Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-08-2012, n. 14236

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Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 13 ottobre 2006, la Corte d’Appello di Genova respingeva il gravame svolto dalla XXX s.p.a. contro la sentenza di primo grado che, respingendo le opposizioni avverso la cartella esattoriale e l’ordinanza-ingiunzione, aveva respinto ogni pretesa contributiva e sanzionatoria avanzata dall’INPS per il lavoro straordinario svolto dai dipendenti della predetta società, nel periodo aprile 1993 – ottobre 1997, retribuito in busta paga con la voce premio.
2. La Corte territoriale, per quanto qui rileva, puntualizzava che:
– il gravame era stato svolto solo dalla società, in persona del legale rappresentante, S.A., e non anche dal predetto S., in proprio, onde il capo di sentenza di rigetto dell’opposizione ad ordinanza ingiunzione era passato in giudicato;
– la pretesa creditoria dell’INPS, per il lavoro straordinario svolto dai dipendenti della predetta società, nel periodo aprile 1993 – ottobre 1997, retribuito in busta paga con la voce premio, era risultata provata da molteplici riscontri probatorii dichiarazione confessoria dell’amministratore delegato inerente al riconoscimento di una maggiorazione del 30 per cento della retribuzione; la concordata erogazione di un superminimo inattendibile per diversità di importo mensile erogato e, ove erogato, indicato in apposita voce della busta paga;
– la richiesta riduzione della pretesa contributiva dell’INPS, a mezzo di inammissibile consulenza tecnica meramente esplorativa giacchè non ancorata a dati certi valutativi, era affatto generica.
3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la XXX s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un articolato motivo. L’INPS ha partecipato alla discussione orale. La XXX s.p.a. è rimasta intimata.
Motivi della decisione
4. Con articolato motivo di ricorso la parte ricorrente, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censura la sentenza della corte territoriale per non aver valutato attentamente il materiale probatorio ed assume che l’importo risultante dalle busta paga doveva ritenersi in parte erogato a titolo di premio o superminimo per professionalità e reperibilità e soltanto in parte a titolo di straordinario. Il motivo si conclude con la formulazione del momento di sintesi.
5. Osserva il Collegio che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366-bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e in vigore fino al 4 luglio 2009), applicabile ratione temporis, deve ritenersi assolto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in argomento, ex multis, Cass. 27680/2009, 8897/2008; SU 20603/2007).
6. Il motivo è, nella specie, corredato di un momento di sintesi inerente a doglianze sulla valutazione del materiale probatorio senza scalfire il tessuto argomentativo della sentenza impugnata sollecitando, al pari del motivo cui accede, un inammissibile riesame del merito.
7. Osserva al riguardo il Collegio che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto estranea all’ambito del vizio in parola la possibilità, per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie.
8. Per conseguenza il vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza e contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo qualora, nel ragionamento del giudice di merito, siano rinvenibili tracce evidenti del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero qualora esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione; per conseguenza le censure concernenti i vizi di motivazione devono indicare quali siano gli elementi di contraddittorietà o illogicità che rendano del tutto irrazionali le argomentazioni del giudice del merito e non possono risolversi nella richiesta di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata nella sentenza impugnata (cfr., ex plurimis, Cass., n. 8718/2005 ed altre numerose conformi).
9. Al contempo va considerato che, affinchè la motivazione adottata dal giudice di merito possa essere considerata adeguata e sufficiente, non è necessario che essa prenda in esame, ai fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (cfr., ex plurimis, Cass., n. 12121/2004).
10. Nel caso all’esame la sentenza impugnata ha esaminato tutte le circostanze rilevanti ai fini della decisione, svolgendo, nei termini già indicati nello storico di lite, un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze istruttorie acquisite (in particolare prendendo in considerazione le dichiarazioni ammissive rese dall’amministratore delegato agli ispettori verbalizzanti, i documenti tempestivamente acquisiti in giudizio, pur raffrontati con quelli inammissibilmente prodotti dalla società in sede di gravame) e immune da contraddizioni e vizi logici; le valutazioni svolte e le coerenti conclusioni che ne sono state tratte configurano quindi un’opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole, espressione di una potestà propria del giudice del merito non sindacabile nel suo esercizio.
11. In definitiva, la motivazione della corte territoriale è risultata corretta ed immune da vizi logici e censure, conseguendone il rigetto del ricorso.
12. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in favore dell’INPS; nulla in favore della parte che non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente società al pagamento delle spese in favore dell’INPS, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, oltre Euro 1.500,00 per onorali, oltre accessori di legge; nulla per la XXX s.p.a..
Così deciso in Roma, il 2 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2012

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