Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-08-2012, n. 14364

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Svolgimento del processo
Il ricorrente impugna la "ordinanza" Trib. Ancona 3.12.2008 con cui, in conferma del decreto reiettivo sul punto del competente giudice delegato al fallimento XXX s.r.l., venne rigettata la sua opposizione ai sensi dell’art. 98 l.fall, volta all’ammissione allo stato passivo di quella procedura del credito riferito ad un prospettato rapporto di lavoro e dunque per retribuzione e T.F.R. Il mancato riconoscimento del credito ed in privilegio ex art. 2751 bis cod. civ. fu motivato dal tribunale per ritenuto carattere simulato del contratto di lavoro, configurandosi il rapporto quale di amministrazione di società ma senza attribuzioni di compenso deliberate dalla competente assemblea.
In particolare, il collegio anconetano dichiarò inammissibili (oltre che non indispensabili) le prove orali e la produzione documentale afferenti al ricorso in opposizione allo stato passivo e per la prima volta introdotte rispetto alla fase sommaria precedente, svoltasi avanti al giudice delegato, apprezzando, sulla base dei riscontri informativi invece acquisiti dal curatore, il ruolo di amministratore di fatto di Z., a dispetto della qualità formale di direttore generale o commerciale, non provata.
Il ricorso è affidato a quattro motivi, la curatela resiste con controricorso ed ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Motivi della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 98-99 L. fall, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo errato il tribunale nell’assimilare alla regola preclusiva dell’appello, e di cui all’art. 345 cod. proc. civ., l’ingresso di nuove prove nel giudizio di opposizione allo stato passivo.
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., oltre che 101, 115 e 116 cod. proc. civ. e art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver assunto la decisione di merito, sull’insinuazione al passivo, sulla base di elementi di convincimento tratti da informazioni acquisite senza contraddittorio, nella fase preliminare ed extra giudizio, avanti al curatore e con affermata inammissibilità delle prove articolate dal ricorrente.
Con il terzo motivo si deduce ancora falsa ed erronea interpretazione dell’art. 1322 c.c., art. 1325 c.c., comma 1, artt. 1362, 2094 e 1417 cod. civ. e art. 244 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, contestandosi che il non raggiungimento della prova del rapporto di lavoro fosse stato conseguito, da parte del tribunale, dando rilievo alle dichiarazioni sottoscritte da dipendenti in contrasto con evidenze documentali provenienti dall’imprenditore fallito e senza contraddittorio.
Con il quarto motivo si deduce insufficiente motivazione su punto controverso e decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 ed anche all’art. 99, comma 8, L.fall. contestandosi il non utilizzo, da parte del tribunale, del proprio potere di assumere informazioni anche d’ufficio oltre che la correttezza del rigetto dei mezzi istruttori proposti dall’opponente.
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Premesso che il giudizio di opposizione allo stato passivo cui si riconnette la fattispecie in esame è assoggettato al cd. regime concorsuale intermedio (regolato dal D.Lgs. n. 5 del 2006 ed anteriore alla vigenza del cd. decreto correttivo n. 169 del 2007), in esso – come in quello vigente dal 1.1.2008 – per la produzione di documenti a sostegno dell’istanza di ammissione al passivo non trova applicazione il divieto di cui all’art. 345 cod. proc. civ., versandosi in un giudizio diverso da quello ordinario di cognizione e non potendo la predetta opposizione essere qualificata come un appello, pur avendo natura impugnatoria. Tale rimedio infatti, è stato sostenuto dalla S.C., "mira a rimuovere un provvedimento emesso sulla base di una cognizione sommaria e … se non opposto, acquista efficacia di giudicato endofallimentare ex art. 96 legge fall., segnando solo gli atti introduttivi ex artt. 98 e 99 legge fall., con l’onere di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti, il termine preclusivo per l’articolazione dei mezzi istruttori" (Cass. 4708/2011). Nella vicenda, all’opposto, con il provvedimento impugnato (al di là della denominazione quale ordinanza), il tribunale ha espressamente escluso, violando i limiti di cui all’art. 99, comma 1, n. 4, l.fall, che il ricorrente potesse introdurre prove costituende e documenti unitamente al ricorso svolto ex art. 98 l.fall., giustificando tale diniego, oltre che con il richiamo generale alla citata disposizione in tema di appello ordinario, altresì con il divieto di proporre mezzi istruttori non formulati o allegati nella fase precedente, cioè con la originaria insinuazione al passivo ex art. 93 l. fall. ovvero, comunque ancora avanti al giudice delegato, nell’interlocuzione con il curatore, dunque nell’ambito delle osservazioni scritte di cui all’art. 95, comma 2, l.fall.. In realtà, già questa Corte ha statuito che "il termine di decadenza previsto dall’art. 93, comma 7, della legge fall, per la produzione di documenti a sostegno dell’istanza di ammissione al passivo si riferisce esclusivamente al procedimento di verificazione dei crediti, caratterizzato da sommarietà della cognizione, speditezza dell’istruttoria e non obbligatorietà dell’assistenza tecnica del creditore, mentre nel successivo giudizio di opposizione, avente natura di giudizio a cognizione piena, il creditore può indicare nel ricorso introduttivo i mezzi di prova di cui intende avvalersi ed i documenti prodotti, verificandosi altrimenti una lesione del diritto di difesa del creditore, che sarebbe tenuto a produrre i documenti entro lo stesso termine fissato per il deposito dello stato passivo da parte del curatore, e non essendo applicabile la disciplina di cui all’art. 345 cod. proc. civ., in quanto l’opposizione non è qualificabile come appello" (Cass. 19697/2009;
Cass. 24028/2010). Il riesame a cognizione piena del risultato della cognizione sommaria attinente al rito della verifica, demandato al giudice dell’opposizione, esclude una modifica del thema disputandum (e dunque ad esempio non ammette l’inserzione di domande riconvenzionali del curatore: Cass. 8929/2012), ma non ne comprime il diritto di difesa, consentendo pertanto la formulazione di eccezioni non sottoposte in precedenza al giudice delegato, senza preclusioni quanto al thema probandum, aperto a nuove allegazioni istruttorie.
2. Non è peraltro possibile un pieno accoglimento del motivo, sulla base del rilevato errore di diritto, mancando decisività in esso, in quanto l’enunciazione del vizio della decisione – peraltro avvenuta in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e non invece, prospettandosi un vizio del procedimento, con riguardo all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4 – si accompagna ad una diffusa e dirimente carenza: ritiene il Collegio, confermando indirizzo meritevole di continuità, che "L’esame degli atti del giudico di merito da parte del giudice di legittimità, ove sia denunciato un "errar in procedendo", presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, sicchè laddove sia denunciata la violazione dell’obbligo di sospendere il processo tributario, a seguito della proposizione di querela di falso contro le relazioni di notificazione degli atti impositivi impugnati, è necessario che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini, il testo della querela di falso ed il verbale di udienza relativo al suo deposito davanti al giudice che non ha disposto la sospensione del processo "(Cass. n. 5036/2012), sulla scia di un orientamento per cui "il ricorrente che, in sede di legittimità, denuncia la mancata ammissione di una prova testimoniale da parte del giudice di merito ha l’onere di indicare specificamente le circostante che formavano oggetto della prova, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse che, per il principio di autosufficienza del ricorso, la Corie di cassazione dev’essere in grado di compiere solo sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative. Tale principio trova applicazione anche nel caso di mancata ammissione di una prova testimoniale da parte del consiglio dell’ordine degli avvocati nel corso di un procedimento disciplinare" (Cass. s.u. 28336/2011; 11895/2003). La conseguente ragione di assorbente inammissibilità del motivo deriva invero dalla mancata trascrizione da parte della ricorrente delle prove documentali e dei capitoli di prova orale il cui apprezzamento autonomo, nella presente sede, avrebbe permesso di conferire sufficiente specificità alla censura e dunque il corretto rilievo di decisività dei fatti da provare e delle prove stesse (Cass. s.u. 1988/1998), ponendo il giudice di legittimità "in grado di compiere detto controllo soltanto sulla base delle deduzioni contenute nell’atto alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative" (Cass. n. 5394/1998; 586/2001; 6578/2002), perciò "senza necessità di inammissibili indagini integrative della validità e decisività delle disattese deduzioni e senza che … possa svolgere alcuna funzione sostitutiva il riferimento "per relationem" ad altri atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi del giudizio per il principio cd. "di autosufficienza" del ricorso per cassazione" (Cass. n. 10897/1998; 5945/1999; 11117/2000).
