Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-02-2013) 18-03-2013, n. 12581

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Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 07/02/2011 la Corte d’appello di Brescia, confermando l’affermazione di responsabilità dei coniugi C. D. e XXX in ordine ai fatti di bancarotta fraudolenta, patrimoniale e documentale, di cui al capo di imputazione, ha provveduto ad una rideterminazione riduttiva delle pene.
2. La sentenza impugnata ha dato atto che l’imputazione riguardava il C., quale amministratore unico della XXX s.p.a., dichiarata fallita con sentenza del 10/06/2010, e la XXX, quale unica soda ed amministratrice della s.r.l. XXX, società priva di mezzi propri e costituita al solo scopo di occultare e commercializzare, attraverso l’impiego di un capannone, le merci sottratte alla XXX s.p.a., che venivano poi rivendute dalla medesima s.r.l. XXX a terzi.
Secondo la Corte territoriale, se il C. era stato la mente di tutta l’operazione, la XXX aveva, dal canto suo, dato un proprio contributo assolutamente insostituibile per il compimento del piano delittuoso, divenendo titolare della seconda società e del contratto di locazione del capannone in cui erano stati ricoverati i beni, tenendo i contatti con i soggetti interessati agli acquisti degli stessi, svolgendo un ruolo non di mera prestanome, ma quale amministratrice di una società che intratteneva rapporti con i compratori, ne riceveva i pagamenti, conosceva quale fosse il movimento delle merci. In definitiva, la sentenza impugnata rileva che l’imputata aveva agito in un periodo non certo breve, all’unisono con il C., che parimenti operava nello stesso capannone come dimostrato dalla documentazione ivi rinvenuta e attestato dalle dichiarazioni del F., già agente della società fallita. La stessa mancanza di conti intestati alla donna non poteva che significare che quest’ultima ben sapeva che, in realtà, degli incassi della nuova società, ottenuti vendendo beni della società fallita, non doveva rimanere traccia, come in effetti era poi avvenuto, alla luce dei prelievi effettuati dal marito C., nel periodo immediatamente precedente la dichiarazione di fallimento.
Quanto al trattamento sanzionatorio, per ciò che concerne il C., la Corte ha operato una riduzione della pena, "in ragione della circostanza che quantomeno parte della merce distratta è stata recuperata, che il C. ha reso dichiarazioni che non hanno smentito il suo già smascherato piano delittuoso".
Tuttavia, non ha riconosciuto le attenuanti generiche, "perchè l’articolata programmazione dell’attività delittuosa da conto di una personalità che non ha esitato a perseguire il proprio esclusivo interesse con danno di una pluralità di soggetti che avevano pieno diritto ad avere soddisfatti i propri pregressi crediti, motivo per cui non si reputa di poter disapplicare la recidiva contestata per la pregressa condanna per reato contro il patrimonio".
Anche per la XXX la Corte ha operato una riduzione della pena, in ragione della corretta condotta serbata durante l’applicazione della misura cautelare non custodiale e del ruolo ancillare ricoperto rispetto al marito.
3. Hanno proposto distinti ricorsi per cassazione il C. e la XXX.
3.1. Con un unico motivo, il C. il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), che la Corte territoriale abbia negato con motivazione contraddittoria le circostanze di cui all’art. 62 bis, cod. pen.. In particolare l’affermazione utilizzata dalla sentenza impugnata sarebbe in netto contrasto le ragioni che hanno condotto il giudice di secondo grado ad operare una riduzione della pena.
3.2. Con il primo motivo, la XXX lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e e), violazione degli artt. 216 e 219, L. Fall., e vizio logico di motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto la sua responsabilità, nonostante fosse emerso che ella non aveva mai ricoperto alcun incarico nella s.p.a.
XXX, non era a conoscenza dello stato di insolvenza della società, era solo formalmente intestataria della s.r.l. XXX ed ignorava le ragioni della costituzione di quest’ultima società. Anche con riferimento al contratto di locazione del capannone della s.r.l. XXX era emerso che ella era intervenuta solo all’atto della firma del documento. Inoltre, tutti i creditori e i fornitori di quest’ultima società avevano dichiarato di non averla mai conosciuto.
3.3. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e e), violazione dell’art. 216 e 223, L. Fall., e vizio logico di motivazione, per avere la Corte territoriale affermato la sua responsabilità in relazione al reato di bancarotta documentale, nonostante ella non avesse mai svolto alcun incarico con riferimento alla s.p.a. XXX.
Motivi della decisione
1. Il ricorso del C. è infondato.
2. La sussistenza di attenuanti generiche è invero oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal Giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, per cui la motivazione, purchè congrua e non contraddittoria – come nella specie – non può essere sindacata in Cassazione (v., in motivazione, Sez. 6, n. 14556 del 25/03/2011, Belluso, Rv. 249731).
Nella sentenza impugnata, infatti, non è dato cogliere alcuna contraddittorietà nel fatto che la Corte territoriale abbia valorizzato taluni profili per procedere ad una determinazione della pena e non sia tornata a considerare gli stessi elementi, in vista dell’auspicata, ulteriore riduzione del trattamento sanzionatorio derivante dal riconoscimento delle attenuanti di cui all’art. 62 bis cod. pen..
3. Anche il ricorso della XXX non è meritevole di accoglimento.
3.1. Il primo motivo di ricorso, in particolare, è inammissibile, in quanto, a fronte di una compiuta e sopra riassunta disamina degli elementi fattuali, la Corte territoriale è giunta alla conclusione che la ricorrente diede un consapevole contributo assolutamente insostituibile per il compimento del piano delittuoso.
Al riguardo, va ribadito che gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità, se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguenza che sono inammissibili in sede di legittimità le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del materiale probatorio (di recente, v. Sez. 5, n 18542 del 21/01/2011, XXX, Rv. 250168 e, in motivazione, Sez. 5, n. 49362 del 19/12/2012, Consorte). In realtà, le censure svolte dalla ricorrente trovano fondamento nel fatto che la ricorrente non aveva intrattenuto rapporti con i clienti e i fornitori, ma trascurano di considerare i nucleo essenziale della motivazione che valorizza i numerosi contributi assicurati dalla S.A., attraverso la fittizia intestazione della seconda società, del capannone e dei contratti, alla realizzazione delle attività distrattive.
3.2. Il secondo motivo è infondato, dal momento che, secondo l’accertamento in fatto della Corte territoriale, non oggetto sul punto di specifiche censure, nel capannone in cui furono ricoverate le merci sottratte alla prima società fu anche trovato un camper nel quale venne rinvenuta varia documentazione bancaria attestante le operazioni di prelievo del C..
4. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2013
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