Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-08-2012, n. 14358

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Svolgimento del processo
Con sentenza n. 207 del 2006, il Tribunale di Pescara rigettava l’impugnazione, proposta da V.P., della delibera assembleare della XXX s.n.c. di XXX e F.lli, di esclusione di detto socio dalla società (alla quale, in corso di causa, erano succedute XXX s.n.c. e XXX s.a.s.), escludendo l’illegittimità della delibera per omessa convocazione e nel merito, ritenendo provati e rilevanti gli addebiti posti a base dell’esclusione.
La Corte d’appello dell’Aquila, con sentenza 21/5-5/11/2008, ha accolto l’appello, ed ha annullato la delibera di esclusione del socio V.P., condannando in solido le appellate XXX e XXX alle spese.
La Corte del merito ha ritenuto ammissibile, ma infondata, l’eccezione di inammissibilità/improcedibilità dell’impugnativa, ex art. 2287 c.c., comma 2, applicabile alla s.n.c. in forza del richiamo operato dall’art. 2293 c.c., atteso che era stato notificato alla XXX, nel termine, ad istanza del V.P., l’atto di citazione con cui si impugnava la delibera di esclusione, che non era stato iscritto a ruolo, ma con atto notificato il 2/3/93, e quindi nel termine ex art. 307 c.p.c., il processo era stato riassunto: il giudizio quindi si era legittimamente svolto in prosecuzione della citazione del 30/11/92, in base al principio di cui agli artt. 171 e 307 c.p.c..
La Corte del merito ha ritenuto infondata l’eccezione di nullità della citazione, nonchè l’eccezione di difetto di interesse dell’appellante, sollevato sotto due profili, rilevando che l’art. 2504 quater c.c. attribuisce al socio danneggiato dalla scissione il diritto al risarcimento del danno, che non è subordinato alla previa impugnativa dell’atto di scissione, e che V.P., in base alle risultanze acquisite(ivi comprese le sentenze allo stesso contrarie) era rimasto titolare quantomeno di quota del 10% della XXX.
Nel merito, ritenuta infondata la prima doglianza, ha concluso per la fondatezza della seconda censura, atteso che nello statuto l’articolo aggiunto prevede che "in deroga alle disposizioni di cui agli artt. 2287 e 2288 c.c. non potrà essere deliberata l’esclusione del socio" e al terzo comma che "le disposizioni del presente articolo non saranno più operanti dal momento dell’incasso del contributo Casinez"; che, premesso che non era stata fornita la prova dell’erogazione del contributo, e che occorreva avere riguardo alla proposizione sostanziale nella sua assolutezza e generalità, nella comune intenzione delle parti, emergeva la chiara volontà di escludere l’espulsione del socio anche per le inadempienze di cui all’art. 2286 c.c., come emergente dall’avversativa del secondo comma dell’art. in esame("il socio, però, che con la sua inadempienza rendesse impossibile la prosecuzione del rapporto societario sarà tenuto a risarcire alla Società i danni…").
Il terzo motivo, riguardante il merito degli addebiti, rimaneva conseguentemente assorbito.
Ricorrono XXX e XXX, sulla base di cinque motivi.
V.P. ha depositato controricorso.
Le ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1.1.- In primis, le ricorrenti prospettano la carenza di interesse ad agire in capo a V.P., atteso che in relazione al contenzioso tra P. ed V.A., successivamente alla sentenza resa oggetto di impugnazione, la S.C. ha reso la pronuncia 26329/2008, che, cassando la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila del 10/5/2003, nella parte in cui ha limitato la condanna di P. alla retrocessione al fratello A. della quota di partecipazione alla XXX nel solo 40%, avrebbe, in tesi, statuito che l’obbligo di retrocessione di P. riguarda l’intera quota di cui alla scrittura, e quindi il 50%.
Secondo le ricorrenti, pertanto, non essendo V.P. titolare di quote societarie, in quanto lo stesso avrebbe dovuto restituire al fratello l’intera partecipazione detenuta ancora prima della delibera di esclusione del 1992, ne consegue la carenza di interesse ad agire per l’impugnazione della delibera di cui si tratta nel presente giudizio.
1.2.- Con il secondo motivo, le ricorrenti denunciano violazione del principio del contraddittorio e della difesa, violazione degli artt. 72, 74 e 78 disp. att. c.p.c. e art. 165 c.p.c., per non essere stato prodotto nè in primo grado nè con l’atto d’appello l’atto di citazione notificato il 30/11/92, che sarebbe stato inserito sic et simpliciter nel fascicolo.
1.3.- Con il terzo motivo, le ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 164 c.p.c. e vizio di motivazione, sostenendo che l’atto di citazione del 2/3/93 non aveva nulla dell’atto di riassunzione, nè i vizi rilevabili d’ufficio potevano ritenersi sanati dalla costituzione.