3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto il quesito di diritto finale non esprime alcuna congruità con la struttura argomentativa della censura: oltre a ripetere le contestazioni del primo motivo, costituendone una sostanziale ripetizione, con esso la parte dapprima si lamenta del convincimento formatosi, in capo al giudicante di merito, sulla base di elementi di prova acquisiti nella fase anteriore al giudizio di opposizione allo stato passivo ed anzi avanti al curatore, dunque in spregio alla codificazione concorsuale del contraddittorio e successivamente chiede la cassazione del provvedimento dorico ove il tribunale avrebbe erroneamente omesso di ammettere le proprie prove costituende e costituite. Il che realizza una discrasia prospettica tale da inficiare al massimo livello il ricorso, per tale parte: invero "Il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una "regula iuris" suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (Nella specie, è stato dichiarato inammissibile il motivo di ricorso, attinente alla giurisdizione, che si concludeva con l’esposizione di taluni quesiti di diritto rispetto ai quali sarebbe dovuta seguire una risposta affermativa risolvente si in una ovvia asserzione, priva della dignità di massima di diritto, come: a) tutti i giudici devono rispettare la legge quanto all’obbligo di pronunciare sulla domanda proposta; b) le pronunce di legittimità non hanno valore vincolante per i giudici di merito; c) il giudice ha il potere di disapplicare gli atti amministrativi in determinate ipotesi. Del pari, sono stati dichiarati inammissibili gli ulteriori motivi di ricorso per violazione di legge, concludentisi, taluni, con quesiti che si limitavano a riprodurre il contenuto astratto di precetti legislativi e di principi generali, mentre, altro motivo ancora, con un quesito generico rispetto alle specifiche censure articolate nel motivo stesso)" (Cass. s.u. 26020/2008; 3462/2010; 12712/2010).
4. Il terzo motivo di ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato. Con esso il ricorrente si duole della irritualità dei mezzi probatori utilizzati dal tribunale per negare la qualità di lavoratore subordinato di Z., ascrivendogli piuttosto quella di amministratore di fatto della fallita XXX s.r.l.. In realtà, il convincimento formatosi nel merito esplicitamente procede dall’utilizzo di documentazione – dichiarazioni rese da prestatori di lavoro al curatore – per le quali, da un lato, il provvedimento impugnato da conto della non opposizione al relativo utilizzo da parte del ricorrente, con acquisizione alla fase giudiziale ed anzi ulteriore assunzione in essa, avanti al giudice delegato, di informazioni rese dall’amministratore formale della fallita, non potendo dunque predicarsi, quanto alla prima circostanza, interesse all’impugnazione sul punto e, quanto alla seconda, contrarietà ai principi del contraddittorio. Dall’altro lato, osserva il Collegio che, in generale, "le scritture private provenienti da terzi estranei alla lite possono essere liberamente contestate dalle parti, non applicandosi alle stesse nè la disciplina sostanziale di cui all’art. 2702 cod. civ., nè quella processuale di cui all’art. 214 cod. proc. civ., atteso che esse costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio è meramente indiziario, e che possono, quindi, contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo" (Cass. n. 76/2010; s.u.
15169/2010; 24208/2010). Se tale circostanza elide ogni critica in punto di irritualità della istruzione probatoria (che ben può dunque valorizzare alla stregua di elementi indiziali le risultanze della fase sommaria, specie se non contestate in modo specifico), diviene invece inammissibile la censura ove pone in discussione la complessiva ricostruzione del fatto, quale riferibile al giudice e che parte ricorrente, tra l’altro, investe con poco ordine come vizio di mera violazione di legge (Cass. n. 8585/2012).
5. Il quarto motivo e inammissibile. Osserva il Collegio che risulta "inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., per le cause ancora ad esso soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione qualora non sia stato formulato il cd. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la "ratio" che sottende la disposizione indicata, associata alle esigente deflative del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito." (Cass. n. 24255/2011). Data la assoluta genericità del motivo, valgono inoltre i rilievi già formulati sub 1, non avendo il ricorrente, com’era suo onere, indicato specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, precludendo così alla Corte di compiere tale verifica solo sulla base delle deduzioni contenute nell’atto alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (Cass. s.u. 28336/2011; 11895/2003). E’ poi ed infine costantemente affermato il principio, cui non si è attenuto il motivo, secondo il quale la censura relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente oltre a trascrivere i capitoli di prova e ad indicare i testi e le ragioni per le quali sono essi qualificati a testimoniare, elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto, non alleghi e indichi la prova della tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione, al fine di consentire alla Corte di valutare ex actis la veridicità dell’asserzione (in tal senso, tra le ultime, la pronuncia n. 9748/2010).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, ai sensi di cui in motivazione e condanna il ricorrente alle spese del procedimento che liquida in Euro 2.700, di cui 200 Euro per esborsi, oltre ad accessori di legge e spese generali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012

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