Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-02-2013) 15-03-2013, n. 12319

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 24/04/2012 la Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto S.C. responsabile del reato di cui all’art. 483 c.p., per avere falsamente attestato al Comune di (OMISSIS) di essere residente in (OMISSIS), che corrispondeva in realtà ad una mera casella postale.
2. La Corte territoriale ha rilevato: a) che dalla documentazione in atti non contestata dalla difesa emergeva che l’indirizzo summenzionato corrisponde a quello di una società inglese che, a pagamento e previa stipula di un contratto per adesione a mezzo Internet, attribuisce al cliente un proprio recapito presso di sè;
b) che, non corrispondendo l’indirizzo ad una possibile effettiva residenza, doveva escludersi che la comunicazione della dimora dello S. all’estero fosse derivata dall’accertamento diretto da parte delle autorità inglesi;
c) che, pertanto, il reato di falso si era consumato nel momento in cui la falsa dichiarazione di un indirizzo inesistente era stata portata a conoscenza dell’autorità amministrativa del Comune di XXX, che aveva provveduto alla relativa annotazione.
Atteso il carattere documentale dell’accertamento, la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di acquisizione di documentazione destinata a dimostrare l’inattendibilità del teste B..
3. Nell’interesse dello S. è stato proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost., artt. 190, 234, 238, 238 bis, 491 e 526, in relazione all’art. 178 c.p.p., lett. c), con riferimento al canone interpretativo concernente le modalità di acquisizione ed utilizzabilità della documentazione, rilevando: a) che l’unica documentazione presente nel fascicolo processuale – riguardante l’indirizzo (OMISSIS) – era quella allegata alla querela depositata dal B. che risultava erroneamente inserita nel fascicolo del dibattimento, nonostante la tempestiva eccezione formulata ai sensi dell’art. 491 c.p.p., comma 2, all’udienza del 09/12/2008, mai affrontata dal giudice di prime cure; b) che di tali documenti non era stata fatta alcuna menzione nella sentenza di primo grado e nell’appello del Procuratore Generale; c) che il giudice del gravame, pur potendo legittimamente acquisire documenti, deve comunque operare nel contraddittorio delle parti; d) che, quanto alla mancata contestazione di tale documentazione, da un lato, la pertinenza e la capacità probatoria erano state oggetto di considerazione, unitamente alla richiesta di estromissione ex art. 491 c.p.p., dall’altro, non v’era spazio per ulteriori approfondimenti, visto che nè il giudice di primo grado nè il Procuratore appellante avevano preso in esame tale documentazione; e) che, in ogni caso, era evidente la diversità tra l’indirizzo cui la documentazione si riferiva e quello comunicato dall’AIRE al Comune di XXX ( (OMISSIS)) e che, invece, coincide con un immobile ad uso esclusivamente residenziale; f) che, in ogni caso, nel periodo in cui il B. aveva fatto un sopralluogo a (OMISSIS) (tra il (OMISSIS)), il ricorrente era residente a (OMISSIS).
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, con riferimento ad un palese travisamento delle prove.
Al riguardo, si rileva: a) che l’affermazione di responsabilità riposa illogicamente sulla proposizione per cui non era stato contestato "dall’appellante che egli si fosse effettivamente trasferito in Gran Bretagna e a quell’indirizzo, come anzi ha cercato di dimostrare nel corso del giudizio di primo grado"; b) che era erroneamente presunta e comunque indimostrata la non abitabilità dell’immobile sito al (OMISSIS); c) che l’inizio delle indagini del B. si collocava al 30/08/2006, mentre il sopralluogo era del febbraio 2007, ossia oltre un anno e mezzo dopo i fatti per i quali lo S. ero stato tratto a giudizio (07.09.2005).
5.3. Con il terzo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), la mancata assunzione di una prova decisiva, destinata a dimostrare l’inattendibilità del B..
5.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), e), erronea applicazione di norme giuridiche e illogicità della motivazione, per non avere considerato che il ricorrente non avrebbe conseguito alcuna utilità pratica nel commettere il falso, in quanto le notificazioni all’estero possono perfezionarsi anche quanto il potenziale destinatario scelga di avvalersi del servizio di caselle postali.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
In effetti, alla luce delle incongruenze documentali concernenti l’indirizzo del quale si discute e dell’assenza di una puntuale motivazione che consenta di collocare, alla data del reato contestato, l’accertamento del carattere non residenziale della struttura cui corrisponde uno degli indirizzi, rimane priva di fondamento la conclusione secondo cui l’iscrizione all’A.I.R.E. dello S. deriverebbe da una sua mendace iniziativa.
Ne discende che la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *