Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-02-2013) 06-03-2013, n. 10434

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 29 ottobre 2012 il Tribunale di L’Aquila rigettava la richiesta di riesame presentata da J.F. in relazione al provvedimento applicativo della misura cautelare carceraria adottato nei suoi confronti in relazione ai reati di riduzione in schiavitù e di procurato ingresso illegale nel territorio nazionale.

2. Avverso il provvedimento ricorre a mezzo del difensore l’indagato deducendo vizi motivazionali del medesimo. In proposito il ricorrente lamenta l’assenza dei gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 c.p.p. e rileva che il Tribunale non avrebbe sostanzialmente spiegato perchè gli elementi selezionati in tal senso sarebbero tali, omettendo invece di giustificare l’attendibilità della persona offesa, nonostante la genericità e contraddittorietà del suo racconto, nonchè il suo interesse al conseguimento di un permesso di soggiorno per motivi di protezione.

3. Con motivi aggiunti depositati all’udienza il ricorrente ha dedotto – come il provvedimento impugnato non chiarisca per quale motivo il reato di riduzione in schiavitù dovrebbe ritenersi consumato in territorio italiano, eccependo il difetto di giurisdizione;

– come il Tribunale abbia trascurato l’accertamento negativo sulla rimessa di danaro da parte della O. nei confronti dell’indagato, che avrebbe dovuto costituire riscontro alle sue dichiarazioni, nonchè abbia omesso di prendere in considerazione le dichiarazioni difensive del J. e la documentazione prodotta a supporto delle medesime, come anche i profili di genericità e le contraddizioni rilevabili in quelle della persona offesa, risultando altresì carente la motivazione del provvedimento impugnato in merito alla credibilità di quest’ultima con riferimento al suo interesse a conseguire di un permesso di soggiorno per fini di giustizia.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e per certi versi anche inammissibile.

1.1 Deve innanzi tutto ricordarsi come, secondo il costante e qui condiviso orientamento di questa Corte in tema di misure cautelari, l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro (ex multis Sez. 1, n. 21634 del 17 gennaio 2011, Aligi e altri, in motivazione; Sez. 2, n. 774/08 del 28 novembre 2007, Beato, Rv.

238903; Sez. 6, n. 3678 del 17 novembre 1998 Panebianco R., Rv.

212685).

1.2 Va quindi evidenziato che il Tribunale – e prima ancora il G.i.p. – con motivazione non manifestamente illogica e coerente al compendio probatorio di riferimento, ha posto a fondamento della ritenuta sussistenza di un quadro indiziario connotato da sufficiente gravità le dichiarazioni della persona offesa, la cui attendibilità ha positivamente testato in riferimento all’esistenza di precisi e plurimi riscontri acquisiti attraverso le indagini svolte dalla polizia giudiziaria.

1.3 In particolare l’ordinanza genetica, così come recepita da quella impugnata, evidenzia in maniera aderente al compendio probatorio come l’attività di prostituzione svolta in Italia dalla persona sia stata posta in essere sotto l’effetto e nella permanenza dello stato di soggezione in cui era stata indotta dall’indagato e sotto il controllo a distanza del medesimo, talchè deve ritenersi che i giudici del merito abbiano correttamente ritenuto, anche solo implicitamente, consumato nel territorio nazionale un segmento della condotta, nonchè l’evento del reato. Deve conseguentemente ritenersi infondata l’eccezione sul difetto di giurisdizione sollevata con i motivi aggiunti.

1.4 Parimenti infondata è la doglianza del ricorrente in merito al mancato approfondimento della credibilità della propalante, atteso che da entrambe i provvedimenti di merito emerge come la stessa sia stata valutata in riferimento ai numerosi riscontri acquisiti, non ultime le parziali ammissioni rese dall’indagato in merito al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina della O..

1.5 Ed allo stesso modo infondate risultano le censure attinenti al carattere neutro, sotto il profilo probatorio, degli esiti delle suddette indagini e delle stesse dichiarazioni dell’indagato, non considerando il ricorrente che tali elementi non sono stati evocati dal Tribunale in forza della loro autonoma e diretta attitudine indiziaria, ma, per l’appunto, esclusivamente quali meri riscontri estrinseci della attendibilità del racconto della persona offesa, le cui dichiarazioni sono state dunque legittimamente ritenute idonee ad integrare il presupposto per l’adozione della misura cautelare.

2. Quanto poi alla mancata confutazione delle presunte aporie riscontrabili nelle dichiarazioni della persona offesa ed al suo eventuale interesse al rilascio di un permesso di soggiorno va ricordato come in sede di legittimità non sia censurabile un provvedimento per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione del provvedimento medesimo complessivamente considerata.

Pertanto, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio di motivazione che il provvedimento evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Sicchè, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione (Sez. 2, n. 29434 del 19 maggio 2004, Candiano ed altri, Rv. 229220; Sez. 2, n. 33577 del 26 maggio 2009, Bevilacqua e altro, Rv. 245238). E nel caso di specie attraverso il riconoscimento della consistenza dei riscontri acquisiti deve ritenersi che i giudici di merito abbiano implicitamente e logicamente ritenuto irrilevanti le marginali discrasie evidenziate dalla difesa, la cui decisività ai fini dell’eventuale ribaltamento della valutazione di attendibilità intrinseca delle dichiarazioni della persona offesa il ricorrente peraltro non ha evidenziato.

3. Le residue doglianze sollevate con il ricorso devono, come accennato, ritenersi invece inammissibili, risolvendosi in ultima sostanza nella sollecitazione di un riesame del merito – non consentita in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti ovvero risultando irrimediabilmente generiche.

E altrettanto inammissibile deve ritenersi l’ulteriore doglianza avanzata con i motivi aggiunti con cui si denuncia la mancata valutazione delle altre dichiarazioni dell’imputato e dei documenti che le sosterrebbero, atteso che i dati probatori che il Tribunale non avrebbe vagliato sono stati evocati dal ricorrente in maniera del tutto generica, senza nemmeno alcun riferimento al loro presunto contenuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2013
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