Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-02-2013) 18-03-2013, n. 12580

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 29/04/2011 la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Velletri che aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia C.R., in quanto ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 455 cod. pen., per avere detenuto al fine di mettere in circolazione due banconote contraffatte da cinquanta Euro, una delle quali aveva tentato di spendere presso un esercizio commerciale. La Corte territoriale ha rilevato: a) che nel caso di specie il dolo richiesto dalla norma incriminatrice era stato correttamente desunto dal giudice di prime cure dal fatto che le banconote sequestrate recavano lo stesso numero seriale e quindi provenivano dalla stessa fonte, dal fatto che l’imputato aveva cercato di trarre profitto dalla disponibilità delle banconote, provando a spenderne una presso un bar in cambio di due pacchetti di sigarette e, quindi, di un consistente resto in monete genuine, dalla generica indicazione circa la provenienza delle banconote come consegnate da un non meglio precisato benzinaio; b) che i, momento di acquisizione della consapevolezza della falsità delle banconote, rilevante al fine di sussumere il fatto all’interno della fattispecie di cui all’art. 455 c.p. o art. 457 cod. pen., era desumibile dalla detenzione da parte dell’imputato di altra banconota avente numero serale identico a quella della banconote che aveva tentato di spendere e dalla circostanza che, appreso della falsità, egli si era allontanato dal locale senza mostrare particolare stupore, il che appariva sospetto, alla luce dell’apprezzabile valore complessivo delle banconote, che, tenuto conto della giovane età dell’imputato (19 anni), avrebbe dovuto accompagnarsi ad un grave disappunto; c), che, in ogni caso, il dolo specifico non era richiesto dall’art. 455 cod. pen., in relazione all’ipotesi di spendite o messa in citazione, nella specie avvenuta con la consegna della banconota alla cassiera del bar.

2 il C. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza e manifeste illogicità della motivazione in ordine alla richieste di assoluzione proposta ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, in particolare centrando il fatto che la Corte territoriale si sia limitata a riprendere le argomentazioni del giudice di prime cure.

Motivi della decisione

1 il ricorso è inammissibile, poichè, a fronte del sopra riassunto apparato argomentativo della sentenza, impugnata, che esprime la risposte ai motivi di appello formulata dall’imputato, puntualmente riprodotti nella decisione, appare del tutto generico e non indica le basi obiettive della lamentela manifesta illogicità della motivazione.

2 Alla pronuncia di inammissibilità consegue l’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2013

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