Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 04-02-2013) 04-02-2013, n. 5659

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con sentenza del 7 dicembre 2012, la Corte di appello di Firenze, giudicando in sede di rinvio disposto a seguito dell’annullamento pronunciato da questa Corte con sentenza del 6 marzo 2012, in riferimento alla richiesta di consegna di XXX formulata dalla autorità giudiziaria romena sulla base di un m.a.e.
esecutivo, ha dichiarato non sussistenti le condizioni per la consegna, essendo il B. residente stabilmente in Italia dal 2009, ove vive e lavora, disponendo conseguentemente che la pena di anni quattro di reclusione inflitta dalla Pretura di Alba Iulia (Romania) per truffa e falso venga eseguita in Italia.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale, rinnovando deduzione già svolta in sede di merito, sottolinea la pendenza in Romania di un procedimento per l’annullamento della condanna cui si riferisce il m.a.e. oggetto di giudizio.
Il ricorso è palesemente inammissibile, in quanto, non soltanto, come correttamente dedotto dai giudici a quibus, la pendenza della segnalata procedura non può determinare un effetto sospensivo, non previsto dalla L. n. 69 del 2005, ma neppure è prospettata la natura di tale procedura e di quali ne siano le conseguenze in base al regime processuale romeno. D’altra parte, il motivo di ricorso non può neppure ritenersi orientato alla caducazione del provvedimento impugnato – in sè, in alcun modo compromesso da quella eventuale pendenza procedurale – ma deve intendersi rivolto – stante la rilevata assenza di qualsiasi effetto sospensivo, circa la esecuzione della condanna – semplicemente a far rilevare la opportunità di attendere gli sviluppi di quella procedura. Un esito, evidentemente, eccentrico, rispetto al perimetro entro il quale può devolversi un vizio di legittimità.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2013

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