Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-02-2013) 05-04-2013, n. 15808

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza dell’11 novembre 2008, il Tribunale di Vasto, deliberando su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., applicava a U.L.E., N.G. e O.K. la pena indicata in atti, con riferimento al delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, commi 5 ter accertato in (OMISSIS).

2. Avverso detta sentenza, ha interposto ricorso il comune difensore dei condannati, chiedendone l’annullamento per violazione di legge, essendosi il giudicante limitato a recepire l’accordo raggiunto dalle parti, senza adeguatamente motivare vuoi sull’entità della pena vuoi sull’eventuale configurabilità di una causa di giustificazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso va accolto, sia pure per ragioni diverse dai motivi dedotti.

La fattispecie di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5- ter, che punisce la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del Questore, posta in essere prima della scadenza dei termini per il recepimento della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, deve considerarsi non più applicabile nell’ordinamento interno, a seguito della pronuncia della Corte di giustizia U.E. 28.4.2011 (nell’ambito del processo Et Dridi, C-61/11PPU), che ha affermato l’incompatibilità di detta norma Incriminatrice con la predetta normativa comunitaria, determinando effetti sostanzialmente assimilabili alla "abolitici criminis": con la conseguente necessità di dichiarare, nei giudizi di cognizione, che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, e fare ricorso in sede di esecuzione – per via di interpretazione estensiva – alla previsione dell’art. 673 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 1, 28.4.2011, n. 22105 e 29.4.2011, n. 20130). Il D.L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni in L. 2 agosto 2011, n. 129 – recante disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione alla direttiva suindicata sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva sul rimpatrio di cittadini di paesi terzi irregolari – ha quindi novato la fattispecie (sostanzialmente confermando l’intervenuta abolitio criminis).

La nuova formulazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5- ter, introdotta con l’intervento legislativo suindicato, non realizza infatti una continuità normativa con la precedente disposizione, non soltanto per lo iato temporale intercorrente con l’effetto della direttiva, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia della condotta necessaria ad integrare l’Illecito delineato. Sul punto basterà ricordare che oggi alla intimazione di allontanamento si può pervenire solo all’esito infruttuoso dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un centro a ciò deputato (CIE). Il decreto legge citato ha istituito, dunque, una nuova incriminazione, applicabile solo ai fatti verificatisi dopo l’entrata in vigore della novella. L’intervenuta abolitio criminis, impone quindi di risolvere il problema che si pone nella presente fattispecie, connotata dalla particolarità della inammissibilità del ricorso (avendosi riguardo a sentenza di applicazione della pena richiesta dagli stessi imputati, con motivazione che, ancorchè succinta, sarebbe in astratto adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni), nel senso che l’incompatibilità è destinata a prevalere anche sulla causa di inammissibilità del ricorso, in quanto all’impossibilità di rilevare cause di non punibilità in costanza di ricorso inammissibile, resistono le ipotesi di successione di leggi, riconducigli all’art. 2 cod. pen..

La nozione di condanna, ricavabile da tale norma in combinato con l’art. 673 cod. proc. pen., non può essere difatti che ricondotta al giudicato formale e ciò comporta che, fin tanto che esso non si è formato, spetta al giudice della cognizione prendere atto, in particolare, della intervenuta abolitio criminis e annullare la condanna per fatto divenuto privo di rilievo penale.

2. Da quanto sin qui affermato discende che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *