteva quindi inizialmente l’interesse (ex art. 100 c.p.c.) dell’associazione sindacale all’accertamento dell’illegittimità del rifiuto della provincia di applicare, a livello provinciale, l’accordo collettivo nazionale stipulato dall’associazione sindacale ricorrente.
10. Nel corso di causa però – ha ritenuto la Corte d’appello – era cessata la materia del contendere per il fatto che successivamente, dopo la proposizione del ricorso, è stato stipulato l’accordo collettivo provinciale che tiene conto di quello nazionale.
Anche questa affermazione della Corte d’appello è sostanzialmente corretta nel senso che c’è, nella specie, una sopravvenuta carenza di interesse della Federazione.
E’ pacifico tra le parti e risulta testualmente che nel sopravvenuto Accordo provinciale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, valido dal 1 gennaio 2008 al 31 dicembre 2010, pubblicato nel Suppl. n. 2 al B.U. 9 gennaio 2008, n. 2, le Parti contraenti si sono date reciprocamente atto che in sede di stipulazione dell’Accordo, nel rispetto delle competenze della Provincia autonoma di XXX ai sensi delle norme di attuazione dello Statuto di autonomia (D.P.R. 28 marzo 1975, n. 474) e considerate le disposizioni di cui alla L.P. 26 agosto 1993, n. 14, art. 1-bis, erano state rispettate le "linee fondamentali" definite nell’art. 1 dell’accordo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale.
Quindi, a fronte dell’iniziale contrapposizione delle parti che vedeva la Provincia sostenere l’esclusiva applicabilità dell’accordo provinciale, unica fonte collettiva regolatrice del rapporto convenzionale, e la Federazione predicare l’applicazione congiunta dell’accordo nazionale e di quello provinciale, per essere quest’ultimo una fonte collettiva integrativa della prima, le parti hanno di fatto raggiunto un compromesso nel prevedere che in generale l’accordo provinciale sottostà alle "linee fondamentali" di quello nazionale. Ossia le parti contraenti hanno dato alla normativa collettiva, nazionale e provinciale, un assetto simmetrico a quello della normativa legislativa, statale e provinciale, in questa materia. Anche la legislazione provinciale è tenuta, in questa materia, al rispetto dei "principi fondamentali" della legislazione statale, come peraltro affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 50 del 2007) in riferimento specifico all’attività libero- professionale extramuraria del personale medico del Servizio Sanitario Provinciale.
Questa essendo la sopravvenuta regolamentazione collettiva della materia, che vede la Provincia applicare le "linee fondamentali" dell’accordo nazionale, per aver stipulato con la Federazione il menzionato accordo provinciale, l’interesse di quest’ultima a coltivare non di meno la lite non può non prescindere dall’allegazione dell’inadempienza della Provincia in riferimento a specifici istituti contrattuali.
In altre parole, mentre inizialmente il rifiuto della Provincia di applicare l’accordo nazionale radicava l’interesse della Federazione all’accertamento giudiziale che tale accordo – a suo dire – vincolava anche la Provincia, successivamente, nel diverso contesto in cui le parti si sono date atto che la Provincia, stipulando un nuovo accordo provinciale, ha dato applicazione alle "linee fondamentali" dell’accordo nazionale, l’iniziale interesse della Federazione è venuto meno ed in tanto potrebbe essersi meramente ridotto, e non già cessato, in quanto la Federazione avesse allegato che non di meno la Provincia, in riferimento a qualche istituto contrattuale, non dava – o non aveva dato – applicazione alle "linee fondamentali" dell’accordo nazionale; ciò che la Federazione non ha fatto nel giudizio di merito e nemmeno prospetta nel ricorso per cassazione.
11. Essendo quindi destituite di fondamento le censure che la Federazione ed i medici ricorrenti muovono all’impugnata sentenza della Corte d’appello, il ricorso deve essere rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale perchè condizionato (benchè ponga la questione di giurisdizione: Cass., sez. un., 6 marzo 2009, n. 5456).
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *