Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 07-08-2012, n. 14175

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Svolgimento del processo
1. Con ricorso depositato il 15 dicembre 2004 M.M. conveniva il Comune di XXX, di cui era stata dipendente fino al pensionamento, dinanzi al Giudice del Lavoro di XXX; esponeva che il Comune convenuto, nonostante la pronunzia a lei favorevole emessa dal TAR Marche n. 320 del 1980 che aveva riconosciuto il suo status di dipendente comunale fin dal 4 febbraio 1972, non le aveva mai regolarizzato, sotto il profilo previdenziale, l’iniziale periodo di servizio da lei prestato dal 4 febbraio 1972 al 31 dicembre 1974, prima dell’assunzione in ruolo; che nonostante avesse diffidato il Comune alla ricostruzione de suo stato giuridico, il Comune era rimasto inadempiente, cosicchè non le era stato possibile accedere al pensionamento anticipato ex D.Lgs. n. 503 del 1992 per difetto del requisito contributivo, ed aveva dovuto proseguire a lavorare fino all’anno 2003; che, a seguito di apposito ricorso proposto nel 1995, il TAR Marche, con sentenza n. 304/2003, aveva ribadito il suo status di impiegata comunale per il periodo sopra indicato, con ogni conseguenza giuridica ed economica.
Tutto ciò premesso, deducendo di aver subito un pregiudizio patrimoniale (per la mancata percezione della pensione, a partire dal 1992 ed almeno fino all’anno 2013, ossia al compimento di 60 anni di età) e biologico permanente (a causa della forzata prosecuzione del lavoro, nonostante uno stato di salute precario), chiedeva che il Comune fosse condannato al risarcimento del danno.
Si costituiva il Comune di XXX ed eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, in quanto la controversia era relativa a questioni attinenti al periodo anteriore al 30 giugno 1998; nel merito, eccepiva la prescrizione del diritto;
sosteneva, in subordine, la legittimità de proprio operato e chiedeva il rigetto della domanda.
Il Tribunale di XXX, con sentenza del 1 dicembre 2005 dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e compensava tra le parti le spese di lite, rilevando che tutti i fatti costitutivi dell’azionato diritto al risarcimento del danno si erano verificati ben prima del 30 giugno 1998, scrimine temporale rilevante al fine della giurisdizione D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 7.
2. Avverso lo sentenza proponeva appello la M. con ricorso depositato il 20 marzo 2006 e ne chiedeva lo riforma; lamentava l’errato apprezzamento dei fatti e l’errata applicazione delle norme da parte del primo giudice: da un lato, il fatto costitutivo del diritto al risarcimento doveva essere identificato nella pronunzia del TAR Marche n. 304/2003, che aveva fatto sorgere il diritto alla contribuzione previdenziale per il periodo 4 febbraio 1972 – 31 dicembre 1974; dall’altro, il danno aveva avuto carattere di permanenza, che era cessata solo con la citata seconda pronunzia del TAR. Insisteva pertanto per l’accoglimento della propria domanda, previo espletamento di istruttoria tecnica.
Si costituiva il Comune appellato e chiedeva il rigetto del gravame, riportandosi alle argomentazioni accolte dal primo giudice e insistendo nel dedurre che la sentenza del TAR n. 320/1980 aveva riconosciuto all’appellante la qualità di dipendente comunale già accertata dalla precedente sentenza del medesimo TAR. La corte di appello di XXX con sentenza del 26 settembre 2008 – 20 ottobre 2008 ha respinto l’appello confermando la pronuncia del giudice di primo grado quanto al dichiarato difetto di giurisdizione del giudice ordinario e compensando tra le parti le spese di giudizio.
Secondo la Corte territoriale l’originaria ricorrente aveva allegato un assunto fatto illecito dell’Amministrazione comunale che risaliva al 31 dicembre 1994, data in cui la stessa avrebbe voluto collocarsi in pensionamento anticipato di anzianità, beneficiando della disposizione transitoria di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 2, ma ciò non aveva potuto fare giacchè, pur avendo il TAR Marche con sentenza n. 320 del 1980 riconosciuto la qualità di dipendente comunale della stessa fin dal 4 febbraio 1972 (e non già solo dal 1 gennaio 1975, come sostenuto dal Comune), quest’ultimo non aveva provveduto a ricostruirle la sua situazione giuridica ed economica ed in particolare la posizione previdenziale che le avrebbe consentito il pensionamento anticipato.
