Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-02-2013) 12-03-2013, n. 11550

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 20 gennaio 2012, la Corte d’appello di Lecce ha ridotto da anni 1 e mesi 2 di reclusione ad Euro 10.000,00 di multa la pena inflitta a S.M. dal Tribunale in sede per il reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter (violazione ordine espulsione emesso nei suoi confronti dal Questore di Torino il 10 ottobre 2003).

2. La Corte ha dato atto che il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter era stato sostituito dal D.L. n. 89 del 2011, art. 3, comma 1, lett. d) n. 6, convertito, con modificazioni, nella L. n. 129 del 2011, il quale aveva sostituito la sanzione prevista per il reato di inottemperanza all’ordine di espulsione dal territorio dello Stato, prevedendo, in luogo della reclusione da 1 a 4 anni, la sola multa da Euro 10.000,00 ad Euro 20.000,00.

3.Avverso detta sentenza della Corte d’appello di Lecce propone ricorso per cassazione S.M. per il tramite del suo difensore, che ha dedotto erronea applicazione dell’art. 2 c.p., per avere la sentenza impugnata ritenuto che fra la formulazione della norma al momento del fatto ascrittogli e la formulazione della norma, così come attualmente prevista, vi fosse continuità normativa e non abolitio criminis; al contrario, il fatto ascrittogli era da ritenere ormai non costituire più reato, si che egli avrebbe dovuto essere prosciolto dall’imputazione ascrittagli.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da S.M. è fondato.

2.Posto che il reato ascrittogli è stato accertato come commesso il 21 agosto 2006, va invero rilevato che in data 28 aprile 2011, è stata depositata la sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel procedimento C-61/11 PPU, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale, formulata ai sensi dell’art. 267 TFUE dalla Corte d’appello di Trento nell’ambito del procedimento a carico di M.E.D., imputato del reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, in relazione alla direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in data 16 dicembre 2008, recante "norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare".

3. Con detta sentenza la Corte europea ha affermato che la fattispecie di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, che punisce la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento dal territorio nazionale emesso dal competente Questore, ordine emesso nella specie prima della scadenza dei termini previsti per il recepimento nel nostro ordinamento della citata direttiva 2008/115/CE (16 dicembre 2008), deve considerarsi non più applicabile nell’ordinamento interno, siccome incompatibile con la predetta normativa comunitaria, determinando effetti sostanzialmente assimilabili all’abolitio criminis, con conseguente necessità di dichiarare nei giudizi di cognizione che il fatto non è più previsto dalla legge come reato e di applicare in sede di esecuzione, in via di interpretazione estensiva, la norma di cui all’art. 673 c.p.p., (cfr. Cass. Sez. 1 n. 22105 del 28/04/2011 dep. 01/06/2011 imp. Tourghi).

4. Va inoltre ritenuto che il D.L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni, nella L. 2 agosto 2011, n. 129, recante disposizioni urgenti per completare l’attuazione della direttiva comunitaria relativa alla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva sul rimpatrio dei cittadini di paesi terzi irregolari, che ha proceduto ad una nuova formulazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, non può dirsi in continuità normativa con la precedente versione di tale ultimo articolo, come erroneamente ritenuto dalla sentenza impugnata, dovendosi al contrario ritenere avvenuta una vera e propria abolitio criminis, non solo per il distacco temporale intercorso fra la sua emanazione e l’emissione della direttiva comunitaria anzidetta, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia della condotta richiesta per integrare l’illecito penale in esame.

Invero, in base alla nuova normativa, all’intimazione di allontanamento può pervenirsi solo dopo l’esito infruttuoso dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un centro a ciò deputato, come può desumersi dallo stretto collegamento che l’art. 14, comma 5 ter attualmente in vigore pone con il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 4, anch’esso sostituito dal D.L. n. 89 del 2011.

E’ pertanto da ritenere che, con il testo legislativo da ultimo citato, sia stata prevista dal legislatore una nuova incriminazione, assolutamente autonoma e disomogenea rispetto a quella precedente ed applicabile come tale, ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 1, solo ai fatti verificatisi dopo l’entrata in vigore della normativa anzidetta.

5. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio, per essere il fatto ascritto al ricorrente non più previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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