Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-08-2012, n. 14245

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Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 23 ottobre 2006, confermando la statuizione di primo grado, rigettava le opposizioni proposte dalla XXX srl avverso l’ordinanza ingiunzione del 9 maggio 1996 ed avverso il decreto ingiuntivo, concernenti entrambi omissioni contributive relativi a sei dipendenti nel periodo dal 9 novembre 1993 al 31 luglio 1995, emerse dal verbale ispettivo del novembre 1995.
La Corte territoriale riteneva che non spettassero le agevolazioni applicate L. n. 223 del 1991, ex art. 8 per chi assume lavoratori in mobilità, richiamando la giurisprudenza di legittimità che esclude il beneficio nei casi in cui l’azienda abbia continuato o riprenda ad operare, perchè la prosecuzione del rapporto di lavoro corrisponde ad un obbligo legale e non già ad una libera scelta e non si verifica alcun reale incremento occupazionale; il beneficio è escluso anche in caso di unitario assetto societario, o rapporto di collegamento o controllo tra le sue aziende, secondo la disposizione introdotta dalla L. n. 451 del 1994, art. 2, comma 1. Rilevato poi che è onere della impresa dimostrare la sussistenza del diritto al beneficio, i Giudici di merito, osservavano che, nella specie, nel 1993, dopo l’assunzione da parte della XXX dei lavoratori in mobilità, la precedente ditta artigiana Confezioni XXX snc non era cessata, m aveva continuato ad operare, fino alla fine dell’anno, con la sola opera dei soci B. e V.; che non era stata dimostrata l’esistenza di una situazione di esubero del personale presso la ditta artigiana, nè che la nuova assunzione fosse dovuta in forza di esigenze economiche reali; l’assunzione del personale in mobilità aveva quindi concretato una condotta elusiva, perchè la XXX era in realtà derivata dalla precedente ditta artigiana, come dimostrato dai seguenti elementi: l’immutata appartenenza della proprietà delle quote sociali ed il fatto che i soci B.R. e V.F. erano coniugi, mentre solo dopo l’assunzione dei lavoratori in mobilità, ossia nel 1994, avevano ceduto le loro quote a V.M., che era divenuta titolare del 90% delle quote; che entrambi i coniugi dirigevano e controllavano i dipendenti, anche se il B. prevalentemente in G. e V. prevalentemente in Confezioni XXX che vi era altresì l’identità sostanziale dei macchinari, l’identità delle mansioni svolte dai lavoratori, l’identità del prodotto e la identità della maggior parte dei fornitori. Concludeva quindi la Corte che l’azienda era rimasta immutata, in quanto le due ditte erano l’una la derivazione dell’altra, e che l’attività sotto la diversa titolarità della S. era stata posta in essere solo al fine di godere dei benefici contributivi.
Avverso detta sentenza la XXX srl ricorre con tre motivi.
Resiste l’Inps con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo mezzo si denuncia violazione della L. n. 223 del 1991, art. 8 ed il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se sono applicabili alla fattispecie concreta oggetto del giudizio i benefici contributivi prescritti per l’assunzione dei lavoratori in mobilità".
Il quesito così come formulato non risponde alle prescrizioni dell’art. 366 bis cod. proc. civ..
In relazione al quesito di diritto, l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (applicabile, ai sensi dell’art. 27, comma 2, di detto decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze rese pubbliche in data successiva all’entrata in vigore del decreto stesso, come u nella specie) stabilisce che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi del precedente art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3, e 4, debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo, con la formulazione di un quesito di diritto. Attraverso questa specifica norma, in particolare, il legislatore si propone l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere. La formulazione del quesito funge da prova necessaria della corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. Ne consegue non solo che la formulazione del quesito di diritto previsto da detta norma deve necessariamente essere esplicita, in riferimento a ciascun motivo di ricorso (cfr., in tal senso, Sez. un, n. 7258 del 2007, e Cass. n. 27130 del 2006), ma anche che essa non deve essere generica ed avulsa dalla fattispecie di cui si discute (cfr. Sez. un. n. 36 del 2007), risolvendosi altrimenti in un’astratta petizione di principio, perciò inidonea tanto ad evidenziare il nesso occorrente tra la singola fattispecie ed il principio di diritto che il ricorrente auspica sia enunciato, quanto ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio, ad opera della Corte, in funzione nomofilattica. Inoltre la Corte, con la sentenza 26 marzo 2007 n. 7258 delle sezioni unite, ha inoltre affermato che la disposizione non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto si possa desumere implicitamente dalla formulazione del motivi di ricorso, perchè una tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma;
Il motivo va quindi dichiarato inammissibile.
2. Con il secondo mezzo si denunzia difetto di motivazione e si chiede alla Corte "se la motivazione espressa dalla Corte d’appello di Venezia in ordine alla valutazione delle prove e/o in ordine all’esistenza dei requisiti prescritti per l’esclusione dei benefici per l’assunzione di lavoratori in mobilità, risulti sufficiente, chiara così come prescritto dalla legge".
Anche questa censura è inammissibile, essendone irrituale la formulazione.
E’ stato infatti affermato (Cass. Sez. U, n. 20603 del 01/10/2007, seguita da numerose altre conformi) che "In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità";
Nella specie la sintesi non contiene alcuna censura alla sentenza impugnata, in particolare non si spiega perchè questa non sarebbe sufficiente e chiara.
3. Con il terzo motivo, denunziando violazione del D.L. n. 299 del 1994 convertito in L. n. 451 del 1994 oltre che l’art. 11 preleggi, sostiene la ricorrente che questa disposizione non avrebbe efficacia retroattiva in quanto introduce nuove ipotesi di esclusione dell’operatività dei benefici contributivi e la legge dispone solo per l’avvenire.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha affermato che la disposizione contenuta nella L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 4 bis si applica anche alle operazioni effettuate prima dell’entrata in vigore della L. n. 451 del 1994 che l’ha introdotta, in considerazione che viene resa esplicita un’esclusione dal beneficio, già ricavabile dalla ratio della norma originaria.
Si è infatti deciso (Cass. n. 8742 del 07/05/2004) che "Il riconoscimento dei benefici contributivi previsti dalla L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 4, (come quello di cui all’art. 25, comma nono, della stessa legge) in favore delle imprese che assumono personale già licenziato a seguito della procedura di mobilità ex artt. 4 e 24 della stessa legge, presuppone che venga accertato che la situazione di esubero del personale posto in mobilità sia effettivamente sussistente e che l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di tale personale da una nuova impresa – assunzione anche precedente la entrata in vigore del comma quarto bis del citato art. 8 – risponda a reali esigenze economiche e non concretizzi invece una condotta elusiva degli scopi legislativi, finalizzata al solo godimento degli incentivi, mediante fittizie e preordinate interruzioni dei rapporti di lavoro. Ne consegue che il presupposto per la concessione del beneficio deve essere ritenuto insussistente nelle ipotesi di trasferimento, trasformazione o fusione di aziende, nelle quali si verifichi il mero passaggio di personale alla nuova impresa senza che il numero complessivo dei lavoratori occupati risulti aumentato".
Peraltro, poichè l’omissione si riferisce al periodo novembre 1993/31 luglio 1995, parte di essa ricade nell’ambito della nuova legge.
In definitiva il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro per esborsi e quattromila per onorari, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2012

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