Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-08-2012, n. 14343

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con sentenza pubblicata il 18 dicembre 2007 la Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in riforma della sentenza del Tribunale di XXX del 24 giugno 2006, ha dichiarato inefficace il licenziamento intimato a D.G. dalla XXX s.r.l. ed ordinato alla stessa società di riammettere la stessa lavoratrice nel posto di lavoro precedentemente occupato, e condannato la stessa società al pagamento delle retribuzioni maturate dal 20 ottobre 2002, e della somma di Euro 9.545,13 in favore della stessa D. a titolo di differenze retributive, ed ha rigettato l’appello incidentale svolto dalla XXX nei confronti della lavoratrice. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia considerando che, nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro, incombe sul datore di lavoro l’onere di provare le dimissioni del lavoratore o, in mancanza, la prova del requisito della forma scritta del licenziamento; nel caso in esame le dimissioni avrebbero comunque dovuto avere la forma scritta a pena di nullità ai sensi del CCNL di categoria. D’altra parte la stessa società ha proposto formale comunicazione all’I.N.P.S. di licenziamento per riduzione di personale. La Corte territoriale ha poi ritenuto, sulla base dell’espletata istruttoria, inverosimile la tesi delle dimissioni a seguito di ammanco di biancheria addebitabile alla lavoratrice e per il quale sarebbe stata anche proposta querela nei confronti della D.. Con la sentenza impugnata si è ritenuta dovuta la somma richiesta dalla lavoratrice sulla base di conteggi condivisibili e non contestati. La stessa Corte d’Appello ha infine rigettato conseguentemente l’appello incidentale svolto dalla società e con il quale si chiedeva la condanna della lavoratrice al risarcimento del danno dovuto all’ammanco di biancheria di cui la stessa era ritenuta responsabile.
La XXX propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a sette motivi.
Resiste con controricorso la D..
Motivi della decisione
Con il primo motivo si lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5. In particolare si assume l’efficacia, la validità e la sussistenza delle dimissioni orali presentate dalla D.. La relativa eccezione di nullità delle dimissioni per difetto della forma scritta imposta dal CCNL di categoria, sollevata in appello dalla D., sarebbe comunque tardiva.
Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2 e dell’art. 112 cod. proc. civ. ex art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare si sostiene che l’eccezione di nullità delle dimissioni sarebbe comunque tardiva in quanto costituirebbe nuova prospettazione della domanda inammissibile in appello, indipendentemente dalla rilevabilità d’ufficio dell’eccezione.
Con il terzo motivo si deduce nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ex art. 360 c.p.c., n. 4. In particolare si assume che la corte d’appello avrebbe illegittimamente statuito riguardo alla rilevabilità d’ufficio della nullità delle dimissioni senza alcuna specifica domanda sul punto pronunciando, conseguentemente, ultra petita.
Con il quarto motivo si lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento alla mancanza di prova in ordine alle dimissioni orali della D..
Con il quinto motivo si deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5. In particolare si deduce che dalle prove assunte l’effettiva data dell’assunzione della D. sarebbe il 5 aprile 2002 e non il 15 febbraio 2002 come erroneamente ritenuto dalla corte territoriale.
Con il sesto motivo si lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5 riguardo alla somma di Euro 9.545,13 che la Corte d’Appello ha ritenuto dovuta alla D. a titolo di differenze retributive, accogliendo senza motivazione la relativa domanda della lavoratrice pur in presenza di una precisa contestazione da parte della società.
Con il settimo motivo si lamenta il mancato accoglimento dell’appello incidentale della XXX quale conseguenza dell’accoglimento dell’appello principale proposto dalla D..
I primi tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente riguardando tutti il rilievo dato alla nullità delle dimissioni della lavoratrice. I motivi sono infondati in quanto la corte territoriale ha ritenuto non provate tali dimissioni, ed il giudizio sulla validità di tali dimissioni è stato solo incidentale e svolto ai fini dell’accertamento dell’esistenza delle dimissioni stesse. In altri termini la corte territoriale non ha ritenuto nulle le dimissioni della lavoratrice per il difetto della forma scritta, ma ha ritenuto non provate tali dimissioni, e il difetto della forma scritta, nell’economia della motivazione, è finalizzato ad affermare la mancanza della prova e non il vizio delle dimissioni in questione.
Pertanto non hanno ragion d’essere le censure mosse dalla ricorrente riguardo alla asserita rilevabilità d’ufficio della nullità delle dimissioni che non rilevano nella decisione impugnata.
Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato può essere risolto dal lavoratore stesso con una dichiarazione di volontà, unilaterale e recettizia (cosiddette dimissioni), per la quale vige il principio della libertà di Forma, a meno che le parti non abbiano espressamente previsto nel contratto collettivo od individuale di lavoro una particolare Forma convenzionale, quale la Forma scritta;
in tal caso quest’ultima si presume che sia voluta per la validità dell’atto di dimissioni, a norma del disposto dell’art. 1352 cod. civ. (applicabile anche agli Atti unilaterali), con la conseguenza che le dimissioni rassegnate oralmente, anzichè per iscritto come richiesto dalla contrattazione collettiva applicabile (art. 130 CCNL 8 luglio 1982 per i dipendenti di aziende del settore del turismo), non possono essere considerate valide per difetto della Forma richiesta ad substantiam. (V 1922/82, mass n 419765).
Il principio stabilito dall’art. 1352 cod. civ., secondo cui la Forma convenuta dalle parti per la futura conclusione di un contratto si presume voluta per la validità di esso (ad substantiam), è estensibile agli Atti unilaterali, in virtù del richiamo operato dall’art. 1324 cod. civ. ed è pertanto applicabile anche al recesso del lavoratore nel caso in cui una determinata Forma sia al riguardo stabilita in Sede di contrattazione collettiva.
Il quarto motivo relativo alla prova dell’esistenza delle dimissioni della lavoratrice, è inammissibile in quanto riguarda un accertamento di fatto riservato al giudice del merito che ha motivato ampiamente, sulla base degli elementi assunti, riguardo all’inesistenza di tali dimissioni, e, in questa sede, non è possibile una rivisitazione degli elementi istruttori in presenza di una motivazione comunque compiuta e logica sul punto.
Analoghe considerazioni vanno svolte riguardo al quinto motivo che anche riguarda un accertamento di fatto quale la decorrenza del rapporto di lavoro in questione. La Corte territoriale ha esaminato dettagliatamente le deposizioni testimoniali assunte in relazione alla decorrenza del rapporto, motivando anche riguardo all’attendibilità dei testi. Trattandosi di valutazione delle prove riservata al giudice di merito e comunque congruamente motivata, non è possibile una sua rivisitazione in sede di legittimità.
Il sesto motivo riguarda la quantificazione del credito della lavoratrice che costituisce pure un accertamento di fatto riservato al giudice del merito che, nel caso in esame, ha accertato che il conteggio recepito nella pronuncia impugnata è in danno della lavoratrice stante il mancato pagamento delle retribuzioni relative agli ultimi due mesi del rapporto. Anche in tale caso trattasi di accertamenti di fatto sui quali la corte territoriale ha fornito una motivazione compiuta che sfugge ad ogni censura di legittimità rilevante in questa sede.
Il settimo motivo relativo al rigetto dell’appello incidentale va rigettato in conseguenza del rigetto dei motivi precedenti relativi all’accoglimento della domanda principale.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in Euro 40,00, oltre ad Euro 3.000,00 per onorario oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012

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