Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-02-2013) 05-04-2013, n. 15819

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Perugia, deliberando in funzione di giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di T.M., diretta ad ottenere, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., la rideterminazione per effetto della continuazione della pena alio stesso applicata in relazione ai reati oggetto di due autonome sentenze deliberate ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., divenute esecutive nei suoi confronti.

1.1 Il giudice dell’esecuzione, infatti, non ha ravvisato la sussistenza di elementi significativi idonei a dimostrare la rappresentazione e progettazione contestuale, sia pure a grandi linee, dei singoli episodi criminosi, tenuto conto che mentre il fatto delittuoso oggetto della prima sentenza, riguardava la detenzione di settantatre grammi di eroina e di un grammo di hashish e risultava commesso in (OMISSIS), il secondo riguardava, invece, la cessione a terzi ( S.G.) di diciannove grammi di cocaina, era stato commesso ad oltre cinque mesi dal primo (il (OMISSIS)), ed in altra città ((OMISSIS)).

Tali elementi, ed in particolare il carattere di azione immediata della seconda condotta delittuosa, quale desumibile anche dell’avvenuto arresto in flagranza del T., inducevano ad escludere, ad avviso del giudice dell’esecuzione, una preventiva programmazione originaria dei due reati, da ritenersi piuttosto il frutto di un sistema di vita votato al continuo ricorso al crimine quale fonte di approvvigionamento economico.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il difensore dei condannato, deducendone l’illegittimità per violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto mancava nell’ordinanza un valido e logico supporto argomentativo circa le ragioni dell’esclusione dell’identità del disegno criminoso tra i reati oggetto dell’istanza, tenuto conto che dalle risultanze processuali emergeva in maniera nitida l’unicità del progetto criminoso, sia pure di massima, in cui dovevano ricondursi gli episodi delittuosi giudicati con le indicate sentenze, nel senso che, come emergeva anche da un successivo procedimento attualmente pendente a carico del T., lo stesso, anche a ragione della propria condizione di tossicodipendenza ed al fine di procacciarsi quanto necessario per il suo consumo personale, tra i primi mesi del (OMISSIS) ed il maggio di quell’anno, si era reso responsabile di più condotte di spaccio in favore di soggetti tossicodipendenti, gravitanti nella zona compresa tra (OMISSIS), centri urbani tra loro distanti solo una trentina di chilometri; omettendo il giudice dell’esecuzione di considerare, in particolare, che per l’univoca giurisprudenza di questa Corte, per il riconoscimento della continuazione, è sufficiente dimostrare l’esistenza di una deliberazione iniziale di massima, successivamente arricchitasi con ulteriori "apporti volitivi".

Motivi della decisione

1. L’impugnazione è basata su motivi infondati e va quindi rigettata.

Il provvedimento impugnato, adeguatamente e logicamente motivato, resiste infatti a tutte le censure formulate in ricorso, che si risolvono nella sostanziale reiterazione di prospettazioni già congruamente disattese dai giudice di merito, che ha fatto corretta applicazione delle norme e dei principi giurisprudenziali in materia di reato continuato, relativamente all’inidoneità di mere situazioni soggettive (necessità economiche, generica propensione alla commissione di reati, anche se della stessa indole, tossicodipendenza) ad integrare di per sè, l’identità del disegno criminoso ex art. 81 c.p., 1 cpv..

In particolare occorre considerare che il giudice dell’esecuzione, nell’escludere la configurabilità della continuazione, ha fatto un puntuale e plausibile riferimento a dati circostanziali e giuridici caratterizzanti, in concreto, la disomogeneità della dimensione storico-naturalistica dei diversi delitti, adeguatamente valorizzando le ragioni fattuali, in particolare le diverse modalità delle condotte (nel primo caso la mera detenzione dello stupefacente; nel secondo caso, la cessione a terzi della sostanza stupefacente), che ostavano all’identificazione di un unico e preordinato disegno criminoso.

Al riguardo occorre considerare, del resto, che la identità del bene giuridico violato ed il ridotto lasso temporale intercorso fra le varie condotte costituiscono aspetti che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (in tal senso, ex multis, Cass., sez. 1, sentenza n 5618 del 21/12/1993 – 22/2/1994, ric. Moro), sono da soli insufficienti a dare la dimostrazione dell’esistenza di quell’unico iniziale programma in vista di uno scopo determinato, ricomprendente le singole violazioni, che costituisce l’indefettibile presupposto per il riconoscimento della continuazione e che non è stato dal giudice dell’esecuzione, con adeguata e logica motivazione, in fatto ravvisato, che non può consistere nell’evidenziazione di una elevata propensione al crimine.

Nella giurisprudenza di questa Corte risulta consolidata, in particolare, l’affermazione della radicale diversità dell’identità della spinta criminosa o del movente pratico (es. fine di lucro o di profitto) alla base di plurime violazioni della legge penale rispetto alla unicità del disegno criminoso richiesto per la configurabilità del reato continuato.

2. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del processuali.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2013
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