Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-02-2013) 04-07-2013, n. 28769

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1.1 Con ordinanza del 17 ottobre 2012 il Tribunale di Salerno – Sezione per il Riesame – rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di L.D. (indagato per i reati di violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione) avverso l’ordinanza del GIP di quel Tribunale del 5 ottobre 2012 applicativa della misura della custodia cautelare in carcere.
1.2 Il Tribunale motivava le ragioni della legittimità della misura cautelare sulla base della piena convergenza della gravità indiziaria (basata essenzialmente sulle dichiarazioni della p.o., ma suffragate da elementi di riscontro di obiettiva portata) e della sussistenza delle esigenze cautelari, non tralasciando di argomentare sulla adeguatezza e proporzionalità della misura cautelare adottata.
1.3 Ricorre per l’annullamento del detto provvedimento il ricorrente personalmente deducendo vizio di motivazione sotto il profilo della carenza e manifesta illogicità per avere il Tribunale basato il proprio convincimento unicamente sulle dichiarazioni della p.o., caratterizzate da gravi contraddizioni non tenute in conto del Tribunale, senza peraltro che sussistessero i necessari riscontri.
Con un secondo motivo denuncia violazione di legge per inosservanza delle disposizioni processuali penali in tema di proporzionalità ed adeguatezza della misura cautelare.
Motivi della decisione
1. Il ricorso va rigettato in quanto infondato.
2. Quale premessa di ordine generale – con riferimento al primo di vizi dedotti (difetto di motivazione in ordine alla gravità indiziaria) – va detto che il Tribunale campano ha fatto corretto uso dei principi da tempo elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di idoneità probatoria delle dichiarazioni ad opera di soggetto vittima di abusi sessuali.
2.1 Costituisce jus receptum – per quanto rileva in questa sede in ordine alla valutazione della gravità indiziaria in tema di reati sessuali – quello secondo il quale le dichiarazioni della vittima di un reato di tale genere possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell’imputato, non necessitando le stesse di riscontri esterni. (Cass. Sez. 3^ 3.12.2010 n. 1818, L.C. Rv 249136).
2.2 E’ vero, peraltro che tale principio, ancor più recentemente ribadito dalle SS.UU. (vds. Cass. SS.UU. 19.7.2012 n. 41461, XXX ed altri, Rv. 253214), esige da parte del giudice di merito un particolare e più penetrante rigore valutativo, non essendo le dichiarazioni della vittima di abuso sessuale assistite da presunzione assoluta di credibilità (vds. in termini Cass. Sez. 3A 18.7.2012 n. 40849, M. Rv. 253688). Ma nel caso in esame il Tribunale, facendosi carico di una specifica necessità di motivazione in relazione alle particolari modalità del fatto come ricostruito dal giudice di merito, ha affrontato non solo il tema della portata dimostrativa ex se delle dichiarazioni accusatorie della vittima dell’abuso, ma anche il parallelo problema della esistenza di riscontri e della loro incidenza sotto il profilo della gravità indiziaria.
2.3 In particolare il Tribunale ha richiamato alcuni elementi di portata oggettiva quali, nell’ordine: a) il referto medico comprovante le lesioni patite dalla donna; b) i numerosi sms inviati da costei alla madre; c) le dichiarazioni di altro coindagato (tale R.F.) confermative del reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione ai danni della giovane extracomunitaria; d) le dichiarazioni testimoniali di altri soggetti che avevano assistito alle percosse subite dalla ragazza durante una sosta in auto davanti alla stazione ferroviaria di (OMISSIS):
elementi che, secondo l’insindacabile – sotto il profilo della logicità interna e della pienezza di motivazione – giudizio espresso dal Tribunale, sono stati ritenuti a ragione riscontri oggettivi convergenti sintomatici dei delitti ascritti al L..
3. Peraltro il ricorrente, nella enunciazione delle ragioni, a suo dire dimostrative della carenza di motivazione dell’ordinanza impugnata, indica una serie di elementi che, proprio perchè contenenti una ricostruzione alternativa degli avvenimenti rispetto a quelli valutati dal Tribunale, sono inammissibili in questa sede:
tanto vale con specifico riguardo a riferite contraddizioni rilevabili nelle dichiarazioni della p.o. cui il Tribunale, alla luce di ben più significativi riscontri, non ha – a ragione – annesso alcuna importanza.
4. Altrettanto infondate le censure mosse con riguardo alla applicazione della legge processuale penale in materia di adeguatezza e proporzionalità della misura.
4.1 Se, sul piano astratto, possono condividersi le riflessioni svolte dal ricorrente in ordine ai criteri che debbono presiedere all’applicazione di una misura cautelare ed alla irrilevanza del principio di presunzione assoluta di adeguatezza della misura cautelare in relazione ai reati di violenza sessuale, va tuttavia considerato che nel caso in esame il Tribunale ha valutato in maniera logica ed appropriata non solo il profilo delle esigenze cautelari riferite al L. (richiamando precedenti penali e giudiziari analoghi se non addirittura per fattispecie più gravi quali il reato di violenza sessuale di gruppo e rimarcando le gravi modalità della condotta con riferimento alla insidiosità della violenza sessuale perpetrata con la prospettazione alla vittima di possibili vantaggi in ordine al suo stato di prigionia ed in vista di una possibile affrancazione dallo sfruttamento della prostituzione), ma anche sotto il profilo della adeguatezza della misura come unica in grado di salvaguardare le esigenze cautelari compromesse rapportata alla particolare "determinazione delinquenziale" del L. (vds. pag.
2 dell’ordinanza impugnata).
4.2 Le considerazioni svolte a tal riguardo dal Tribunale si sottraggono a qualsivoglia censura di incompletezza o illogicità (che deve risultare "manifesta") o contraddittorietà, non mancando di osservare come le censure rivolte dal ricorrente appaiono sostanzialmente generiche in merito alla enunciazione degli elementi atti a superare il giudizio negativo espresso dal Tribunale.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
6. Copia del presente provvedimento dovrà essere trasmessa ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter al Direttore dell’istituto penitenziario ove il ricorrente è attualmente ristretto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’istituto penitenziario competente a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2013

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