T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 26-01-2011, n. 744

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Rilevato in fatto:
che il cittadino extracomunitario ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati con i quali è stata respinta la domanda (avanzata dal sig. L.E., per conto della coop. "XXX") di legalizzazione, ai sensi dell”art. 1 D.L. n. 195/2002, conv. in L. n. 222/2002) del rapporto di lavoro subordinato da esso ricorrente instaurato con la predetta s.c.a.r.l., deducendo i vizi di difetto di motivazione e di istruttoria nonché di violazione del d.l. n.195/02 citato non risultando comprovato che esso ricorrente non abbia effettivamente prestato attività lavorativa alle dipendenze della predetta Cooperativa nel periodo giugno – settembre 2002;
che l’amministrazione evocata si è costituita in giudizio per il tramite del Pubblico Patrocinio curando il deposito della documentazione istruttoria evocata nel provvedimento di diniego impugnato nonché di nota controdeduttiva con cui propone la reiezione del gravame;
che all’udienza del 16.12.2010 la causa è stata trattenuta e spedita in decisione;
Considerato in diritto:
che il provvedimento prefettizio di diniego dell’istanza di legalizzazione del rapporto di lavoro subordinato del ricorrente, dà atto, non solo della circostanza che la Cooperativa stessa ha iniziato la propria attività il 28.6.2002 e, dunque, in data successiva al 10.6.2002 (data di entrata in vigore del d.l. n.195/02 che consente la regolarizzazione delle sole posizioni di lavoro irregolari svolte nei tre mesi antecedenti al 10.6.2002), ma, altresì, dà atto, che dall’indagine ispettiva svolta dalla competente Direzione Provinciale del Lavoro, sono emerse circa 250 domanda di legalizzazione avanzate per conto della stessa Cooperativa nei confronti di extracomunitari nessuno dei quali ha mai lavorato nel trimestre previsto dal d.l. citato e la maggior parte dei quali non ha mai operato per la Cooperativa. Quasi tutti tali lavoratori (che da dichiarazione rese da personale italiano interno alla Cooperativa avrebbero pagato in proprio le spese per la legalizzazione) risultano successivamente licenziati nel periodo compreso tra il 9 gennaio ed il 18 marzo 2003;
che, a prescindere da tali ultimi rilievi istruttori, in ogni caso, la resistente amministrazione ha versato in atti la documentazione camerale (C.c.i.a. di Torino) da cui risulta che l’inizio dell’attività della Cooperativa coincide con la data del 28.6.2002;
che la tesi sostenuta in gravame – secondo la quale la normativa di cui all’art. 1 D.L. n. 195/2002, conv. in L. n. 222/2002, in tema di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, richieda il requisito della prestazione dell’attività lavorativa nell’arco del trimestre antecedente all’entrata in vigore del D.L. cit., ma non necessariamente per l’intero periodo di tempo compreso nel trimestre- non è condivisa dal Collegio che, in linea con quanto già statuito dalla Adunanza Plenaria con decisione n. 4/2006, esclude la possibilità della regolarizzazione in presenza di una prestazione lavorativa inferiore al trimestre;
che a favore di tale soluzione concorrono le considerazioni già fatte proprie dall’Adunanza Plenaria e che possono riassumersi nei seguenti punti:
a) la disposizione in questione (art. 1 D.L. n. 195/2002) reca regole di carattere eccezionale in quanto volte a consentire una deroga alla normativa ordinaria concernente il regime contingentato degli ingressi dei lavoratori extracomunitari, ai fini della "legalizzazione" delle prestazioni di lavoro irregolare, sì che – in virtù dei criteri ermeneutici dettati dall’art. 14 delle preleggi – non può trovare applicazione oltre i casi ed i tempi in essa considerati;
b) la soluzione interpretativa in base alla quale si esclude la necessità di una prestazione lavorativa di carattere continuativo per l’intero periodo di tre mesi risulta incompatibile con il sistema delineato dalla normativa in questione (in quanto il contributo richiesto dal 3° comma, art. 1 D.L. n. 195 è correlato all’attività lavorativa svoltasi per un intero trimestre), oltreché con le finalità proprie della normativa stessa (che non sono nel senso di assecondare iniziative concernenti situazioni che possono rappresentare la dissimulazione di un rapporto fittizio o sorto unicamente per la sola finalità della regolarizzazione);
che l’insegnamento sopra sintetizzato si è definitivamente consolidato inesito alal pronuncia dell’Ad.Pl. sopra richiamata (cfr, Cons. St. nn.1191, 1007 e 127 del 2010; nr.2541 del 2008);
che alla stregua dei rilievi suesposti la regolarizzazione ricorrente avrebbe richiesto la sussistenza di un rapporto lavorativo per l’intero trimestre compreso tra il 10.6.2002 e il 10.9.2002; circostanza questa che, non solo parte ricorrente non ha comprovato ma che è documentalmente esclusa dagli atti di causa ed, in particolare, dall’indagine ispettiva i cui esiti sono richiamati nell’atto di diniego avversato che, dunque, rimane invulnerato dalle doglianze mosse da parte ricorrente relative ad un preteso difetto di istruttoria e di motivazione;
che, parimenti, priva di pregio è la doglianza assertiva della violazione del d.l. n.195/2002 nonché l’ulteriore profilo censorio con cui si lamenta che l’atto non è stato corredato dei documenti evocati a supporto del relativo dispositivo; e ciò in quanto la norma della legge n.241 del 1990, art.3, assunta quale violata consente l’uso della motivazione "per relatìonem" con riferimento ad altri atti dell’amministrazione, che devono essere comunque indicati e resi disponibili, fermo restando che questa disponibilità dell’atto va intesa nel senso che all’interessato deve essere consentito di prenderne visione, di richiederne e ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi e di chiederne la produzione in giudizio, sicché non sussiste l’obbligo dell’amministrazione di notificare all’interessato tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto l’obbligo di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta dell’interessato;
che conclusivamente il ricorso è infondato; esito questo che involge anche la domanda risarcitoria ivi azionata, peraltro, in termini del tutto generici;
che le spese di lite, per evidenti ragioni, possono essere compensate tra le parti in causa;
P.Q.M.
respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere, Estensore
Antonella Mangia, Consigliere

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