Secondo la Corte d’appello si trattava di un danno risalente nel tempo e che non poteva considerarsi "permanente" e quindi in atto alla data del 1 luglio 1998 di trasferimento della giurisdizione sul lavoro pubblico contrattualizzato al giudice ordinario. Corretta quindi era la pronuncia del giudice di primo grado che aveva ritenuto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la M. con due motivi.
Nessuna difesa ha svolto la parte intimata.
La ricorrente ha anche depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è articolato in due motivi con cui la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver negato la giurisdizione del giudice ordinario. Ha quindi proposto il seguente quesito di diritto:
"Il momento in cui il pubblico dipendente può rivendicare un danno nei confronti del datore di lavoro derivante da illegittimi provvedimenti di regolamentazione del suo status giuridico, nel vigore della normativa previgente il D.Lgs. n. 80 del 1998 e il D.Lgs. n. 165 del 2001, va individuato nella data di pubblicazione della sentenza che accerta l’illegittimità degli atti di regolamentazione dello status di pubblico dipendente; di conseguenza, ai fini dell’applicazione del discrimine di giurisdizione previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69 è rilevante il momento in cui è stata dichiarata l’illegittimità degli atti di regolamentazione dello status di pubblico dipendente e non già l’epoca in cui gli atti illegittimi furono adottati".
Con il secondo motivo la ricorrente deduce – così formulando il quesito di diritto – che "la sentenza impugnata è errata laddove non ha riconosciuto che l’omesso o irregolare riconoscimento dello status giuridico della dipendente ha costituito un illecito idoneo a fondare l’obbligo risarcitorio del datore di lavoro in favore della ricorrente, posto che tale omissione ha impedito il raggiungimento della minima anzianità contributiva richiesta per poter accedere al pensionamento anticipato sin dal 1.1.1995 in conformità alla speciale normativa di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992. La sentenza è altresì errata laddove non è stato considerato che la mancata possibilità di fruire del pensionamento anticipato, unito all’impossibilità di proseguire oltre nel rapporto di lavoro, ha comportato per la ricorrente danni rilevantissimi, ragguagliati ai ratei di pensione non percepiti sino ad oggi e quelli ulteriori, posto che ella non potrà percepire alcunchè sino al compimento del sessantesimo anno di età, ovvero sino a tutto il 2013".
2. Il ricorso è infondato.
3. Tale è il primo motivo di ricorso, ammissibile ex art. 366 bis c.p.c. perchè, pur essendo il quesito di diritto, con cui il motivo si conclude, privo dell’enunciazione chiara di una questione di diritto controversa tra le parti, non di meno consente, nella sostanza, di enucleare una critica dell’esattezza della pronuncia impugnata nella parte in cui ha confermato la sentenza di primo grado di accertata insussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.
Si legge nella sentenza impugnata che l’originaria ricorrente aveva ottenuto il riconoscimento della qualità di dipendente del Comune di XXX per l’iniziale periodo preruolo (dal 4 febbraio 1972 al 31 dicembre 1974) con sentenza del TAR Marche n. 320 del 1980;
circostanza questa dedotta dalla stessa ricorrente. La quale quindi, allorchè in sede di riforma del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici il D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 2, comma 3, ebbe a prevedere che continuavano a trovare applicazione i requisiti di assicurazione e contribuzione stabiliti dalla previgente normativa nei confronti dei soggetti che li avessero maturati alla data del 31 dicembre 1992, ben avrebbe potuto dimettersi dall’impiego e collocarsi in pensionamento anticipato. Ed in effetti – come risulta dalla sentenza impugnata – la ricorrente ha chiesto il collocamento in quiescenza a decorrere dal 31 dicembre 1994 (senza però dimettersi); ciò che non ha avuto luogo perchè l’Amministrazione comunale non aveva dato seguito alla sentenza n. 320 del 1980 del TAR Marche, che, avendo riconosciuto che la ricorrente era una dipendente comunale fin dal 4 febbraio 1972, comportava che il Comune avrebbe dovuto versare i contributi previdenziali, relativi al periodo iniziale di scopertura, in favore della ricorrente. Già a quella data quindi la ricorrente avrebbe potuto far valere l’inadempimento contributivo del Comune ed in ogni caso avrebbe potuto dimettersi dall’impiego facendo valere in giudizio, vuoi nei confronti del Comune, vuoi nei confronti dell’ente previdenziale (Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali), la qualità di dipendente comunale (già riconosciutale) fin dal 4 febbraio 1972.
Si tratta quindi di vicenda risalente nel tempo (ben prima del 1 luglio 1998, data di trasferimento della giurisdizione sul lavoro pubblico contrattualizzato dal giudice amministrativo al giudice ordinario) giacchè l’inadempimento contributivo, in cui si sostanziava la illegittima resistenza dell’Amministrazione comunale, allegato dalla ricorrente come comportamento illecito fonte di danno risarcibile, risale a prima del 31 dicembre 1994, quando la giurisdizione (esclusiva) sul lavoro pubblico apparteneva al giudice amministrativo. Il quale peraltro veniva ritualmente adito dalla M. con ricorso proposto nel 1995 ed in quel giudizio, ritualmente instaurato innanzi al giudice che aveva la giurisdizione, la ricorrente avrebbe potuto anche far valere ogni pretesa risarcitoria nascente da inadempienze del Comune ad obblighi derivanti dal rapporto di impiego e innanzitutto all’obbligo di versare i contributi previdenziali. La circostanza che solo nel 2003 sia intervenuta la sentenza del TAR (sent. n. 304 del 2003), che peraltro richiama il giudicato già formatosi con la prima sentenza del TAR, sopra citata, che già aveva riconosciuto la qualità di dipendente comunale alla ricorrente, non consente di spostare a quella data il fatto storico del compimento dell’asserito atto illecito da parte dell’Amministrazione comunale. Nè può parlarsi di illecito permanente atteso che l’inadempimento del Comune è puntuale e consiste nel mancato versamento dei contributi previdenziali; la circostanza che da ciò possa essere derivato un danno proiettato in avanti nel tempo (come perdita di chance nell’utilizzo di una più favorevole "finestra" per il prepensionamento di anzianità) non trasforma l’inadempimento del Comune in un illecito permanente.
In conclusione, avendo la controversia proposta dalla ricorrente ad oggetto una questione che si colloca nel tempo prima del 1 luglio 1998, sussiste – come correttamente ritenuto dalla corte d’appello e prima ancora dal giudice di primo grado – il difetto di giurisdizione del giudice ordinano sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, dovendo ribadirsi che nel sistema di riparto della giurisdizione ai fini dell’attribuzione delle controversie in materia di pubblico impiego privatizzato, il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 45, comma 17, (poi trasfuso nel successivo D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7), pone il discrimine temporale del 30 giugno 1998 tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa che va riferito al dato storico costituito dall’avverarsi delle circostanze e dei fatti materiali posti alla base della pretesa avanzata, in ordine alla cui giuridica rilevanza sia insorta controversia.
4. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per mancanza di idoneo quesito di diritto.
Infatti, il quesito di diritto formulato dalla ricorrente, che è articolato in due proposizioni, si limita a riassumere le censure svolte nei confronti della sentenza impugnata sostenendo che erroneamente questa avrebbe disconosciuto un illecito idoneo a fondare l’obbligo risarcitorio del Comune e quindi avrebbe disconosciuto i danni a lei provocati dal Comune per la mancata possibilità di fruire del pensionamento anticipato.
Tale quesito di diritto, così formulato, è inammissibile sia perchè non enuncia alcuna questione di diritto, sia perchè non è centrato sulla ratio decidendi della sentenza impugnata che non ha affatto negato, nel merito, l’illecito asseritamente subito dalla ricorrente a causa dell’inadempienza del Comune, ma ha negato, in rito e preliminarmente, la giurisdizione del giudice ordinario.
5. Il ricorso va quindi nel suo complesso rigettato, avendo i giudici di merito – in primo e in secondo grado – correttamente ritenuto che la controversia promossa dalla ricorrente appartenesse alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Non occorre provvedere sulle spese processuali di questo giudizio di cassazione non avendo la parte intimata svolto difesa alcuna.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; nulla sulle spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2012

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