Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-08-2012, n. 14359

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Svolgimento del processo
1.- La società XXX s.r.l. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Lodi, la XXX s.r.l., di cui era socia, al fine di sentir dichiarare nulla la deliberazione, assunta dall’assemblea ordinaria della società in data 28 settembre 2001, di "mantenere in essere i finanziamenti soci esistenti alla data odierna", che le aveva impedito di ottenere la riscossione del proprio credito di L. 726.748.968.
La società convenuta resisteva, assumendo che l’assemblea aveva deliberato soltanto di soprassedere momentaneamente dalla restituzione dei finanziamenti ai soci, ravvisando l’inopportunità di procedervi in un frangente delicato, caratterizzato dall’attraversamento di una fase di acuta crisi finanziaria da parte della società.
Il tribunale rigettava la domanda, ritenendo che la società attrice non avesse offerto la prova, necessaria ai fini dell’impugnazione delle delibere assembleari ex art. 2379 c.c., della sussistenza di un interesse ad agire in senso giuridico e concreto, non potendo esso risolversi in un generico interesse alla regolarità degli atti sociali, nè di quale fosse il profilo di nullità inficiante la delibera impugnata, dalla quale non si evinceva il tentativo della maggioranza di imputare il finanziamento erogato dai soci ad aumento del capitale sociale, anche tenuto conto che l’assemblea era stata convocata per assumere i provvedimenti conseguenti alla riduzione del capitale sociale per perdite, ai sensi dell’art. 2446 c.c..
2.- La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 21 maggio 2005, rigettando l’appello della società, riteneva che l’assemblea non avesse aprioristicamente negato il diritto dei soci al rimborso dei finanziamenti infruttiferi erogati dai soci, ma avesse solo preso atto dell’inopportunità di procedervi in un momento di eccezionale criticità della situazione economica della società. In tal senso la delibera impugnata si configurava alla stregua di un "parere" reso, ai sensi dell’art. 2364 c.c., n. 4, a favore dell’organo amministrativo, avente l’effetto di affrancarlo da responsabilità verso la società. Contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, il cosiddetto "finanziamento soci" non era parificabile ad un mutuo e quindi non era soggetto alla relativa normativa, come dimostrato dal novellato art. 2467 c.c. che aveva introdotto un regime normativo particolare per i finanziamenti effettuati dal socio di società a responsabilità limitata. Inoltre, la società appellante non poteva trarre giovamento da un’eventuale equiparazione tra i due istituti, atteso che, anche applicando l’art. 1817 c.c., il socio mutuante non ha titolo per scegliere il momento in cui esigere la restituzione della somma mutuata (tra l’altro a titolo infruttifero), se (come nella specie) non sia stato preventivamente stabilito un termine di restituzione.
3.- La società XXX s.p.a., nella quale la XXX si è fusa per incorporazione, propone ricorso per cassazione articolato in due motivi.
La XXX resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Nel primo motivo la ricorrente deduce insufficienza e contraddittorieta della motivazione per avere la sentenza impugnata ritenuto che la delibera impugnata esprimesse solo un "parere" in favore dell’organo amministrativo e, al contempo, una vera e propria decisione della maggioranza di mantenere in essere i "finanziamenti soci" in quanto vincolanti sia per i soci che per l’organo amministrativo.
1.1.- Il motivo è inammissibile.
Il passaggio motivazionale censurato non ha ad oggetto "un punto decisivo della controversia" (art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo vigente anteriormente al D.Lgs. n. 40 del 2006) il quale è infatti costituito dalla decisione assembleare di rinviare la restituzione dei finanziamenti ai soci ad un momento più favorevole, quando la società avesse superato le difficoltà finanziarie in cui si trovava a causa della sopravvenuta diminuzione di oltre un terzo del capitale sociale per perdite di gestione. Che la delibera impugnata contenesse (anche) un "parere" reso su richiesta dell’organo amministrativo, producente l’ipotizzato effetto (ex art. 2364 c.c., n. 4) di affrancare quest’ultimo da responsabilità verso la società, non costituisce quindi un punto decisivo, trattandosi, come rilevato dal procuratore generale all’udienza di discussione, solo di un inciso dialettico che, tra l’altro, non scalfisce la natura decisoria e vincolante della deliberazione assunta dalla società.
2.- Nel secondo motivo si deduce, quanto al primo profilo, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 disp. gen., nella parte in cui, nel ritenere la disciplina del mutuo giuridicamente diversa da quella del cosiddetto "finanziamento soci", la sentenza impugnata aveva richiamato il novellato art. 2467 c.c. che era invece inapplicabile nella fattispecie, perchè introdotto dal D.Lgs. n. 6 del 2003 ed entrato in vigore solo il 1 gennaio 2004.
2.1.- Il suddetto profilo è infondato. La sentenza impugnata ha fatto applicazione di principi che costituivano jus receptum ben prima dell’entrata in vigore del novellato art. 2467 c.c.. Questa Corte ha affermato da tempo la necessità di accertare se, per effetto dell’erogazione di somme da parte del socio in favore della società, sia intercorso tra le parti un rapporto di finanziamento inquadrabile nello schema del mutuo, con il conseguente obbligo di restituzione da parte della società, ovvero assimilabile a quello del capitale di rischio che da luogo ad un credito esigibile solo per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione (v., tra le altre, già Cass. n. 9471/2000, n. 7427/2002 e, più di recente, n. 21563/2008, n. 2758/2012). Inoltre la Corte ha da tempo puntualizzato che è a carico del socio-attore l’onere di fornire la prova del titolo posto a fondamento della domanda restitutoria, cioè di dimostrare se il versamento tragga origine da un mutuo o se invece costituisca un apporto al patrimonio della società (v. Cass. n. 7692/2006, n. 7980/2007).
2.2.- Nel secondo profilo del medesimo motivo si deduce insufficienza e contraddittorietà della motivazione per avere ritenuto che la società mutuataria possa discrezionalmente respingere l’istanza restitutoria del socio e per avere escluso l’esistenza del suo interesse a rimuovere la delibera impugnata.
2.2.1.- Una volta esclusa la natura di mutuo del versamento – la quale, come già detto, avrebbe dovuto essere dimostrata dall’attrice – il suddetto profilo rimane assorbito, non vantando il socio un diritto hic et nunc alla restituzione delle somme corrisposte.
3.- Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 4000,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre Iva e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012

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