Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-02-2013) 31-05-2013, n. 23729

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 14.4.2011, la corte di appello di Genova ha confermato la sentenza 3.6.08, emessa ex art. 442 c.p.p., dal tribunale di Massa, con la quale I.S. e J.L. erano stati condannati alla pena di un anno,un mese e 10 giorni di reclusione e Euro 200,00, di multa, perchè ritenuti responsabili del reato di tentato furto nell’abitazione di Z.C..

Il primo imputato ha presentato ricorso per i seguenti motivi,integrati e ribaditi nella memoria del difensore depositata il 14.5.12:

1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato contestato: i giudici di appello hanno confermato la sentenza di condanna, riconoscendo efficacia dimostrativa alle dichiarazioni delle persona offesa e alla conferma, derivata da altri elementi esterni; in tal modo non hanno tenuto conto delle argomentazioni critiche sulla credibilità della donna;

2. violazione di legge in riferimento all’art. 99 c.p., comma 4: i giudici di appello hanno applicato la sanzione punitiva più grave, in base di considerazioni prognostiche future, che si traducono in una presunzione di pericolosità sociale, contrastante con i principi costituzionali;

3. violazione di legge in riferimento alla disciplina del diritto di difesa: la sentenza impugnata ha più volte affermato che la scelta del rito abbreviato ha impedito il vaglio dibattimentale delle risultanze processuali, implicitamente censurando la scelta del rito medesimo e quindi sanzionando la strategia difensiva.

Il ricorso è manifestamente infondato ,in quanto i motivi propongono,in chiave critica, valutazioni fattuali, sprovviste di specifici e persuasivi addentellati storici, nonchè prive di qualsiasi coerenza logica, idonei a soverchiante e a infrangere la lineare razionalità e il rispetta dei fondamentali principi sedimentati nella giurisprudenza, che hanno guidato le conclusioni della corte di merito.

Con esse,in realtà, il ricorrente pretende la rilettura del quadro probatorio e, contestualmente, il sostanziale riesame nel merito.

Questa pretesa è tanto più inammissibile nel caso in esame: la struttura razionale della motivazione – facendo proprie le analisi fattuali e le valutazioni logico-giuridiche della sentenza di primo grado – ha determinato un organico e inscindibile accertamento giudiziale, avente una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa, che è saldamente ancorata agli inequivoci risultati dell’istruttoria dibattimentale ,alla luce dei quali è emerso che il ricorrente, unitamente al correo, è stato sorpreso dalla persona offesa nella pertinenza della propria abitazione ,presso cui entrambi si erano recati con un autoveicolo, li lasciato in sosta con le portiere aperte. Questi elementi di fatto – narrati da una fonte di non contestabile credibilità- sono stati razionalmente – e quindi insindacabilmente in sede di giudizio di legittimità- interpretati come dimostrativi della realizzazione dell’ipotesi criminosa del tentativo di furto contestato. Questi elementi, a prescindere dalla scelta difensiva di accedere a un rito alternativo, hanno correttamente ottenuto, nella motivazione della sentenza impugnata, il riconoscimento di costituire sufficiente base storica, su cui fondare l’affermazione di responsabilità.

In ordine al rilevo riconosciuto alla recidiva, la corte, con insindacabile valutazione, ha razionalmente affermato la sua incidenza sulla quantificazione della pena, in base alla gravità del fatto e alla specificità delle condotte, emergente dai precedenti penali.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2013
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