Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-02-2013) 01-03-2013, n. 9852

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
M.F. ricorre avverso la sentenza 14.10.11 del Tribunale di Pescara che ha confermato quella in data 23.11.10 del locale giudice di pace con la quale è stato condannato, per il reato di cui all’art. 594 c.p., in concorso di attenuanti generiche, alla pena di Euro 200,00 di multa oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile O.G..
Deduce il ricorrente, con il primo motivo, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per avere il giudice di appello confermato la sentenza di primo grado omettendo di valutare le censure formulate dall’appellante in punto di inidoneità dei contributi testimoniali offerti dai testi S. e B. ai fini del necessario riscontro probatorio, in quanto inattendibili, essendo accomunati alla parte civile dall’interesse che aveva dato luogo alla accesa discussione insorta con il M., nel corso della quale sarebbero state proferite le parole ingiuriose, laddove peraltro il teste D. L. aveva escluso qualunque condotta ingiuriosa dell’imputato.
Inoltre, contraddittoriamente i medesimi testimoni non erano stati ritenuti attendibili quanto al reato di minaccia nonostante avessero affermato che il M. aveva lanciato anche una sedia contro l’ O..
Con il secondo motivo si lamenta l’omessa motivazione circa la sussistenza dell’esimente di cui all’art. 599 c.p. pur avendo entrambi i giudici di merito riconosciuto che la condotta incriminata era maturata nello stato d’ira conseguente alla discussione insorta tra le parti, preceduta dall’ingresso dell’ O. nella stanza del M. con atteggiamento prepotente e beffardo per contestare la legittimità di un parere espresso da quest’ultimo in qualità di funzionario XXX (XXX), finendo con il roteare provocatoriamente – come aveva affermato il teste D. L. – il dito indice all’invito del M. ad uscire dalla propria stanza.
Osserva la Corte che il ricorso non è fondato.
Con motivazione congrua ed immune da profili di illogicità, i giudici territoriali hanno evidenziato come la responsabilità del M. in ordine al reato di cui all’art. 594 c.p. riposi sulle dichiarazioni della parte lesa O. – la cui attendibilità è adeguatamente argomentata -, corroborate da quelle rese dai testi S.G. e B.M., senza che fossero emersi elementi – ha specificato il giudice di appello – per poter fondatamente sostenere che tutti i testi a carico si fossero coalizzati al fine di effettuare una sorta di "spedizione punitiva2 ai danni dell’imputato, le pregresse tensioni tra le parti – ha non certo illogicamente sottolineato il tribunale – permettendo proprio di rafforzare l’assunto della p.o. e di ricondurre all’imputato le parole ingiuriose di cui all’imputazione ("Mò m’hai rotto i coglioni esci da qua brutto stronzo"), senza che a conclusioni diverse potesse giungersi sulla base della testimonianza di D.L.G., il quale, pur sostenendo di non aver udito nello specifico le frasi ingiuriose, aveva tuttavia finito con l’ammettere che i toni erano divenuti, da inizialmente calmi, "elevati".
Il secondo motivo di gravame non ha formato oggetto di specifica censura in appello, per cui esso trova in questa sede la preclusione di cui all’ultima parte del dell’art. 606 c.p.p., comma 3 dovendosi peraltro osservare, per amore di completezza, che la richiesta di applicazione dell’esimente di cui all’art. 599 c.p., nella misura in cui presuppone l’accertamento di comportamenti fattuali, è sottratta alla valutazione del giudice di legittimità, ogni valutazione al riguardo essendo demandata al giudice di merito.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione di quelle sostenuto, per il presente giudizio, dalla parte civile, che si reputa di dover liquidare in complessivi Euro 1.800,00, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile, per questo giudizio di Cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.800,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2013
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