Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-02-2013) 01-03-2013, n. 9854

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E.G. e D.S. ricorrono avverso la sentenza 4.10.11 della Corte di appello di Napoli con la quale, in parziale riforma di quella in data 28.3.11 del locale g.i.p., esclusa la aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, in ordine ai reati di estorsione tentata e consumata rispettivamente ascritti ai capi A e B, è stata rideterminata la pena per E. in anni cinque di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa e per D. in quella di anni quattro, mesi nove, giorni dieci di reclusione ed Euro 900,00 di multa in relazione a tre episodi estorsivi (quello di cui al capo E aggravato anche L. n. 203 del 1991, ex art. 7) e ad uno di resistenza a p.u..

Deducono i ricorrenti, con due distinti atti di identico contenuto, con il primo motivo, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche, negate con motivazione mancante e/o apparente risolventesi nella enunciazione di mere formule di stile che facevano riferimento per relationem alla sentenza del primo giudice. Con il secondo motivo si censura la ritenuta sussistenza della aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 in relazione alla quale i giudici di appello non avevano motivato circa "la consapevolezza e la volontà dei ricorrenti di porre in essere quel determinato agire con l’intento ulteriore di ricorrere alle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p.", trattandosi di soggetti tossicodipendenti che non avevano avuto la consapevolezza della portata delle frasi utilizzate.

Osserva la Corte che i ricorsi, oltre che per la loro sostanziale aspecificità, si caratterizzano per la manifesta infondatezza, dal momento che, con riferimento al primo motivo, legittimamente, in applicazione dei criteri di cui all’art. 133 c.p., sono state negata dai giudici territoriali le attenuanti generiche ai due imputati anche in considerazione della gravità e pluralità dei fatti di reato loro contestati, senza che neanche in questa sede i prevenuti abbiano evidenziato elementi di segno positivo non considerati dai giudici di merito.

Quanto alla aggravante L. n. 203 del 1991, ex art. 7, del tutto correttamente la stessa è stata ritenuta configurabile sotto il profilo del "metodo", avendo gli odierni ricorrenti, in relazione all’ipotesi estorsiva continuata, tentata e consumata, loro in concorso ascritta al capo E) (in ordine alla quale il D. è peraltro confesso), fatto riferimento alla destinazione ai "carcerati" della somma inizialmente richiesta alla p.o., per poi prospettare alla medesima, nel contesto di una nuova richiesta di denaro, la loro vicinanza "ad amici più importanti", comportamento che – come perspicuamente ritenuto dai giudici territoriali – ha costituito inequivoca manifestazione del ricorso alle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p., essendo stata prospettata alla p.o.

M.E.A. un loro legame con ambienti malavitosi organizzati di tipo mafioso, sì che il M., intimorito, aveva consegnato materialmente alla persona poi riconosciuta in fotografia per l’ E. la merce dallo stesso indicatagli.

Alla inammissibilità dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti, singolarmente, al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2013

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