T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 26-01-2011, n. 15

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Motivi della decisione
E’ stato in questa sede impugnato il provvedimento con cui il Questore di Trento ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, presentata dal sig. B.S. tramite le Poste italiane.
L’avversato diniego è stato motivato con il rilievo che la Corte di appello di Trento ha emesso a carico dell’istante una sentenza di condanna a 4 anni di reclusione, divenuta irrevocabile in data 27.5.2007, per i delitti di cui all’art. 73 del D.P.R. 9.10.1990, n. 309, cioè, per spaccio di sostanze stupefacenti.
1. Con il primo motivo il ricorrente contesta l’illegittimità del diniego di prosecuzione del soggiorno in Italia, lamentando la mancanza di un motivato approfondimento sulla sua pericolosità sociale, in ordine alla quale l’Amministrazione sarebbe chiamata a ponderare, da un lato, la entità del reato cui si riferisce la condanna inflitta e, dall’altro, il contrapposto interesse dello straniero a permanere sul territorio nazionale in relazione al percorso rieducativo positivamente intrapreso e per il quale era stata disposta la temporanea rinnovazione del titolo di soggiorno.
Detto ordine di idee non è condivisibile.
Al riguardo, l’art. 4, comma 3 del D.Lgs. 25.7.1998, n. 286 dispone che "non è ammesso in Italia lo straniero…..che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti agli stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite".
A sua volta l’art. 5, comma 5 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, prevede che "il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato".
Questo Tribunale ha già avuto modo di rilevare (cfr. sent. 25.3.2010, n. 88) che l’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998 (come modificato dall’art. 4, comma 1, lett. b) della legge 30.7.2002 n. 189), individua una serie di condotte integratrici di nominate fattispecie criminali, considerate come oggettivi indici di pericolosità sociale; come tali esse sono, dunque, ostative alla permanenza dello straniero nella comunità nazionale.
Pertanto, a fronte di una condanna per uno dei reati previsti nell’art. 4, comma 3 del T.U. n. 286/1998 l’Amministrazione può legittimamente limitarsi all’accertamento di tale presupposto per negare il richiesto rinnovo, perché la valutazione della pericolosità sociale è stata fatta direttamente ed insindacabilmente dal Legislatore, come è stato chiarito con la pronuncia della Corte costituzionale 16.5.2008, n. 148.
In proposito la Corte ha, infatti, precisato che "l’inclusione di condanne per qualsiasi reato inerente agli stupefacenti tra le cause ostative all’ingresso e alla permanenza dello straniero in Italia non appare manifestamente irragionevole qualora si consideri che si tratta di ipotesi delittuose spesso implicanti contatti, a diversi livelli, con appartenenti ad organizzazioni criminali o che, comunque, sono dirette ad alimentare il cosiddetto mercato della droga, il quale rappresenta una delle maggiori fonti di reddito della criminalità organizzata" e, pertanto, il "cosiddetto automatismo espulsivo altro non è che un riflesso del principio di stretta legalità che permea l’intera disciplina dell’immigrazione e che costituisce, anche per gli stranieri, presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell’autorità amministrativa".
D’altra parte, anche il fatto che, in costanza del periodo di espiazione della pena, sia stato reiteratamente rinnovato il permesso di soggiorno fino al 9.1.2009 appare nella specie irrilevante, risultando ciò strettamente connesso con l’affidamento in prova ai servizi sociali del ricorrente, conclusosi in data 14.1.2009.
La censura va dunque disattesa.
2. Nel secondo motivo il ricorrente sostiene che una più attenta considerazione dei fatti nuovi sopravvenuti successivamente alla condanna penale e, in particolare, dei provvedimenti e delle valutazioni date dal Tribunale di sorveglianza avrebbero potuto confutare le conclusioni dell’istruttoria della Questura, nella parte in cui viene immotivatamente asserito che l’istante non risulta positivamente inserito sotto il profilo sociale.
Al sopra riportato rilievo è agevole replicare che, per un verso, l’affidamento del condannato in prova ai servizi sociali, pur conclusosi positivamente, rileva solo ai fini dell’estinzione anticipata della pena; per altro verso, l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza del 6.4.2009, dichiarando estinti, oltre alla pena, anche "ogni altro effetto penale" della condanna pronunciata dalla Corte d’appello, non comporta affatto l’estinzione del reato, alla cui declaratoria solo conseguirebbe l’insussistenza della condizione ostativa al rilascio del titolo di soggiorno.
Invero, con l’espressione "ogni altro effetto penale", il legislatore ha inteso far riferimento a tutti gli effetti che discendono direttamente dalla sentenza di condanna e comportano una diminuzione della capacità giuridica del condannato, ma non ha anche precluso che l’Amministrazione eserciti le sue valutazioni, considerando negativamente la condanna penale, né che tale condanna sia autonomamente assunta in senso ostativo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 25 settembre 2009, n. 5793; Cons. Stato, sez. VI, 29 dicembre 2008, n. 6596).
3. Per le suesposte considerazioni, il ricorso non può quindi essere accolto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 21/2010, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida complessivamente in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Armando Pozzi, Presidente
Lorenzo Stevanato, Consigliere
Fiorenzo Tomaselli, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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