Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-08-2012, n. 14244

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano, confermando la statuizione di primo grado, accoglieva la domanda di G. A. e C.L. intesa alla trasformazione della pensione sociale L. n. 153 del 1969, ex art. 26, di cui erano in godimento, nell’assegno sociale previsto dalla L. n. 335 del 1995, art.. 3, ritenendo che nulla ostasse a detta trasformazione.

Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con un motivo.

Le pensionate resistono con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo l’Inps, denunziando violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 6 e 7 e della L. n. 153 del 1969, art. 26, sottolinea che entrambe le ricorrenti avevano compiuto i 65 anni, la G. nel 1987 e la C. il primo gennaio 1995 ed avevano ricevuto la pensione sociale. Questa, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, non poteva essere trasformata nell’assegno sociale introdotto dalla citata norma del 1995.

Il ricorso è fondato.

E’ stato infatti già affermato (Cass. Ordinanza n. 11064 del 2010 e sentenza n. 18825 del 9 luglio 2008) che la L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, comma 1, il quale sancisce testualmente: "In sostituzione della pensione o dell’assegno di cui agli artt. 12 e 13, i mutilati e invalidi civili, dal primo giorno del mese successivo al compimento dell’età di 65 anni, su comunicazione delle competenti prefetture, sono ammessi al godimento della pensione sociale a carico del fondo di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26" – l’ammissione di mutilati ed invalidi civili alla pensione sociale (di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26), in sostituzione della pensione di inabilità o dell’assegno di invalidità (di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13, cit.) è consentita "dal primo giorno del mese successivo al compimento dell’età di 65 anni" ed ha carattere automatico, in quanto prescinde – secondo la giurisprudenza (ora) consolidata di questa Corte (vedine le sentenze n. 10972/2001 delle sezioni unite, n. 13570/2001; 5689, 5066, 4184, 974/2002;

3579/2004 della sezione lavoro) – dal possesso del requisito reddituale – per l’accesso alla pensione sociale – costituendone presupposto sufficiente la titolarità di pensione di inabilità o di assegno di invalidità e, con esso, il (già accertato) possesso del requisito reddituale – di maggiore favore – che è previsto per l’accesso alle stesse prestazioni, in favore, appunto, di mutilati ed invalidi civili".

La L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 6. (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) sancisce testualmente:

"Con effetto dal 1 gennaio 1996, in luogo della pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai cittadini italiani, residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al presente comma è corrisposto un assegno di base non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a L. 6.240.000, denominato "assegno sociale".

Alla emanazione di questa norma non consegue però l’abolizione – a far tempo dal 1 gennaio 1996, delle pensioni sociali, precedentemente conseguite nel vigore della disciplina di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26, cit. – al compimento del sessantacinquesimo anno di età, giacchè di esse si fa menzione in disposizioni di legge successive, e cioè dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 67, per cui la maggiorazione ivi introdotta – a decorrere dal 1 gennaio 1999 – risulta riferita – alternativamente – alla pensione sociale, appunto, ed all’assegno sociale;

Parimenti non ne risulta l’abrogazione (ai sensi dell’art. 15 disp. gen.), espressa oppure tacita – per incompatibilità con la sopravvenuta istituzione dell’assegno sociale, appunto, in luogo della pensione sociale (di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 6, cit.) – della prospettata sostituzione automatica (ai sensi della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, comma 1, cit.) – al compimento del sessantacinquesimo anno di età – della stessa pensione sociale alla pensione di inabilità oppure all’assegno di invalidità, in favore di mutilati ed invalidi civili (di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13, cit.);

Pertanto, mutilati ed invalidi civili – titolari di pensione di inabilità o di assegno di invalidità (di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13, cit.) – sono ammessi alla pensione sociale oppure all’assegno sociale (ai sensi della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, comma 1, cit.) – del pari automaticamente – a seconda che il "primo giorno del mese successivo al compimento dell’età di 65 anni" cada (o meno) prima della data (1 gennaio 1996) della istituzione dell’assegno sociale (di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 6, cit), in luogo della pensione sociale. In altri termini, mutilati ed invalidi civili – titolari di pensione di inabilità o di assegno di invalidità – continuano a percepire la pensione sociale – conseguita, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, entro il novembre 1995 – mentre hanno diritto, invece, all’assegno sociale, ove la stessa età (di sessantacinque anni, appunto) sia stata raggiunta in data successiva (cioè dal dicembre 1995 in avanti).

Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata.

Non essendovi necessità di ulteriori accertamenti all’esito del principio affermato, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda di cui al ricorso introduttivo.

Nulla per le spese dell’intero processo ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ. nel testo anteriore alle modifiche del 2003 non applicabili ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Nulla per le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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