1.4.- Con il quarto motivo, le ricorrenti denunciano violazione del principio del contraddittorio e della difesa, violazione degli artt. 72, 74 e 78 disp. att. c.p.c. e art. 165 c.p.c.: lo statuto non è stato ritualmente prodotto e quindi deve ritenersi materialmente inserito nel fascicolo di parte, per cui non poteva essere esaminato dalla Corte del merito.
1.5.- Con il quinto motivo, le società si dolgono della omessa e/o insufficiente motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ed in relazione all’art. 2286 c.c.: la Corte d’appello, in violazione dei limiti del riesame, ha interpretato la clausola statutaria, motivando in modo insufficiente, per doversi ritenere nulla la clausola, in quanto in contrasto con norme inderogabili.
La Corte aquilana, infine, non si è accorta che proprio il comportamento di P. determinava il mancato incasso del contributo della Casmez, e detta parte, che non ha impugnato il progetto di scissione, doveva ritenersi carente di interesse ad agire.
2.1.- Il primo motivo è infondato.
Ed invero, alla stregua della sentenza di questa Corte, n. 26329/2008, prodotta ex art. 372 c.p.c., resa nel giudizio tra V.A. ed i fratelli P. ed I., nonchè le società XXX e XXX, non può ritenersi accertato con efficacia di giudicato l’obbligo di V.P. di ritrasferimento dell’intera quota nella società XXX, in forza della scrittura del 20/9/1983, atteso che il S.C. ha cassato con rinvio la pronuncia della Corte d’appello che, ritenuto il negozio fiduciario, aveva limitato la condanna alla restituzione da parte di V.P. al 40%, della quota, con esclusione del residuo 10%, proveniente da V.I., ritenendo inefficace verso questi la convenzione.
Nello specifico, con la pronuncia 26329/08 è stata cassata la pronuncia della Corte d’appello, in accoglimento del primo motivo del ricorrente V.A., con assorbimento del secondo motivo, ritenendosi contraddittoria la ratio decidendi posta a base della sentenza impugnata, dovendo ritenersi estraneo il terzo fratello al pactum fiduciae, e per avere ingiustificatamente negato la valenza di utile elemento di valutazione della posizione assunta da I. in comparsa conclusionale, "eventualmente idoneo a confortare la tesi secondo cui la retrocessione cui V.P. si era impegnato aveva V.A. come esclusivo destinatario".
Da quanto sopra esposto, consegue che dalla pronuncia citata non scaturisce affatto l’accertamento dell’obbligo di ritrasferimento da parte di P. dall’intera quota, ma il rinvio al Giudice del merito, perchè valuti la controversia applicando i canoni ermeneutici indicati.
Se allo stato, pertanto, non si è formato alcun giudicato in ordine alla mancanza di titolarità delle quote in toto in capo a P., questi conserva la legittimazione e l’interesse ad impugnare la deliberazione.
2.2.- Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
La Corte del merito ha valutato l’atto di citazione del 30/11/92 di impugnazione della delibera, di esclusione, e dalla sentenza non risulta che la difesa delle società abbia sollevato l’eccezione relativa alla mancata produzione rituale di detto atto, da cui la novità dell’eccezione oggi sollevata, nè la parte, per superare detto rilievo, ha dedotto con quale atto avrebbe sollevato nel giudizio di merito la questione.
2.3.- Il terzo motivo è inammissibile.
E’ sufficiente a riguardo rilevare che, mentre nella rubrica si fa riferimento all’art. 164 c.p.c., nella parte espositiva si deduce la violazione dell’art. 125 disp. att. c.p.c., e nel quesito di diritto si fa ancora riferimento all’art. 164 c.p.c., che è poi la norma a cui ha fatto riferimento la Corte d’appello nel valutare l’eccezione sollevata nel giudizio di merito, di mancanza nella citazione degli elementi indicati.
Da quanto esposto, consegue una sostanziale incertezza sullo stesso effettivo contenuto della censura posta a base del motivo, che quindi non soddisfa i requisiti di contenuto di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4.
2.4.- Il quarto motivo è inammissibile.
Il Giudice del merito ha valutato il contenuto della clausola statutaria; la parte, per evitare la sanzione dell’inammissibilità per novità della censura oggi fatta valere, avrebbe dovuto indicare con quale atto ed in quale fase processuale avrebbe sollevato la questione.
2.5.- Il quinto motivo è pianamente infondato.
Il Giudice del merito ha reso ampia e congrua motivazione del proprio assunto e il comportamento del socio era evidentemente irrilevante al fine della valutazione del contenuto proprio della clausola. Infine, a ritenere valutabile il richiamo, nell’espositiva del motivo, alla violazione da parte della Corte d’appello dei limiti del riesame, deve concludersi per l’inammissibilità della censura, comunque fatta valere come vizio di motivazione invece che vizio ex art. 360 c.p.c., n. 4, oltre che argomentata in riferimento alla genericità dell’appello, censura a sua volta non fatta valere dalla parte nel giudizio di merito, e quindi inammissibile.
3.1.- Conclusivamente, il ricorso va respinto.
Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per spese;
oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012

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