Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-08-2012, n. 14239

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 29 luglio 2009, la Corte d’Appello di Roma accoglieva il gravame svolto da G.E. contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato a F.G., con ordine di reintegrazione e condanna al risarcimento del danno e al pagamento delle differenze retributive.

2. A sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva, per quanto qui rileva:

– il rapporto di lavoro doveva ritenersi cessato al 13.10.2000, non avendo alcuna incidenza la successiva malattia del lavoratore, atteso l’effetto obbligatorio e non reale del preavviso, nè era dovuta la relativa indennità di malattia;

– quanto all’illegittimità del licenziamento, determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, non poteva condividersi la motivazione del primo giudice, di pretestuosità, attesa l’effettività della soppressione del posto per essere state le mansioni del dipendente assorbite dalla titolare e da altri dipendenti, la rilevante contrazione degli utili del 14%, tra il 1998 e il 1999 e l’incidenza notevole della retribuzione del F. pari a circa 9 milioni di lire al mese, onde il licenziamento appariva giustificato dalla volontà di limitare il decremento degli utili, attraverso la riduzione dei costi, sulla base di una scelta imprenditoriale non sindacabile dal giudice;

– il conteggio analitico delle altre retribuzioni richieste non era stato specificamente contestato dal datore di lavoro;

– infine, i motivi di gravame relativi alla domanda riconvenzionale proposta in primo grado andavano rigettati per l’imprecisa deduzione dei danni subiti e la genericità delle deduzioni.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, F. G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

L’intimata ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso, ed ha proposto ricorso incidentale fondato su due motivi, cui non ha resistito F..

Motivi della decisione

4. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ex art. 335 c.p.c., perchè proposti avverso la medesima sentenza.

5. Con il primo motivo del ricorso principale il ricorrente, denunciando omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio, si duole che la corte territoriale abbia apoditticamente ritenuto soppresso il posto di lavoro assegnato al dottor F. con assunzione delle relative funzioni da parte della dottoressa G. e di altri dipendenti, senza alcuna minima prova della soppressione delle funzioni e della relativa assunzione da parte della predetta dottoressa e di altri dipendenti abilitati alla gestione di una farmacia. Assume, inoltre, che il rientro della G. in farmacia non ha trovato alcun riscontro istruttorio, se non una mera dichiarazione di parte, nè la soppressione delle funzioni emergerebbe dalla lettera di licenziamento, nè il datore di lavoro ha fornito la prova di aver offerto al lavoratore altre mansioni confacenti o una riduzione dello stipendio, peraltro eccessivamente oneroso per essere stato progressivamente incrementato dal datore di lavoro, circostanza sottaciuta, invece, dalla Corte di merito.

6. Il motivo è inammissibile alla stregua dell’orientamento consolidato di questa Corte (v., tra le tante, Cass. 2272/2007) per cui il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. In caso contrario, il motivo di ricorso si risolverebbe, come nella specie, in una revisione delle valutazioni e dei convincimenti del Giudice di merito e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione, che non può trovare ingresso in questa sede.

7. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 2118 c.c., si duole che la Corte di merito abbia errato nella fissazione della cessazione del rapporto, non considerando che il licenziamento era stato notificato in data successiva alla comunicazione dell’intervenuto stato di malattia del dipendente a ciò conseguendo l’inefficacia del licenziamento intimato prima del sorgere della malattia ma comunicato in data successiva alla sua notifica.

8. Osserva il Collegio che secondo la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, di questa Corte, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., n. 6, oltre a richiedere la "specifica" indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto; tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 28547/2008; Cass., n. 20535/2009).

9. La giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte ha ulteriormente ritenuto che la previsione di cui al ricordato art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, deve ritenersi soddisfatta, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale siano contenuti gli atti e i documenti su cui il ricorso si fonda, ferma in ogni caso l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (cfr., Cass., SU, n. 22726/2011).

10. Il ricorrente non ha adempiuto a tali oneri e ne discende l’inammissibilità del motivo.

11. Con unico articolato motivo del ricorso incidentale, l’intimata, deducendo vizio di motivazione e violazione dell’art. 244 c.p.c. si duole che la Corte territoriale abbia respinto la richiesta prova testimoniale per la mancata indicazione dei tempi e delle circostanze in cui sarebbero avvenuti i fatti.

12. Il motivo è inammissibile. Osserva il Collegio che le critiche mosse dalla ricorrente incidentale alla statuizione di inammissibilità della prova testimoniale non possono essere valutate dalla Corte in applicazione del principio di diritto, assorbente ogni altra questione, secondo il quale quando sia denunziato, con il ricorso per cassazione, un vizio di motivazione della sentenza sotto il profilo della mancata ammissione di un mezzo istruttorio, il ricorrente ha l’onere, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, di indicare specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova, la loro rilevanza, i soggetti chiamati a rispondere e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare, onde consentire al Giudice di legittimità il controllo sulla decisività della prova testimoniale non ammessa sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (ex multis, Cass. nn. 9748/2010, 5479/2006, 19138/2004, 9290/2004).

13. Tali indicazioni, nella fattispecie, non sono state fornite dalla ricorrente incidentale, limitatasi a trascrivere il contenuto dei capitoli di prova testimoniale formulati nella memoria difensiva di costituzione in primo grado.

14. Entrambi i ricorsi vanno, pertanto, respinti con compensazione delle spese del giudizio in considerazione della soccombenza reciproca delle parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; spese compensate.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2012

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