Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-02-2013) 04-07-2013, n. 28746

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1.1 Con sentenza del 22 marzo 2012 la Corte di Appello di L’Aquila – decidendo in sede di rinvio disposto da altra Sezione di questa Suprema Corte – confermava la sentenza del Tribunale di Pescara del 22 settembre 2005 emessa nei confronti di S.T., imputato del reato di furto aggravato (art. 624 bis c.p., art. 625 c.p., n. 2 e art. 99 cod. pen.) in pregiudizio di D.G.G., con la quale lo stesso era stato condannato, previa concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 equivalente alla aggravante ed alla recidiva contestate, alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 300,00 di multa.

1.2 Avverso la detta sentenza propone ricorso S.T. a mezzo del proprio difensore di fiducia censurando la decisione per difetto di motivazione e/o sua manifesta illogicità sia in punto di conferma del giudizio di colpevolezza che in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio.

Motivi della decisione

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto manifestamente infondato. La Corte territoriale, chiamata a pronunciarsi sulla fondatezza dei motivi di gravame che, giudicato inammissibile per genericità dei motivi da parte di altra Sezione della Corte abruzzese, aveva formato oggetto di ricorso dinnanzi a questa Corte (la quale, con sentenza del 15 novembre 2011 aveva annullato l’ordinanza con rinvio per nuovo giudizio), si è pronunciata sulle singole censure (responsabilità dello S. e attribuibilità allo stesso del fatto; configurabilità dell’aggravante contestata della violenza sulle cose e concedibilità delle invocate attenuanti generiche oltre che congruità della pena), rendendo sui singoli punti motivazione puntuale ed esente da qualsivoglia vizio logico: a fronte di ciò i vizi denunciati sono platealmente infondati e contenenti – quanto meno con riferimento al dedotto vizio di motivazione in merito alla penale responsabilità – censure in fatto non deducibili in sede di legittimità.

2. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento della somma – ritenuta congrua – di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in colpa il ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2013

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