Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 08-08-2012, n. 14258

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Svolgimento del processo
1. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, in sede giurisdizionale, ha dichiarato il diritto delle odierne ricorrenti al risarcimento del danno conseguente al ritardo con cui erano state assunte in servizio rispetto agli altri vincitori del concorso a sei posti di assistente di asilo nido, concorso bandito con Delib. n. 20 del 1986 dal comune di XXX. Il suddetto risarcimento del danno veniva commisurato alla metà della retribuzione e degli altri emolumenti percepiti dai vincitori del concorso, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali e oltre la regolarizzazione della posizione previdenziale e assicurativa.
2. Lo stesso Consiglio di Giustizia Amministrativa, successivamente adito dalle stesse ricorrenti per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla precedente sentenza, stabiliva, in particolare, che l’ammontare del loro credito non era più suscettibile di riesame, da parte del giudice dell’ottemperanza, ai fini della sua quantificazione.
3. Le medesime ricorrenti hanno proposto ricorso per revocazione nei confronti di quest’ultima sentenza assumendo la sussistenza di un errore di fatto concernente l’esatta quantificazione dell’ammontare del credito dalle stesse vantato nei confronti del comune sopra indicato.
4. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, decidendo sul suddetto ricorso, lo ha dichiarato inammissibile richiamando quanto già affermato nella precedente sentenza secondo cui l’ammontare del credito non poteva formare oggetto di riesame da parte del giudice dell’ottemperanza.
5. Per la cassazione di tale sentenza le lavoratrici propongono ricorso a queste Sezioni Unite. Il comune di XXX è rimasto intimato.
Motivi della decisione
6. Con il primo motivo le ricorrenti invocano l’applicazione dell’art. 362 c.p.c., comma 1, e dell’art. 110 cod. proc. ammin. assumendo che la sentenza impugnata avrebbe violato i limiti esterni della giurisdizione. Invoca in proposito i principi enunciati da Cass. S.U. 23 dicembre 2008 n. 30254. In particolare deduce che la sentenza impugnata, nel dichiarare l’inammissibilità della domanda perchè c’era già stata una statuizione della medesima autorità in sede di ottemperanza, avrebbe negato la giurisdizione del giudice amministrativo. In altre parole il rifiuto di tutela revocatoria si sarebbe risolto in un indebito rifiuto dì esercitare la funzione giurisdizionale. Afferma che la giurisprudenza delle Sezioni Unite, a partire dalla decisione sopra citata, avrebbe introdotto una interpretazione estensiva della formula "motivi attinenti alla giurisdizione" non più limitata ad un sindacato in tema di limiti esterni della giurisdizione, ma comprensiva dello scrutinio dei limiti interni della giurisdizione e quindi sulle modalità di esercizio del potere giurisdizionale.
7. Col secondo motivo le ricorrenti chiedono sollevarsi una questione di illegittimità costituzionale degli artt. 91 e 110 del codice del processo amministrativo con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., art. 125 Cost., comma 2 e art. 111 Cost., comma 7. Premesso che già la Corte costituzionale ha costituzionalizzato il principio del doppio grado nel processo amministrativo (C. cost. n. 8 del 1982) osservano che nel giudizio di ottemperanza dinanzi al Consiglio di Stato tale doppio grado di giudizio non è previsto. Deducono inoltre l’incostituzionalità delle norme sopra ricordate anche sotto il profilo della mancata previsione, con riferimento alle decisioni del Consiglio di Stato emesse in unico grado, della possibilità di impugnarle dinanzi alla Corte di cassazione anche per violazione di legge. Aggiungono, sotto altro profilo, che l’accoglimento della suddetta questione di costituzionalità consentirebbe una censura della sentenza impugnata, dinanzi alle Sezioni Unite, per violazione di legge e, più specificamente, dell’art. 112 cod. proc. civ. per vizio di omessa pronuncia.
8. Il primo motivo di ricorso è infondato.
9. Deve premettersi che il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha lo status e le funzioni di una sezione del Consiglio di Stato; ne consegue che il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione nei confronti delle sue decisioni è circoscritto ai motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1, (Cass. S.U. 1 dicembre 2010 n. 24301).
Ha chiarito altresì la sentenza citata che, in sede di ricorso per Cassazione avverso la sentenza del Consiglio di Stato che ha pronunciato sull’impugnazione per revocazione, può insorgere questione di giurisdizione solo con riguardo al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima (in tal senso cfr., altresì, Cass. S.U. (ordinanza) 30 luglio 2008 n. 20600).
10. Ciò premesso deve rilevarsi che, secondo il consolidato insegnamento di queste Sezioni Unite (cfr., in particolare, Cass. S.U. 12 luglio 2011 n. 15240; Cass. S.U. 18 maggio 2011 n. 10870), che tiene conto, naturalmente, della giurisprudenza invocata dalle ricorrenti, il ricorso con il quale venga denunziato rifiuto della giurisdizione da parte del giudice amministrativo può essere ricondotto alla ipotesi di cui all’art. 362 c.p.c., comma 1, solo se il rifiuto sia fondato sulla ritenuta estraneità della domanda rispetto alle attribuzioni giurisdizionali di quel giudice. In altre parole appartiene all’area del rifiuto della propria giurisdizione, sindacabile come tale ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1, solo quel diniego di tutela, da parte del giudice amministrativo, che si radichi nell’affermazione dell’esistenza di un ostacolo generale alla conoscibilità della domanda, laddove si sottrae a detta sindacabilità il diniego di tutela che discenda direttamente ed immediatamente dalla lettura delle norme invocate a sostegno della pretesa.
11. Ad avviso del Collegio non può sussistere alcun dubbio sul fatto che, nel caso di specie, la declaratoria di inammissibilità del ricorso per revocazione della sentenza emessa dal Consiglio di Giustizia Amministrativa in sede di giudizio di ottemperanza sia ascrivibile alla seconda delle ipotesi sopra delineate. Ed infatti la statuizione di inammissibilità del suddetto ricorso per revocazione è stata motivata sulla base del rilievo che con tale ricorso erano state proposte le medesime censure già proposte con il ricorso per l’esecuzione del giudicato, censure motivatamente rigettate dalla sentenza che aveva deciso sul suddetto ricorso. Si tratta, evidentemente, di una decisione (quella oggetto del ricorso in esame) basata sull’interpretazione della disciplina in tema di revocazione fissata dal D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, artt. 106 e 107 (Codice del processo amministrativo) che impone, nel richiamare le disposizioni di cui agli artt. 395 e 396 cod. proc. civ., la prospettazione della sussistenza di una delle ipotesi previste dalle suddette norme con riferimento alla sentenza oggetto del ricorso per revocazione. Ciò che non è avvenuto nel caso di specie nel quale, come risulta dalla sentenza impugnata, l’errore di fatto allegato riguarda non già la sentenza revocanda (e cioè quella emessa in sede di giudizio di ottemperanza) ma quella precedente che ha deciso sul merito della domanda.
12. Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto rigettato non sussistendo gli estremi di un sindacato della sentenza ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1.
13. Il secondo motivo di ricorso deve essere dichiarato manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza nella parte in cui le ricorrenti chiedono che venga sollevata una questione di illegittimità costituzionale degli artt. 91 (mezzi di impugnazione) e 110 (motivi di ricorso) del codice del processo amministrativo in relazione alla mancata previsione dell’impugnazione (a parte quella prevista dall’art. 111 Cost., u.c.) avverso le decisioni del Consiglio dì Stato in sede di giudizio di ottemperanza. Il presente giudizio riguarda infatti un ricorso avverso una sentenza emessa in sede di giudizio per revocazione e quindi ha ad oggetto una materia sostanzialmente estranea a quella di cui all’eccezione di costituzionalità. Nella parte in cui il ricorso deduce l’incostituzionalità delle norme sopra richiamate in relazione alla mancata previsione del ricorso per cassazione anche per violazione di legge avverso le sentenze del Consiglio di Stato emesse in unico grado, basterà osservare, a prescindere da ogni altra considerazione, che tale tesi è contraddetta dall’art. 111 Cost., u.c., a norma del quale contro le decisioni del Consiglio di Stato…
omissis … il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione. E’ infatti evidente che la norma costituzionale citata non autorizza alcuna distinzione nel sistema di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato.
14. In relazione alle suddette conclusioni deve ritenersi assorbita ogni ulteriore questione basata sull’ipotesi dell’accoglimento della citata eccezione di costituzionalità.
15. Il ricorso deve essere in definitiva rigettato.
16. Nessun provvedimento è adottato in ordine alle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 19 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2012

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