Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-08-2012, n. 14353

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Svolgimento del processo
1. – Con atto di citazione notificato il 3 agosto 2001, il curatore del fallimento dellaXXX S.r.l. convenne in giudizio la XXX – Società Internazionale per i XXX S.r.l., chiedendo, ai sensi del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 67, comma 1, n. 1, ed in subordine ai sensi dell’art. 66 della medesima legge e dell’art. 2901 cod. civ., la dichiarazione d’inefficacia dell’atto di compravendita per notaio A. XXX del 30 novembre 1998, con cui la società fallita aveva trasferito alla convenuta il complesso immobiliare sito in (OMISSIS).
Nel giudizio, spiegò intervento volontario la XXX S.r.l., assumendo di aver acquistato dalla XXX il complesso immobiliare con atto stipulato il 27 settembre 2001, ed aderendo alle difese della convenuta.
Il giudizio, dichiarato interrotto a seguito del fallimento della XXX, fu riassunto dall’attore, e con sentenza del 14 febbraio 2006 il Tribunale di Napoli accolse la domanda, condannando la XXX alla restituzione del complesso immobiliare ed al risarcimento del danno per l’indebita occupazione.
2. – L’impugnazione proposta dalla XXX è stata dichiarata inammissibile dalla Corte d’Appello di Napoli con sentenza del 30 aprile 2008.
A fondamento della decisione, la Corte ha osservato che nel giudizio avente ad oggetto la revocatoria fallimentare il terzo subacquirente del bene non assume la posizione di successore a titolo particolare, ma quella di interventore adesivo dipendente, il quale non è autonomamente legittimato ad impugnare la sentenza, soprattutto se, come nella specie, il convenuto vi abbia prestato acquiescenza, ed il terzo non sia dotato di una legittimazione straordinaria che gli consenta di dedurre autonomamente in giudizio il rapporto principale.
Premesso inoltre che l’appellante non aveva censurato la sentenza impugnata, nella parte in cui lo aveva qualificato come interventore adesivo dipendente, la Corte ha escluso anche che la legittimazione all’impugnazione fosse riconducibile alla pronuncia di condanna emessa nei confronti dell’appellante, in quanto la restituzione dell’immobile ed il risarcimento del danno per l’occupazione costituiscono conseguenze automatiche del giudicato formatosi nei confronti del terzo subacquirente.
3 – Avverso la predetta sentenza la XXX propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi. I curatori dei fallimenti non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111 cod. proc. civ..
sostenendo che colui che sia succeduto a titolo particolare nel diritto controverso in pendenza del giudizio non può essere considerato terzo, essendo l’effettivo titolare del diritto in contestazione ed assumendo la stessa posizione del suo dante causa, con la conseguenza che è legittimato ad impugnare la sentenza, senza essere condizionato dalle fasi pregresse del giudizio. Tale legittimazione non è esclusa dall’inopponibilità dell’alienazione prevista dall’art. 2652 c.c., comma 1, n. 5, la quale si ricollega alla trascrizione della domanda giudiziale, avente funzione di prenotazione degli effetti della sentenza, al fine di consentire all’attore di renderla opponibile anche a coloro che nel corso del giudizio si siano resi successori a titolo particolare nel diritto controverso.
2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce in via subordinata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 105 cod. proc. civ., sostenendo che l’intervento del successore a titolo particolare nel diritto controverso non è qualificabile come intervento adesivo dipendente, ma si configura come intervento adesivo autonomo, in quanto egli assume la stessa posizione del suo dante causa, facendo valere un proprio diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo. Aggiunge che nella specie la sua legittimazione all’impugnazione trova giustificazione nel suo interesse a resistere alla domanda proposta dal curatore del fallimento diXXX, essendo egli l’unica parte destinata a subire pregiudizio per effetto della sentenza.
3. – Le censure sono inammissibili, in quanto accompagnate dalla formulazione di tre quesiti di diritto, ciascuno dei quali, oltre a porre una questione che non corrisponde perfettamente al contenuto di uno dei motivi proposti, fa astrattamente riferimento all’ammissibilità dell’impugnazione proposta dall’acquirente nel giudizio promosso dal suo dante causa, senza accennare in alcun modo all’oggetto del giudizio ed alla decisione concretamente adottata con la sentenza impugnata.
Tale formulazione risulta inidonea a soddisfare la prescrizione di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ. (abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, ma applicabile nella specie ai sensi dell’art. 58, comma quinto, della medesima legge. avendo il ricorso ad oggetto l’impugnazione di una sentenza pubblicata in data anteriore al 4 luglio 2009), il quale richiede che ciascun motivo si concluda con una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del Giudice di legittimità, espressa in termini tali per cui dalla risposta, negativa od affermativa, che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto dell’impugnazione (cfr.
Cass., Sez. Un., 28 settembre 2007, n. 20360; 30 ottobre 2008. n. 26020). Il quesito non può dunque risolversi in una generica richiesta rivolta alla Corte di stabilire se sia stata violata una certa norma, ma postula l’enunciazione, da parte del ricorrente, di un principio di diritto diverso da quello posto a base del provvedimento impugnato e, perciò, tale da implicare un ribaltamento della decisione assunta dal giudice di merito (cfr. Cass., Sez. 3^, 19 febbraio 2009, n. 4044). Esso, dovendo investire la ratio deciderteli della sentenza impugnata e proporne una alternativa e di segno opposto, deve comprendere l’indicazione sia della regula juris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo (cfr. Cass., Sez. lav., 26 novembre 2008, n. 28280; Cass., Sez. 3, 30 settembre 2008, n. 24339). La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il motivo inammissibile, non potendo il quesito essere desunto dal contenuto della censura alla quale si riferisce, in quanto rispetto al sistema processuale previgente, che già richiedeva nella redazione de motivo l’indicazione della norma violata, la peculiarità dell’innovazione introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 consiste proprio nell’imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionale alla formazione immediata e diretta de principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica di questa Corte (cfr. Cass., Sez. 1, 24 luglio 2008, n. 20409).
4. – Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo al mancato svolgimento di attività difensiva da parte degl’intimati.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012
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