T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 130

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente notificato all’Amministrazione resistente e depositato il 4.6.2010 l’Associazione degli Industriali della Provincia di Palermo – Confindustria di Palermo, premesso che la Giunta comunale del Comune di Palermo, con deliberazione n. 165 del 31.5.2006 aveva cassato il secondo paragrafo della parte dispositiva della propria precedente deliberazione n. 60 del 10.3.2006, come integrata dalla n. 131 dell’8.5.2006, sostituendolo con il seguente: "approvare, per l’esercizio 2006, le tariffe della Tassa smaltimento dei rifiuti solidi urbani di cui al prospetto allegato, rimesso a corredo della presente sotto la lettera "A" per farne parte integrante e sostanziale"; che tale tabella prevedeva un aumento generalizzato del 75% rispetto all’anno 2005 per tutte le tipologie di classi; che tale deliberazione era stata impugnata innanzi al T.A.R. Sicilia; che il T.A.R. adito, con sentenza n. 1550/09, resa in data 16.6.2009, aveva annullato tale provvedimento per difetto di istruttoria e di motivazione, oltreché per incompetenza; che la sentenza in questione era passata in giudicato per mancata impugnazione; che con la successiva delibera di giunta n. 241 del 18.11.2009 l’Amministrazione locale aveva dato atto della necessità di conformarsi alla predetta sentenza; che, pur tuttavia, la medesima delibera era stata adottata con gli stessi vizi rilevati dal T.A.R. nella pronuncia di annullamento; che, pertanto, anche tale delibera era stata impugnata; che il T.A.R. adito aveva accolto anche tale ricorso ed annullato il provvedimento gravato; che, in seguito, il Comune aveva dato acquiescenza alla sentenza 1550/09 e con determinazione dirigenziale n. 6 del 13.1.2010 aveva avviato il procedimento di rimborsi/sgravi delle maggiori somme versate dai contribuenti con riferimento all’anno 2006, attraverso il concessionario della riscossione Serit Sicilia s.p.a.; che non era chiaro se il Comune avesse previsto nella delibera in esame il rimborso degli interessi al 7% come da regolamento TARSU adottato il 26.2.1997; che, inoltre, il Comune di Palermo aveva ritenuto di applicare anche per gli anni 2007 e 2008 le medesime tariffe per come determinate nell’anno 2006; che tale tariffa era rimasta in vigore anche per l’anno 2009 ex art. 1 comma 169 legge 296/2006; che essa Confindustria aveva notificato al Comune di Palermo atto di messa in mora, invitandolo all’esatto ed integrale adempimento della sentenza n. 1550/09, anche con riferimento a tutte le annualità predette; che il Comune di Palermo con nota prot. n. 218721 del 18.3.2010 aveva ritenuto di non dovere estendere il rimborso anche alle annualità successive al 2006, trattandosi di provvedimenti autonomi; che, in realtà, siffatto contengo doveva ritenersi elusivo del giudicato formatosi sulla sentenza n. 1550/09, non potendo i successivi atti di imposizione essere qualificati siccome autonomi; tutto quanto sopra premesso, ha chiesto al Tribunale adito di ordinare al Comune di Palermo di provvedere all’integrale esecuzione della sentenza n. 1550/09, con riferimento alle annualità successive al 2006 ed ordinando la corresponsione degli interessi sulle somme pagate per il detto anno 2006, con contestuale nomina di un commissario ad acta per il caso di perdurante inadempimento dell’Amministrazione locale.

Si è costituito il Comune di Palermo, eccependo l’inammissibilità del ricorso stante la natura autoesecutiva della sentenza di annullamento pronunciata; l’inammissibilità del ricorso in ottemperanza per difetto di interesse in capo alla ricorrente, mirando esso alla tutela di posizioni giuridiche facenti capo a tutti i contribuenti, ovverosia a soggetti terzi ed estranei al giudizio di cognizione; in ogni caso, l’inammissibilità del ricorso con riferimento alla condanna alla corresponsione degli interessi, non essendo stati essi oggetto della messa in mora e diffida notificata il 3.3.2009; nel merito, la non debenza degli interessi perché essi, ai sensi del regolamento comunale, per essere corrisposti necessitano di apposita domanda del contribuente e per mancata impugnazione dei singoli provvedimenti di rimborso; la non riconducibilità al giudicato delle annualità successive al 2006, essendo gli atti impositivi dei tributi provvedimenti autonomi e non meramente esecutivi.

All’adunanza camerale del 14.12.2010 il ricorso, su concorde richiesta dei procuratori delle parti, è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso in ottemperanza proposto dall’Associazione ricorrente è inammissibile con riferimento alla domanda di condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento degli interessi legali, posto che siffatta richiesta non è stata formulata nell’atto di messa in mora ex art. 90, comma II, R.D. n. 642/1907 (T.A.R. Lazio Latina, 16/06/2004, n. 437), norma questa applicabile ratione temporis al procedimento in esame, atteso che il ricorso è stato depositato prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice del processo amministrativo (che, all’art. 114, ha abolito l’obbligo di previa diffida).

Con riferimento, invece, alla domanda di condanna dell’Amministrazione al rimborso delle annualità successive al 2006 può prescindersi dall’esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate dalla parte resistente, attesa l’infondatezza nel merito della domanda.

La tesi della ricorrente è che l’annullamento giudiziale della delibera di fissazione delle tariffe T.A.R.S.U. 2006 abbia comportato l’invalidità anche delle delibere relative agli tariffe per gli anni 2007, 2008 e 2009, attesa l’asserita natura meramente esecutiva delle successive delibere, secondo il noto schema dei provvedimenti presupposto/consequenziale.

La natura meramente consequenziale delle successive delibere si ricaverebbe, secondo la ricorrente, dalla circostanza che esse, nella determinazione del tributo, si sono limitate a richiamare la tariffa del 2006 (poi dichiarata illegittima), senza una nuova ed ulteriore valutazione di interessi.

Il Collegio non condivide la prefata opzione ermeneutica.

La giurisprudenza "ha da tempo introdotto una distinzione tra la figura della c.d. invalidità ad effetto caducante e quella dell’invalidità ad effetto viziante. La prima si profila allorquando il provvedimento annullato in sede giurisdizionale costituisce il presupposto unico ed imprescindibile dei successivi atti consequenziali, esecutivi e meramente confermativi, sicché il suo venir meno travolge automaticamente – e cioè senza che occorra un’ulteriore specifica impugnativa – tali atti successivi in quanto strettamente collegati al provvedimento presupposto. La figura dell’invalidità ad effetto solo viziante si ravvisa, invece, in tutte le diverse ipotesi nelle quali si è in presenza di provvedimenti solo genericamente o indirettamente connessi a quello presupposto, sicché tali atti successivi, proprio per la rilevata assenza di uno specifico e stretto legame di dipendenza o di presupposizione, non possono rimanere travolti ipso iure dall’annullamento dell’atto presupposto, occorrendo per la loro eliminazione una esplicita pronuncia giurisdizionale di annullamento (a seguito, ovviamente, della loro contestuale impugnazione con il ricorso principale o della successiva impugnazione con motivi aggiunti o con autonomo ricorso). Ciò posto, secondo la più recente giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 23 ottobre 2007, n. 5559) la figura dell’invalidità ad effetto caducante può essere ravvisata solo quando tra due provvedimenti sussista uno stretto rapporto di presupposizione (intesa come consequenzialità immediata, diretta e necessaria), nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti. Diversamente, quando l’atto successivo, pur facendo parte della stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto precedente, non ne costituisce conseguenza inevitabile, perché la sua adozione implica nuove e ulteriori valutazioni di interessi, specie se di terzi soggetti, l’immediata impugnazione dell’atto presupponente non fa venire meno la necessità di impugnare l’atto successivo, a pena di improcedibilità del primo ricorso" (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII 25/03/2008 n. 1526).

Ritiene il Collegio che le delibere degli anni 2007, 2008, pur fissando le tariffe della T.A.R.S.U. per relationem alla misura stabilita per l’anno 2006 dalla relativa delibera, non costituiscano atti necessitati e conseguenza inevitabile di quest’ultima, poiché la loro adozione è frutto di una nuova volontà provvedimentale che per legge deve essere concretizzata per ogni anno solare d’imposta; "tale circostanza, invero, implica che ogni deliberazione tariffaria costituisce nuova regolamentazione della materia, giuridicamente autonoma rispetto alle determinazioni assunte negli anni precedenti"(C.G.A., n. 420 del 26.07.2006).

E’ proprio la specifica disciplina normativa, in altri termini, che rimette all’Amministrazione l’obbligo di fissare ogni anno la misura della tassa annuale, così determinando, con un nuovo ed autonomo provvedimento generale, un nuovo ed autonomo fascio di obbligazioni tributarie (Cass. Civile, Sez. Trib. 30/05/2003, n. 8709).

Non incide su tale ontologica autonomia del provvedimento la circostanza che, in via fattuale, l’Amministrazione decida di "confermare" la misura del tributo deliberata negli anni precedenti, posto che siffatta opzione è comunque il frutto di una rinnovata autonoma volontà amministrativa imposta dalla legge.

Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile e per la restante parte rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima), definitivamente pronunziando sul ricorso in ottemperanza come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile e per la restante parte lo rigetta.

Condanna la ricorrente a rifondere all’Amministrazione resistente le spese di lite che liquida in Euro 2.000,00 oltre iva e cpa come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Nicola Maisano, Presidente FF

Giovanni Tulumello, Consigliere

Pier Luigi Tomaiuoli, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *