Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-02-2013) 24-07-2013, n. 32075

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Rilevato che il Tribunale di Bologna con ordinanza del 16 aprile 2012 ha confermato il provvedimento del 15 marzo 2012 con il quale la Corte di appello di Bologna aveva rigettato l’istanza di restituzione di un computer sottoposto a sequestro preventivo, rigettando l’appello proposto da M.F., imputato del reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, ritenendo che, essendo intervenuta la confisca del bene all’esito del giudizio di cognizione, non fosse possibile esperire un accertamento in sede cautelare quanto alla qualificazione del computer in sequestro come corpo di reato; che l’imputato ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento dell’ordinanza, lamentando violazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. d) in relazione all’omesso dissequestro, in quanto il giudice di appello avrebbe circoscritto l’illegittimità del sequestro al solo caso di mancanza del fumus delicti, negando che sia illegittimo il sequestro su una res non sussumibile nella categoria del corpo di reato; che il Collegio dell’appello cautelare non avrebbe verificato il concreto rapporto tra fatto reato e bene sequestrato e non avrebbe considerato gli elementi di prova allegati a difesa che dimostravano che l’indagato aveva fatto un uso lecito del computer;
Considerato che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, (così, Sez, U, n. 25932 del 26 giugno 2008, XXX, Rv.
239692);
che la qualificazione della legittimità dell’imposizione del vincolo sulla res è tema di valutazione da parte del Collegio di appello, il quale deve anche controllare la persistenza delle ragioni giustificanti il mantenimento della misura; che peraltro qualora sia già intervenuto giudizio di cognizione sul merito, la qualificazione della res quale strumento per commettere il reato è stata compiuta all’esito del giudizio con il quale è stata disposta la confisca del bene per cui non può essere posta in discussione nella diversa sede cautelare, nella quale potrebbe semmai essere solo valutata la provata cessazione delle esigenze cautelari che ne giustificano il vincolo in attesa della esecutività della decisione (in tal senso è stato affermato che in tema di misure cautelari reali, "quando sia intervenuta una sentenza non irrevocabile di condanna deve escludersi l’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo anche nell’ipotesi in cui non ne sia stata disposta la confisca, salvo che le esigenze cautelari giustificative del vincolo siano cessate" (cfr. sez. 6, n. 40388 del 26/5/2009, dep. 16/10/2009, P.M. in proc. XXX Rv 2453; Sez. 1, n. 8533 de, 9/1/2013, dep. 21/2/2013 XXX, Rv. 254927);
che di conseguenza, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il brente deve essere condannato, ex art. 616 c.p.p., a, pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro In favore della Cassa per le ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i, ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro in favore della Cassa per le ammende.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2013
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *